L’opera della diplomazia non è ancora esaurita e, dopo il nulla di fatto dell’incontro dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu di mercoledì, una nuova riunione era in programma per la serata di ieri. Di fatto, l’atteso rapporto annunciato per ieri del direttore dell’Intelligence nazionale sulle armi chimiche siriane, resta avvolto nel mistero. Prima alcune fonti hanno affermato che sarebbe stato presentato «entro la settimana» non contenendo però prove «schiaccianti» della responsabilità del regime di Assad, riportando alla ribalta lo spettro della “smoking gun” sulle armi chimiche di Saddam Hussein e gli errori della guerra in Iraq. Poi altre fonti affermavano la presentazione in «serata» ai deputati. L’opinione pubblica resta però fredda – solo il 25% degli americani è a favore di un intervento in Siria, contro oltre il 40% contrario – e in Congresso già 116 deputati – tra cui 18 democratici – sostengono la «incostituzionalità» di un intervento militare privo del via libera di Capitol Hill.
A tagliar corto è stato però il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnst, ribadendo che Obama «non ritiene di aver bisogno dell’autorizzazione del Congresso» per dare il via all’operazione e se sarà necessario esibirà le «basi legali». Dopo essere stato accusato di non aver coinvolto a sufficienza i legislatori sulla questione siriana, Obama ha tenuto ieri un incontro in videoconferenza con i vertici di Camera e Senato a cui hanno preso parte anche il consigliere per la Sicurezza nazionale, Rice, il direttore dell’intelligenge nazionale, Clapper, il ministro alla Difesa, Hagel, e il Segretario di Stato John Kerry. Il capo della diplomazia Usa – secondo il sito di intelligence israeliano, Debka , e informazioni di Washington e Mosca – starebbe trattando per portare a termine, con il benestare del Cremlino, un intervento militare limitato contro la Siria; un «gesto simbolico» seguito poi dall’annuncio, da parte di Obama e Putin, della conferenza di pace Ginevra 2.