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Nella fase iniziale della pandemia l’Italia ha potuto trasferire 1,57 miliardi di euro di finanziamenti europei dove ce n’era più bisogno: il settore sanitario. Una iniezione aggiuntiva di risorse resa possibile dalla nuova flessibilità della politica di Coesione europea.
È quanto emerge dall'analisi sui fondi europei dedicati al contrasto dell’emergenza sanitaria condotta per conto dell'ANSA dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa nell'ambito del progetto "Cohesion Matters”.
Se si guarda alle riassegnazioni del Fondo di sviluppo regionale (Fesr) e del Fondo sociale (Fse), il Lazio è quello che ha ricevuto di più, circa 225 milioni di euro. Seguono Lombardia, Campania, Piemonte, Emilia-Romagna e Sicilia.
La natura eccezionale dell’emergenza sanitaria ha infatti “richiesto la predisposizione di specifiche misure collettive, atte a limitare la diffusione del virus e a fronteggiare le conseguenze socio-economiche della pandemia”, scrivono i ricercatori.
Dalle analisi condotte dagli esperti della S.Anna, risulta che l ’Italia si è posizionata al primo posto in Europa per quanto riguarda le allocazione di risorse ai laboratori (di cui hanno beneficiato soprattutto le strutture calabresi). Il nostro Paese figura al primo posto nell'Ue anche per il numero di test diagnostici acquistati (più di 4 milioni, di cui oltre 2 milioni in Emilia-Romagna e quasi 1,7 in Sardegna). Inoltre, 27 milioni di euro sono stati riallocati dall’Italia sotto forma di grant per la ricerca e in materia di Covid-19 (di cui 20 milioni in Calabria e 7 in Lombardia).
L’Italia è pure la prima beneficiaria dello strumento React-Eu, creato nell'ambito del piano Next Generation Eu, dopo la Spagna. Ha già ricevuto 11 miliardi di euro (in prezzi 2018) e ne riceverà altri 3. Per quanto riguarda la salute dei cittadini, le priorità saranno l’acquisto dei vaccini, l’assunzione a tempo determinato di personale sanitario e l’accesso alla formazione specialistica per i laureati in medicina.
C'è poi il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), definitivamente approvato da Bruxelles lo scorso 13 luglio, che prevede lo stanziamento di 191 miliardi di euro in totale. Tra le varie azioni previste, quella per la salute prevede migliori infrastrutture locali, innovazione e digitalizzazione per una spesa totale di 16 miliardi di euro.
L'indagine condotta dai ricercatori della S.Anna sottolinea che, nonostante i tanti miliardi investiti negli ultimi 20 anni, restano forti disparità regionali. Perciò, secondo la bozza della ripartizione regionale dei fondi del Pnrr presentata a novembre, alle regioni del Sud viene destinato almeno il 40% del totale delle risorse. La sfida si preannuncia ancora più grande perché la spesa va portata a termine in cinque anni.
“Durante l’emergenza sanitaria, l’Ue ha assunto un nuovo ruolo in campo sanitario”, scrivono i ricercatori. Ora il testimone passa quindi all’Italia che, come gli altri Stati membri, grazie ai fondi europei potrà superare le “vulnerabilità dei sistemi sanitari del continente, messe in evidenza dalla pandemia in atto”. Sempre che il nostro Paese riesca a spendere presto e bene le risorse a disposizione.