«Soffrono tanto, ma sono felici». Suor Mary ha appena finito di parlare al telefono con le consorelle che vivono a Gaza, e sembra rincuorata. Da Gerusalemme segue quotidianamente quello accade nella Striscia attraverso le parole di suor Majida. Appartengono tutte e due alla “Congregazione del Santo Rosario”, fondata da Marie Alphonsine nella Città Santa nel 1880 (di cui proprio oggi cade il terzo anniversario dalla beatificazione). Queste suore tutte provenienti dal mondo arabo sono presenti a Gaza dal 1885. «L’impegno principale è quello educativo – comincia a raccontare suor Mary – abbiamo una scuola con dieci classi, frequentata da cristiani e musulmani. Poi, quando Gaza era in pace, le nostre sorelle alla fine della scuola andavano a visitare le famiglie cristiane, pregavano il rosario con loro e poi andavano negli ospedali a trovare gli ammalati». Oggi però è impensabile pensare di uscire per strada. Riusciamo a parlare per qualche minuto anche con Majida. Con una raccomandazione: «Non fate domande di politica, è pericoloso!». Ricevuto. «Viviamo questo momento con grande fede – è la prima cosa che ci dice al telefono la suora – e stai pur certo che se non avessimo fede non rimarremmo mai qui».Il quadro che traccia suor Majida è desolante, poco distante da quello che raccontano ogni giorno giornali e televisioni di tutto il mondo. «Le strade sono deserte e le famiglie stanno già finendo le scorte di cibo che si erano procurate». Con un piccolo “nota bene”: «A una famiglia cristiana con quattro bambini i viveri mancano già». Ma raggiungere tutti per portare gli aiuti necessari è impossibile. Oltre tutto le suore del Rosario vivono distanti dalla zona della parrocchia latina, dove vivono la maggior parte dei cristiani.«Continuiamo a seguire gli insegnamenti della nostra fondatrice. La scuola è chiusa, e noi non facciamo altro che pregare il rosario, continuamente. Ed è un periodo di grazia». La voce al telefono è quella di una persona serena e allo stesso tempo piena di tristezza. «Ho visto morire alcune persone vicino a me. E so che questi giorni segneranno la mia vita per sempre. Ma ho visto anche tante persone che mi hanno edificato, per la loro fede e gli occhi pieni di speranza». Come ieri, quando ha partecipato ai funerali di Salem, il cristiano morto di crepacuore all’ennesimo raid israeliano. «La chiesa era piena di gente. Tutti hanno sfidato i pericoli per venire al funerale. È stato un momento commovente, bellissimo. La fede dei cristiani di Gaza è davvero grande. Ancora più grande delle due ideologie che si stanno combattendo».