«Non abbiamo bisogno di regalare il nostro petrolio per guadagnarci delle amicizie all’estero, né vogliamo estendere un nostro progetto politico ad altri Paesi della regione». Mancano ormai poche ore al voto, ed Henrique Capriles – candidato alla presidenza per l’opposizione – spiega ad
Avvenire quali saranno le sue priorità, qualora vincesse. Sul fronte della politica estera, dopo anni di dipendenza economica dell’Avana da Caracas, Capriles punta ad una svolta.
Se venisse eletto, chiuderebbe i rubinetti del rifornimento petrolifero a Cuba?A noi interessa migliorare la qualità della vita dei venezuelani. Vogliamo che la nostra popolazione abbia il denaro sufficiente in tasca, possa pagare le sue necessità e abbia accesso ai servizi pubblici, alla salute, all’educazione di qualità. Finché ci saranno problemi da risolvere nel nostro Paese, non possiamo regalare il nostro petrolio.
Si parla ancora molto di Hugo Chávez. Domani lei sfida l’eredità chavista o Nicolas Maduro? Nicolas (Maduro,
ndr) si nasconde dietro all’immagine del presidente Chávez perché sa che non ha una leadership. Utilizza l’immagine per cercare di mantenere quest’affinità che il presidente aveva con i venezuelani, perché sa di non avere questa connessione popolare. Non ha proposte né ha intenzione di risolvere i problemi del Paese, perciò si vuole mitizzare la figura del presidente Chávez. Ma la gente si rende conto che Chávez non c’è più e che coloro che gestiscono il potere sono gli stessi corrotti e inefficienti che lui redarguiva nelle sue dirette televisive.
Cosa salverebbe della politica di Chávez? Cosa pensa delle «missioni» sociali? Riconosco che il presidente tirò in ballo, a livello pubblico, il tema sociale, ma anche se creò le missioni non centrò l’obiettivo. Invece di trasformarle in strumenti con cui ogni persona possa raggiungere il progresso, le missioni vengono utilizzate come un fine. I programmi sociali devono essere impiegati affinché il popolo non dipenda più dagli aiuti del governo, e non per giocare con i bisogni della gente. Noi a Miranda (lo Stato dove Capriles è governatore,
ndr) abbiamo realizzato un programma sociale chiamato Fame Zero e in quattro anni abbiamo aiutato oltre 75.000 persone in povertà estrema. Vogliono far credere alla gente che elimineremo le missioni, ma non è vero. Non solo le manterremo, ma le miglioreremo.
Quali sono i problemi principali del suo Paese?Sono tre le cose che vogliamo per i venezuelani: guadagnare, mangiare e dormire tranquilli. Guadagnare: vogliamo che i soldi bastino per andare al mercato, per assicurare le necessità primarie e si possa anche risparmiare. Dopo il “pacchetto rosso” di Maduro (la svalutazione monetaria,
ndr), il nostro denaro vale un 47% in meno. Per questo la nostra prima misura sarà aumentare il salario almeno del 40%, perché tutti possano recuperare il loro potere d’acquisto. Mangiare: nessuno vada a dormire senza cibo, bisogna andare al mercato e lì trovare i prodotti che cerchiamo. Non vogliamo un governo inefficiente che ci dice cosa possiamo comprare. Vogliamo creare le condizioni perché in Venezuela arrivino molti investimenti stranieri, stimoleremo la produzione nazionale. Ci interessa il modello brasiliano, perché coniuga un’economia di libero mercato con l’accento sulle tematiche sociali: è quello di cui abbiamo bisogno qui. Riattiveremo la nostra economia per non dipendere più dalle importazioni. Infine vogliamo dormire tranquilli: sicurezza per le strade. Uscire di casa non deve essere un’angoscia continua.