giovedì 27 agosto 2015
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Mentre si avvicinava, in una mano stringeva il telefonino con la telecamera accesa e nell’altra la pistola. Poi gli spari, i due corpi a terra senza vita e l’intervistata ferita. Tutto filmato a sua volta da una delle vittime: il cameraman assassinato. E come se non bastasse, in questa sorta di macabro gioco degli specchi e dell’esibizionismo, il killer mentre fuggiva e prima di essere bloccato dalla polizia, ha trovato il modo di restituire alla comunità virtuale anche la sua “versione”. Il filmato di morte, visto dalla sua parte e postato su Facebook. Prima del gesto, consumato poco dopo l’alba della Virginia, l’assalitore ha trovato pure il modo di inviare un carteggio di 23 pagine di «spiegazione» alla rete nazionale “Abc” con un metodo a dir poco arcaico nell’era dei social: il fax. Una sorta però di desiderio maniacale di “marcare”, comunque, il suo punto di vista. Spiegare – richiamandosi alla questione razziale e rivendicando una «vendetta» per la strage di Charleston – le ragioni di quanto ha compiuto. Quasi a cercare una giustificazione. Che non può esistere in una vicenda così tragica e troppo tristemente “americana”.
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