Abu Bakr al-Baghdadi è «incapace di comandare e la sua sostituzione è ormai imminente ». La notizia torna insistente su diversi mass media internazionali. Il
Guardian aveva parlato, due settimane fa, di una reggenza affidata provvisoriamente a tale Abu Alaa al-Afri, uno degli stretti collaboratori del Califfo, in seguito al ferimento di questi in un raid della coalizione sul suo convoglio, avvenuto il 18 marzo sul confine siro-iracheno. Ma ora il quotidiano britannico, basandosi su tre fonti vicine al sedicente Stato islamico, afferma che le gravi ferite di Baghdadi potrebbero significare che «non tornerà mai più a guidare l’Is». Impossibilitato il Califfo a muoversi per problemi al midollo spinale, si apre la strada all’investitura ufficiale di Afri. Il sito
Intel Group, specializzato in terrorismo, ha rivelato che il «regolamento di governo » seguito dagli estremisti prevede la rimozione del Califfo in caso di fallimento morale o di incapacità fisica. Nel caso specifico, il problema di salute invalidante è evidente. Secondo le fonti citate dal
Guardian, una donna medico esperta in radiologia e un chirurgo stanno attualmente curando Baghdadi in un covo segreto. «Solo una ristretta cerchia dell’organizzazione è a conoscenza delle reali ferite di Baghdadi e dove si è rifugiato – scrive il
Guardian – e davvero in pochi lo hanno visitato. Ma le notizie sulle sue condizioni si stanno diffondendo anche nelle seconde linee dell’Is». Sempre che, come riportato da alcuni mezzi di informazione, non sia addirittura morto. Dunque, i vertici dell’Is hanno individuato il sostituto nella persona di Abu Alaa al-Afri, già punto di riferimento del gruppo. Si sa che Abdul-Rahman Mustafa – questo il suo vero nome – è iracheno come il suo capo, e che è originario di al-Hadr, a sud di Mosul, l’antica Hatra saccheggiata dai jihadisti nel mese scorso. Ha lavorato come docente di Fisica prima di unirsi, nel 1998, ad al-Qaeda in Afghanistan. Tornato in Iraq, si è arruolato nelle fila del gruppo terroristico comandato dal sanguinario Abu Musaab al-Zarqawi, morto in un raid americano. Nel 2010 era già in predicato di succedere al capo della branca qaedista in Iraq, Abu Omar al-Baghdadi, quando venne scavalcato da Abu Bakr al-Baghdadi, che lo incaricò di seguire gli affari dei «martiri» e delle vedove. Nell’ultimo periodo, Afri fungeva da ufficiale di collegamento tra il Califfo e la sua cerchia ristretta da una parte, e gli emiri delle varie province dall’altra. Ora, con cinque anni di ritardo, sarà probabilmente lui a guidare i jihadisti che gli riconoscono una grande capacità di oratore e teorico, essendo autore di decine di scritti e pamphlets politico- religiosi. Si teme che l’uscita di scena di al-Baghdadi provochi la vendetta dei suoi fedelissimi. Una fonte d’intelligence occidentale, citata dal sito del
Daily Mirror, ha detto che i militanti dell’Is potrebbero lanciare un attacco terroristico spettacolare in Europa per vendicare il loro leader. Intanto, però, continuano ad esercitare la “consueta” violenza nelle aree sotto il loro controllo tra Iraq e Siria. È di ieri la notizia – per ora non verificabile con fonti indipendenti – di una nuova strage di yazidi, la minoranza finita nel mirino dei miliziani sin dal giungo scorso. Almeno 300 persone, secondo testimonianze raccolte dalla
Bbc, 600 secondo i media curdi, confermati dal governatore della provincia siriana di Ninive Asel al-Nujaifi, sarebbero state uccise in un’esecuzione di massa nel distretto di Tal Afar, nel nord-ovest dell’Iraq. Tutti erano tenuti in ostaggio dai jihadisti. Il massacro sarebbe avvenuto nella giornata di venerdì. Secondo l’agenzia siriana
Ara News, i cadaveri dei prigionieri, originari di Sinjal, sarebbero stati gettati in un pozzo lungo l’autostrada al-Ayyadiya. Il vice-presidente iracheno Osama al-Nujaifi ha parlato di episodio «orrendo e barbaro». Mentre il governatore di Ninive ha detto che «questi terroristi stanno distruggendo la religione islamica. I predicatori musulmani – ha aggiunto – devono prendersi la responsabilità di mostrare all’opinione pubblica la realtà del gruppo, indicando quali siano i precetti corretti e tolleranti dell’islam».