
Non c’è più tempo. «L’Europa dovrà agire come uno Stato solo», alleggerendo i processi decisionali e andando avanti con chi ci sta. Mario Draghi prende la parola, davanti alle commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue della Camera e di Palazzo Madama e di fatto indica la strada alla Commissione Von del Leyen che gli ha commissionato il Rapporto sul futuro della competitività europea.
In particolare sulla Difesa comune Draghi entra a piene mani sulle criticità del piano annunciato dall’Europa, naturalmente senza indicarle come tali. Ma spiega, senza mai citare la parola «riarmo», che per la Difesa europea «occorre definire una catena di comando di livello superiore che coordini eserciti eterogenei, che sia in grado di distaccarsi dalle priorità nazionali operando come sistema della difesa continentale». Si tratta di «un passaggio obbligato per utilizzare al meglio le tecnologie che dovranno garantire la nostra sicurezza». Ne fa un problema di razionalizzazione degli investimenti, di economia di scala. «Persino la nostra valutazione dell'investimento in difesa, oggi basata sul computo delle sole spese militari, andrà modificata per includere gli investimenti su digitale, spazio e cybersicurezza che diventano necessari alla difesa del futuro». E indica «un percorso che ci porterà a superare i modelli nazionali e a pensare a livello continentale». Sullo sfondo, senza riuscire a convincere l’opposizione del M5s, indica la prospettiva di un risparmio delle spese militari dei singoli Stati, da realizzarsi attraverso «sinergie industriali, concentrando gli sviluppi su piattaforme militari comuni (aerei, navi, mezzi terresti, satelliti) che consentano l’interoperabilità e riducano la dispersione e le attuali sovrapposizioni nelle produzioni degli Stati membri».
Ma per non danneggiare gli investimenti in sanità e nella spesa sociale «il ricorso al debito comune è l'unica strada. Gli angusti spazi di bilancio – ammonisce – non permetteranno ad alcuni Paesi significative espansioni del deficit, né sono pensabili contrazioni nella spesa sociale e sanitaria: sarebbe non solo un errore politico, ma soprattutto la negazione di quella solidarietà che è parte dell'identità europea, quell'identità che vogliamo proteggere difendendoci dalla minaccia dell'autocrazia. Il ricorso al debito comune è l'unica strada».
Minaccia è una parola che usa anche in relazione alla Russia, «che, con l'invasione dell'Ucraina, ha dimostrato di essere una minaccia concreta per l'Unione Europea». Ma c’è preoccupazione anche per la svolta degli Usa di Trump: «La nostra sicurezza è oggi messa in dubbio dal cambiamento nella politica estera del nostro maggior alleato. L'Europa – osserva – è oggi più sola nei fori internazionali, come è accaduto di recente alle Nazioni Unite, e si chiede chi difenderà i suoi confini in caso di aggressione esterna - e con quali mezzi»
Al momento del suo incarico per redigere il Rapporto Competitività, i ritardi accumulati dall'Unione apparivano già «preoccupanti. L'Unione Europea – ricorda – ha garantito per decenni ai suoi cittadini pace, prosperità, solidarietà e, insieme all'alleato americano, sicurezza, sovranità e indipendenza. Questi sono i valori costituenti dell'Unione europea – scandisce – la nostra Unione europea».
Si occupa anche delle «politiche protezionistiche del nostro maggiore partner». I dazi annunciati «avranno un forte impatto sulle imprese italiane ed europee». E dei costi dell'energia che mettono a rischio «la sopravvivenza di alcuni settori tradizionali dell'economia».
Sul gas occorre intervenire, a partire da una «maggiore trasparenza sui prezzi d’acquisto alla fonte». In quanto «i benefici derivanti dall’apporto delle rinnovabili si sentiranno fra anni e i cittadini italiani non sono più disposti ad attendere». E «non possiamo nemmeno attendere le riforme europee». L’Italia quindi deve accelerare, «sono disponibili decine di gigawatt di impianti rinnovabili in attesa di autorizzazione o di contrattualizzazione. È indispensabile semplificare e accelerare gli iter autorizzativi», a fronte del fatto che «il gas rappresenta ancora in Italia circa il 50% del mix elettrico (a fronte di meno del 15% in Spagna e di meno del 10% in Francia)».
Sullo sfondo indica l’obiettivo di «un'Europa forte e coesa, perché ogni suo Stato è forte solo se è insieme agli altri». Un’Europa proiettate sulle sfide epocali da affrontare: «C’è un mercato unico dei dentifrici e non per l’intelligenza artificiale».
Nella repica torna sulla Difesa comune, e sullo stanziamento di 800 miliardi di cui si è parlato: «Forse servirà anche di più. Ma - sottolinea - una buon apporto potrà venire anche dai privati. Spiega rispondendo alle domande di molti parlamentari, che, certo, bisognerà «cedere sovranità», ma esplicita anche le modalità con cui si potrà andare a maggioranza oltre le logiche dei veti. «C'è la cooperazione rafforzata, la prevedono i Trattati. Ma richiede - ricorda - di avere comunque una maggioranza nel Parlamento. Poi certo - aggiunge - esiste anche la strada degli accordo intergovernativi, che può essere percorsa. Ma in questo caso - spiega - senza una maggioranza in Parlamento una collaborazione con la Commissione è più difficile».
Si è fatto tardi. Alle 12.30 era prevista la fine dell'audizione: «Vedo che voi guardate l'orologio, quindi vi ringrazio moltissimo per l'attenzione», e chiude così.