È il giorno del grande contrasto: il Consiglio dei ministri (con Berlusconi assente, in convalescenza) approva la Finanziaria 2011 in versione Legge di stabilità (cioè con le sole tabelle di spesa) più la legge di bilancio. E Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, nella conferenza stampa a Palazzo Chigi sottolinea la sua approvazione «all’unanimità, in un tempo rapidissimo» e dopo una «discussione responsabile» che ha visto la «massima condivisione». È stata anche «già autorizzata» l’ipotesi del voto di fiducia, qualora fosse necessario in Parlamento. Ma è una coesione di facciata. Passano solo due ore e si scopre un’altra verità. È il ministro dell’Agricoltura, Giancarlo Galan, a svelarla: «È una tragedia. Non ci sono soldi». Il collega alla Cultura, Sandro Bondi, fa sapere di «non essere andato» alla riunione, dopo che già in mattinata aveva dichiarato «io non vado a elemosinare risorse». È solo l’assaggio. I
rumors impazzano per tutto il pomeriggio e narrano di un Berlusconi a dir poco adirato con il guardiano dei conti, dopo avere a lungo mediato al telefono per placare diversi suoi ministri, scontenti per i continui tagli ai bilanci dei loro dicasteri. Chi ha sentito il presidente del Consiglio riferisce una frase: «È un atteggiamento a dir poco provocatorio, Giulio avrebbe dovuto delineare questo quadro già mesi fa». L’assillo del titolare del Tesoro per non far esplodere il deficit rischia a questo punto di «massacrare» l’azione del governo. Il Cavaliere ha sentito in particolare la Gelmini e la Prestigiacomo, esortandole a «non offrire alibi». Il premier avanzerebbe perfino il sospetto che Tremonti si stia muovendo in proprio, per mettersi alla testa di un governo tecnico, e non escluderebbe la crisi.Tremonti riferisce però tutt’altra versione. Per lui, che nella conferenza stampa si è presentato attorniato da ben 6 ministri (Calderoli, Brunetta, Romani, Sacconi, Ronchi e Fitto) ma non dal sottosegretario alla presidenza Gianni Letta, la legge varata «rispecchia la legislazione vigente», cioè lo stato dei fondi già delineato dalla manovra triennale del 2008 e dal decreto da 24,9 miliardi varato a luglio. Il timore dei ministri è, invece, che i tagli siano spesso superiori a quello "lineare" del 10% previsto dalla manovra, anche se Tremonti spiega che ci sono solo «rimodulazioni» tra le tabelle che hanno un impatto sul saldo netto da finanziare di 1 miliardo per l’anno prossimo, 3 per il 2012 e 9,5 per il 2013 (13 miliardi in tutto). A sostegno di Tremonti interviene poi il collega del Carroccio Umberto Bossi che, incontrandolo a Montecitorio in pausa pranzo, lo definisce «come von Bismarck, il cancelliere di ferro», aggiungendo che «chi tiene stretta la borsa tiene stretto il potere» (e altri ministri, come Roberto Maroni, spiegano che non ci sono stati altri tagli). Il clima fra i due è sereno e Tremonti scherza persino: «Ora vado a farmi un panino alla cultura», dice alludendo alla polemica con Bondi. Ma le voci lo sovrastano. E accreditano un forte ruolo di mediazione a Letta che all’inizio del Cdm, al pari di Altero Matteoli (che presiedeva la riunione), ha richiamato i ministri a non fare polemiche. Per ora.