Ministro Karen Mirzoyan, che cosa fa il ministro degli Esteri di un Paese che "non esiste", perché non riconosciuto come stato nel diritto internazionale?Il riconoscimento di soggetti terzi non influenza la responsabilità e i doveri che mi competono, in qualità di ministro per gli affari esteri della Repubblica del Nagorno Karabakh. Questa condizione, semmai, mi offre l’opportunità di muovermi con più libertà e agilità, senza quei lacci e limiti di solito imposti dalla diplomazia.
Dato per scontato che il vostro primo obiettivo è il riconoscimento internazionale, il secondo qual è?Mettere la parola fine al conflitto con la repubblica dell’Azerbaijan, che oramai si trascina da troppi anni. Venti.
Pronto a sedersi a un tavolo di trattative con Baku?Certo. Ma forse loro non lo sono ancora.
Come valuta il ruolo dell’Italia nella difficile opera di mediazione tesa a incoraggiare una soluzione pacifica tra le parti?Il vostro Paese è attivo, avendo avuto anche una presidenza, nel processo negoziale del "Gruppo di Minsk". Sono convinto che all’Italia, come agli altri partecipanti, interessi che in questa regione torni la pace. Dunque è importante che il processo negoziale avviato nel 1992 continui. Anche se devo osservare che oggi il negoziato è ostaggio nelle mani del regime azero, mentre la tregua sul fronte resta potenzialmente esplosiva. Gli azeri rifiutano ogni iniziativa avanzata dalla comunità internazionale. Insistono nella perniciosa denigratoria campagna armenofobica. E continuano a sostenere che noi armeni stiamo falsifichiamo la storia. Dunque significa che le bugie storiche hanno cominciate a dirle i romani all’epoca dell’Impero? La nostra controparte non è seria né credibile. E cosa dire del regime che in Azerbaijan perseguita le voci del dissenso accusandole di alto tradimento, le minaccia e le punisce? Una democrazia deve essere disposta ad accettare le critiche della sua società, invece di nutrire l’odio.
Sta dicendo che loro sono i cattivi mentre voi avete tutte le carte in regola?Non dico questo. Non è questione di bravi e cattivi. Osservo solo che, se abbiamo commesso degli errori, e ci saranno sicuramente stati, non è avvenuto per malafede. Semmai per mancanza di esperienza. L’unica certezza che ci ha infuso forza, è stata quella di amare questa terra per difenderla, quando l’Azerbaijan ci ha imposto la sua guerra. Eravamo uomini che guidavano trattori e aravano i campi, prima di doverci sedere sui carri armati e difenderci. Nel bene e nel male, quello che abbiamo fatto lo abbiamo cominciato da zero. Oggi abbiamo vent’anni di vita. I nostri figli hanno vent’anni. Con grandi sacrifici li facciamo studiare nelle migliori università del mondo. Noi padri stiamo costruendo il loro futuro Nagorno Karabakh. Domani toccherà a loro di non commettere gli errori che noi abbiamo compiuto. Loro completeranno questa nazione. Nella convinzione che anche noi, domani, avremo un posto in Europa.