mercoledì 27 novembre 2013
Il 93% delle imprese: urgente puntare sul nuovo terziario. La crisi "seleziona" le aziende.
Marini: «Scommettere sui servizi per creare lavoro»
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È in corso la grande mutazione. La distesa industriale che avvolge il Nord Est da Padova a Treviso, passando per la grande Venezia, sta cambiando pelle e la crisi ha semplicemente accelerato la svolta. Molte delle fabbriche che hanno chiuso i battenti dal 2007 a oggi non hanno più riaperto, molte altre si sono riposizionate per resistere e altre si stanno attrezzando per il futuro. Che non sarà più solo manifatturiero. Già due anni fa una ricerca di Confindustria Venezia sottolineava come il 93% degli imprenditori del territorio considerasse urgente il bisogno di sviluppare nuovi servizi, mentre in oltre 7 casi su 10  l’esigenza imprescindibile era quella di introdurre nuove tecnologie e innovazioni di processo. Ora i tempi sembrano maturi, per due ordini di ragioni: le aziende chiedono di accompagnare i nuovi piani produttivi con più logistica, più servizi sul territorio e infrastrutture "sostenibili"; in secondo luogo, l’emergenza lavoro non si attenua e serve un’offerta nuova di posti, in settori sin qui poco battuti. Le storie che abbiamo raccontato in questo mese su Avvenire, dal distretto calzaturiero del Brenta alla città-simbolo di Pordenone, hanno in comune una cosa: la voglia di mobilitare energie nuove sul territorio per farlo tornare a essere protagonista, soprattutto quando la visione del futuro pare azzerarsi. In questo senso, l’incubo della deindustrializzazione è lo stesso materializzatosi a Treviso all’inizio dell’anno, quando Benetton ha annunciato l’addio alle commesse italiane, lasciando senza impiego centinaia di fornitori che hanno dovuto riorganizzarsi daccapo per tornare a produrre e ad essere attrattivi. È la fotografia che, poche settimane fa, Confindustria Padova ha scattato per descrivere le aziende uscite più forti da questi anni. Si tratta di imprese che operano in settori maturi, hanno dimensione medio-grande e fortissima apertura verso l’estero. Ciascuna media impresa può contare, secondo gli ultimi studi, su circa 274 subfornitori, da chi produce a chi commercializza i prodotti, a chi segue i servizi, fino al cliente finale. Nella filiera produttiva del Nord Est, dunque, ci sono dentro tutti: ecco perché la dimensione del distretto ormai non basta più per raccontare questo territorio. Spesso bisogna uscire dai confini italiani, alla ricerca di nuovi percorsi.(3/Fine. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 27 ottobre e il 3 novembre)
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