sabato 7 ottobre 2023
Il Qatar è riuscito ad accaparrarsi anche il Salone dell’auto più prestigioso del mondo. E i Paesi del Golfo investono sui marchi cinesi fiutando il potenziale affare delle nuove motorizzazioni
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Dal petrolio all’elettrico, anche gli sceicchi cambiano. L’automobile non è il fine, ma il mezzo su cui salire. Proprio mentre il resto del mondo sembra voler (o dover) scendere: investire anche sulle quattro ruote è ora ufficialmente la nuova frontiera dei Paesi arabi più ricchi. La strategia è sempre quella: attirare il meglio in casa propria, esattamente come è già accaduto per il calcio e altre forme di business. Nulla è impossibile, né troppo costoso per loro. Nemmeno trasportare Ginevra nel deserto.

Accade esattamente questo, visto che il Salone dell’auto più prestigioso e antico del mondo, dopo qualche anno di affanni, adesioni sempre più tiepide da parte delle Case costruttrici e cancellazioni dovute al Covid, ha aperto sabato a Doha la sua edizione mediorientale in attesa di tornare, il prossimo febbraio, in Svizzera. Il Motor Show di Ginevra (GIMS) in Qatar – che verrà organizzato ogni due anni e sempre in concomitanza con il Gran Premio di Formula 1 – non è affatto uno scandalo ma il segno dei tempi, con una variante fondamentale.

L’idea dei Paesi mediorientali è quella di cavalcare il cambiamento della mobilità mondiale e di investire i soldi guadagnati con il petrolio e il gas naturale in rinnovabili e vetture elettriche. La volontà, in molti casi, è di sostenere un marchio straniero e di trovare poi il modo di invitarlo anche a costruire le proprie auto negli Emirati, contribuendo a far crescere l’economia locale.

I ricchi imprenditori arabi continuano ad acquistare auto di lusso europee per mostrarsi al volante sulla Corniche di Doha o alla Marina di Dubai, dove Ferrari e Lamborghini, Bentley e Rolls-Royce circolano come se le regalassero: le fuoriserie tradizionali qui restano uno status symbol. Ma questa attrazione, che si rifletteva anche a livello di investimenti per le società del Golfo che acquistavano pacchetti azionari dei marchi tradizionali, sembra finita. Oggi, con la transizione ecologica, i fondi arabi stanno guardando sempre meno all’Europa e sempre di più alla Cina, padrona dell’auto elettrica con i suoi marchi, ancora poco conosciuti alle nostre latitudini ma molto popolari altrove.

CYVN Holding, per esempio, ha recentemente firmato un accordo per acquistare il 7% di NIO. Il fondo del governo di Abu Dhabi contribuirà così a dare un’iniezione di liquidità (700 milioni di euro) alla Casa di Shanghai. Mentre il Ministero degli Investimenti dell’Arabia Saudita, ha dichiarato di essere pronto a impiegare circa 5 miliardi di euro in Human Horizons, marchio cinese che ha da poco esordito in Europa con due vetture elettriche premium a marchio HiPhi.

Non solo partecipazioni, ma anche produzione. È successo con la Iconiq Holding Limited, startup fondata dall’imprenditore cinese Allen Wu nel 2016 e acquistata nel 2022 da NWTN, società con sede a Dubai finanziata da Sultan Investments, colosso del settore immobiliare degli Emirati. NWTN ha costruito una fabbrica in Cina e una a Dubai dove assembla auto provenienti proprio dalla Cina. L’Arabia Saudita, che è già pronta al debutto sul mercato con la Ceer, il primo brand della monarchia che fa capo a una joint venture tra il fondo sovrano Pif e la multinazionale taiwanese, è anche il principale investitore della statunitense Lucid Motors che ha ricevuto un ordine di 100mila veicoli in dieci anni dalle autorità locali, e che produrrà i suoi mezzi 100% a batteria in una fabbrica vicino a Jeddah, vicino al Mar Rosso. L’iniziativa si inserisce nel programma avviato dal governo di Riad per diversificare l'economia locale e raggiungere, entro il 2030, un mix di vendite per il 30% coperto da auto a batteria.

Normale, con queste premesse, che un Paese come il Qatar si porti in casa la più celebre manifestazione dedicata al settore, con la partecipazione di molti costruttori cinesi al fianco di Toyota, Kia, Porsche, Volkswagen, Audi, Lamborghini, Mercedes e Bmw che qui ovviamente hanno portato i loro modelli più lussuosi (ma non solo) e 10 “prime” mondiali. «Abbiamo creato un festival dell’auto completamente nuovo, rispettoso della tradizione di Ginevra ma con un format innovativo – spiega Sandro Mesquita, Ceo di GIMS che ha firmato con le autorità del Qatar un accordo per 5 edizioni nei prossimi dieci anni -. Non più solo esposizione, ma prove dinamiche in pista e nel deserto per il pubblico».

Ma Doha punta su progetti a più ampio respiro. «Per il nostro Paese - spiega il ministro del Turismo qatariota Saad Bin Ali Kharji – il GIMS è la più prestigiosa e influente esperienza automotive del Medio Oriente. Una tappa importante anche a livello di accoglienza nella strategia che ci aiuterà a diventare entro il 2030 la destinazione in più forte crescita in questa parte del mondo».

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