lunedì 17 dicembre 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
​«Siamo molto commossi dalla riapertura di questa cattedrale rinnovata e più bella di prima e questo pagando il prezzo del martirio», commenta con voce appena mossa Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk. «Come diceva Tertulliano il sangue dei martiri fa nuovi cristiani e nuova Chiesa: per questo noi cristiani dobbiamo rinnovare il nostro impegno cristiano e civile. Questo ha sottolineato ieri durante la cerimonia il patriarca siro-cattolico nel suo breve intervento, mentre pure il cardinale Sandri (atteso questa sera a Kirkuk, ndr) ha parlato di piccolo gregge. Lo stesso primo ministro Nouri al-Maliki ha dichiarato apertamente il suo apprezzamento per la presenza cristiana e il contributo essenziale alla costruzione del Paese. Per questo ha lanciato un appello all’Unione Europea a non incoraggiare i cristiani, con programmi di assistenza e forme di sussidi per chi trova asilo all’estero, incentivando così a lasciare il Paese che ha bisogno della presenza dei cristiani».Un invito a restare, monsignor Sako, mentre l’esodo dei cristiani dal Medio Oriente sembra negli anni inarrestabile. Appelli continui e ripetuti, anche nel documento finale del Sinodo dei vescovi. Restare, una opposizione al miraggio della fuga: quali le ragioni profonde del vostro “dimorare” in Iraq, nel Kurdistan?Oggi la nostra cattedrale a Kirkuk era piena di giovani per una festa: siamo un piccolo resto, ma come il sole e la luce che a volte sembrano poca casa, ma l’effetto è grande. Dunque maggioranza o minoranza sono una cosa relativa, mentre il vangelo ci chiama a rimanere e testimoniare i nostri duemila anni di vita cristiana. E la popolazione musulmana generalmente è molto amichevole, anche se certo, ci sono pure i terroristi.Il dialogo con l’islam, appunto. In Europa si teme che le recenti evoluzioni politiche, in Iraq, come nelle “primavere arabe”, portino inevitabilmente al fondamentalismo. Un islam politico con cui i cristiani sembrano destinati a scontrarsi: è possibile, invece, un dialogo reale e fecondo con l’islam?È vero, c’è una paura diretta dell’islam politico: minore ora qui in Iraq, ben presente invece in Egitto e forse anche in Siria. Secondo la mia esperienza e la mia analisi storica un islam politico è impossibile: uno Stato confessionale fondato sulla sharia non può esistere. Lo dimostra l’opposizione reale, concreta, che si è subito manifestata in Egitto. Certo, molto dipende da noi: essere forti, ben formati, saper chiedere i nostri diritti, fare rispettare la nostra religione. Non bisogna avere paura né di rimanere, né di prendere posizione. Noi possiamo aiutare tutti i nostri concittadini ad affermare che uno stato religioso è impossibile: meglio uno Stato civile basato sul concetto di cittadinanza. Ci sono anche musulmani che pensano, anzi che gridano questo. Il jihad, la violenza, non ha mai un futuro.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: