È sicuramente l’egittologo più conosciuto nel mondo, Zahi Hawass. Per lui l’antica civiltà egizia non ha segreti, si fa per dire: «C’è sempre qualcosa da scoprire, sotto la sabbia delle piramidi». Autore di importanti scoperte, di libri e documentari, in ogni angolo della sua casa, nel quartiere di Mohandessin, sulla strada per Giza, fanno bella mostra pergamene, riconoscimenti, premi e targhe, in cento lingue diverse. Per questo esploratore dal cappello all’Indiana Jones le piramidi e quanto di più misterioso celano agli occhi della conoscenza, sono la ragione della sua vita, una storia marcata da accuse per essere stato troppo vicino al passato regime ed averne approfittato. Ma anche l’Egitto è parte della sua vita.
Professor Zahi Hawass, l’Egitto di questi giorni che immagine sta dando di se stesso, mentre il mondo guarda con preoccupazione a quello che sta accadendo qui?Il mondo ci stava guardando con meraviglia, mentre noi stavamo dando prova di essere pronti per un cambiamento. Per la prima volta, avviandoci verso un processo democratico. Purtroppo quello che sta succedendo nelle piazze, senza dubbio, sta danneggiando la nostra immagine. Dobbiamo tornare a dare prova di unità. Qualcosa di ancora più negativo, però, sono gli effetti di questa crisi che ricadono sulla nostra economia. Il turismo è crollato paurosamente. L’Egitto ha perso 11 miliardi di dollari di entrate. E questo pesa, sulla ricerca e sulla conservazione dei reperti conservati nei nostri musei.
Che cosa sta accadendo nel suo Paese?C’è un popolo diviso: chi sta con la nuova Costituzione e chi è contro. Quando una nazione, un popolo, due fratelli si dividono la ferita è uguale e dolorosa per tutti. Nessuno guadagna niente. Bisognava avere più capacità politica e dare ancora più tempo per meglio elaborate il testo costituzionale, in modo da condividerlo tra tutti gli egiziani. Anche il referendum di domani non doveva essere svolto così presto. Niente si fa di corsa, perché si rischia di sbagliare, è invece con una delle nostre qualità, la pazienza, che si doveva procedere. Anche scendere per le strade a protestare con la violenza, penso che sia stato sbagliato. Questo governo è stato eletto legittimamente dagli egiziani? Deve governare quattro anni? Bene, vediamo che cosa sarà in grado di fare. Poi lo giudicheremo al prossimo appuntamento politico.
Di che cosa ha più paura, dottor Hawass. Di perdere un reperto archeologico o il suo Paese?Sì, ho sentito un paio di persone incivili dire in televisione che vogliono distruggere le piramidi. Non accadrà mai, una cosa del genere, come è successo da altre parti. Le piramidi non sono di proprietà dell’Egitto, dei Fratelli musulmani o dei salafiti, ma di tutta l’umanità.
Professor Hawass, cosa teme di più da questa difficile situazione politica?La menzogna. Sono stato accusato di colpe che non ho commesso. Accusato di avere approfittato della situazione di ieri e di oggi nel disordine del mio Paese. Di essermi appropriato di reperti archeologici. Tutte menzogne rigettate anche dalla magistratura. Per l’Egitto sono ottimista, tutto si sistemerà. Invito gli stranieri a cogliere questa occasione per tornare a visitare i nostri siti archeologici, c’è meno folla, dunque, più tranquillità. Quello che temo, in realtà, è la fame: sempre più spesso, per la strada, sento le persone che si chiedono se domani riusciranno a comprarsi un tozzo di pane.
Chi sta facendo del male all’Egitto?I “baltagheya”. I teppisti, gente senza causa, né valori, la piaga del Paese. Mercenari senza interessi, al soldo di chi li paga per eseguire degli ordini.
La personalità dell’egiziano?Intelligente, pacifico, buono. La maggior parte del popolo qui parla arabo ed è musulmano e non è né africano né arabo. L’egiziano è un popolo che ha imparato dal Nilo, dall’arte. Che ha imparato la pazienza. Ma che quando si arrabbia tira fuori tutta la sua grinta. Una cosa fondamentale distingue l’egiziano: il concetto di “karama”, la dignità, di cui, per altro, è ossessionato. Toglietegli una sola parte di questa dignità e l’egiziano l’avrete perso. Per questo motivo dico che sulla questione della Costituzione non possiamo permetterci di lasciare un ombra di malcontento in una parte del popolo. Non lo dimenticherebbe mai.