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Ridurre i costi di produzione anche attraverso la delocalizzazione delle fabbriche fuori dalla Germania. Sarebbe il piano di ristrutturazione di Volkswagen voluto dal ceo Thomas Schäfer. «Dobbiamo migliorare la nostra competitività aziendale, velocizzare la nostra produzione, siamo ancora troppo lenti e complicati», ha spiegato Schäfer secondo quanto riferito dal quotidiano economico Handelsblatt.
Volkswagen, secondo il Ceo, è ancora indietro sull’elettrico e questo pesa anche in Borsa: il titolo VW da dicembre 2023 ha perso il 14%, lunedì è stato quotato poco oltre i 104 euro quando ad inizio anno viaggiava sopra i 140 euro. Nel 2021, quando venne annunciato il nuovo piano per le auto elettriche, le azioni schizzarono oltre i 240 euro, ma da allora sono cambiate tante cose, in particolare l’aumento esponenziale dei costi energetici. Venerdì i vertici del colosso automobilistico di Wolfsburg, secondo Handelsblatt, dovrebbero ratificare il nuovo piano industriale e sarà fondamentale il via libera del capi del consiglio di fabbrica, Daniela Cavallo. Italiana di seconda generazione, figlia di calabresi ex operai Vw, Cavallo, 48 anni, è la prima donna alla guida del consiglio di fabbrica della Vw, che rappresenta circa 662mila lavoratori. Non è quindi sbagliato definirla l’italiana più influente di Germania: siede da due anni sulla poltrona una volta occupata da Bernd Osterloh, a lungo definito da media ed esperti del settore “l’uomo più potente della Volkswagen”. Cavallo, come Osterloh, ricopre un ruolo delicato: rappresenta i sindacati nel consiglio di amministrazione dell’azienda a partecipazione statale del land della Bassa Sassonia, che detiene una quota di circa il 12%.
La firma di Cavallo sul piano di ristrutturazione sarà determinante, ma prima dovrà confrontarsi con il potente sindacato IG Metall: il piano di ristrutturazionebbe prevedere tagli da 4mila a 6mila posti di lavoro e dovrebbero riguardare tutti i livelli, dall’operaio allo specializzato, dagli ingegneri all’amministrazione. Con la riduzione anche dei costi di produzione, determinati soprattutto dal passaggio all’elettrico, si dovrebbe arrivare a diminuire i costi complessivi di circa 10 miliardi di euro. Il piano dovrebbe essere realizzato entro 36 massimo 50 mesi. Tra le misure da adottare c’è anche un incremento delle delocalizzazioni degli stabilimenti industriali.
La produzione e le attività presenti in Germania potrebbero essere trasferite in altri Paesi europei in grado di gestire meglio l’approvvigionamento energetico, come ad esempio quelli dell‘Europa sud-occidentale o le zone costiere del nord Europa, dotate di impianti di rigassificazione e terminal per l’accesso facilitato ad esempio al gas liquefatto. Possibili candidati sarebbero Spagna e Portogallo, così come il Belgio o altri Stati in cui sono presenti altri stabilimenti del gruppo. Dal 2012 al 2022 i veicoli prodotti all’estero dai colossi tedeschi come Volkswagen, Mercedes-Benz, Bmw e Opel sono passati da 8,6 milioni a oltre 10 milioni. E secondo la confindustria tedesca (Bdi) la quota di veicoli prodotti all’estero è destinata a salire. Il settore automotive, secondo l’ultimo rilevamento dell’Ufficio di statistica di Wiesbaden di settembre 2023, in un anno ha subito un calo produttivo del 9%. Molteplici i fattori, a partire dall'aumento dei prezzi dell'energia, dei tassi di interesse, ma anche dalla flessione degli scambi con i principali mercati di esportazione della Germania, a partire dalla Cina.
Il settore auto non è l’unico ad essere colpito dalla recessione e a rischio di nuove delocalizzazioni. Questa misura è stata già avviata, a giugno del 2023, dal 16% delle aziende di medie dimensioni intervistate dalla Bdi. Un altro 30% sta valutando se seguire o meno l'esempio. «A spingere altrove le produzioni ci sono sia ragioni specifiche che preoccupazioni più generali connesse allo status dell'economia tedesca in recessione ed in particolare al sensibile aumento dei costi energetici», ha sottolineato il presidente della Confindustria tedesca, Siegfried Russwurm.