Ogni 100 euro pagati sotto forma di prestazioni previdenziali, quanti contributi sono stati effettivamente versati e quante prestazioni vengono invece finanziate dalla fiscalità generale? E quali sono le differenze regione per regione? Gli squilibri, a scartabellare i dati, ci sono e restano importanti: al Sud la media delle coperture è del 62,25%, con la Calabria che raggiunge un modesto 49,98%: ogni 100 euro di prestazioni previdenziali, insomma, i contributi versati sono poco meno della metà. Poco meglio, ma comunque sotto la media del Mezzogiorno, anche Sicilia, Molise, Puglia e Basilicata (circa 60%). Fa segnare un 81,53% di coperture il Centro, mentre il Nord tocca quota 88,96%, con buone performance soprattutto per Trentino (unica Regione pienamente autosufficiente con il 103,1%), Lombardia (99,66%), Veneto (95,51%) Lazio (90%) ed Emilia-Romagna (87,39%). In affanno, al Nord, Piemonte (72,92%) e Liguria (64,83%), che potrebbero risentire del progressivo invecchiamento della popolazione e una certa crisi industriale.
Il disavanzo
In generale, a livello nazionale il tasso di copertura risulta pari all’80,45%, in miglioramento rispetto alla rilevazione precedente (76,43%), ma le differenze territoriali pesano. I dati sono contenuti nella Settima Regionalizzazione Itinerari Previdenziali, documento realizzato con il sostegno di Cida, che analizza, scomponendole anche per singole Regioni, le entrate contributive e fiscali che finanziano il welfare state italiano e che è stato presentato stamattina al Cnel. L’analisi mostra che nel 2021 il bilancio pensionistico/previdenziale del Paese – inteso come differenziale delle entrate e uscite delle gestioni Inps privati, Inps ex Inpdap per i dipendenti pubblici e delle Casse di Previdenza dei liberi professionisti – ha mostrato un disavanzo di 48,68 miliardi di euro (in miglioramento rispetto ai 55,034 miliardi del 2014, anno di riferimento della precedente Regionalizzazione). “Nel dettaglio – si legge - le entrate totali sono ammontate a 200,3 miliardi, con un miglioramento del 12,23%, mentre le uscite sono state pari a 248,99 miliardi, in crescita del 6,6% rispetto al 2014. Guardando alla ripartizione per macroarea, si evidenzia la netta prevalenza del Nord, che vale oltre il 58% delle entrate e il 53% delle uscite; il Sud contribuisce per il 21% circa ma spende oltre il 26%, mentre il Centro presenta entrate contributive e uscite per prestazioni simili, intorno al 21%”.
Le disparità territoriali
Nel 2021 il totale delle entrate contributive Inps relative al comparto lavoratori del settore privato è ammontato a 148,58 miliardi, in aumento del 10,2% rispetto ai 134,823 miliardi dell’ultima Regionalizzazione relativa al 2015. Di questo importo il 64% - pari a 95,134 miliardi - proviene dalle 8 regioni del Nord; il 20%, stabile e pari a 29,764 miliardi, proviene dalle 4 regioni del Centro e il 16%, pari a 23,683 miliardi dalle 8 regioni del Sud. “Giusto per avere un ordine di confronto – sottolinea lo studio -, la Lombardia versa da sola il 26,9% del totale, cioè 39,959 miliardi, quasi il doppio dell’intero Sud: sintomo di chiare ed evidenti anomalie. Al Centro, il Lazio versa il 9,7% (era 9,8%), mentre al Sud Regioni popolose come la Campania e la Sicilia versano rispettivamente il 4,4% e il 3,3% (era 4,5% e 3,3%)”. Situazione di disparità che non cambia guardando al versamento medio pro-capite. In base alla popolazione residente nel 2021, il Nord versa pro-capite 3.461,11 euro l’anno, il Centro 2.525,14 euro mentre il Sud si ferma a 1.186,33 euro, cioè circa un terzo del Nord e la metà del Centro. Ancora una volta, la Lombardia ha le entrate per abitante più alte con 4.003,31 euro, seguita da Emilia-Romagna, Trentino Alto-Adige e Veneto con quote superiori ai 3.300 euro. Al Centro prevale la Toscana con 2.634,22 euro, seguita dalle Marche che battono il Lazio, con versamenti intorno ai 2.500 euro. Nessuna regione del Sud arriva a superare i 1.700 euro, tranne l’Abruzzo (1.791,44), seguito dalla Sardegna con 1.419,91 euro e dalla Basilicata con 1.375,56 euro.
Sempre nel 2021 le uscite totali per prestazioni relative al settore privato sono state pari a 182,542 miliardi, con un aumento sul 2015 di 5,59 miliardi, pari al 3,16%. Sulle uscite totali il Nord assorbe 105,15 miliardi, pari al 57,6%, contro il 19,7% del Centro, che resta identico in percentuale rispetto al 2015 con 36 miliardi di euro, e il 22,7% del Sud che, con 41,36 miliardi, presenta uscite quasi doppie rispetto alle entrate. La ripartizione per macroaree non presenta grandi variazioni rispetto agli anni precedenti, «segnale – spiega Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali - di una situazione statica che caratterizza soprattutto le regioni del Mezzogiorno che, inoltre, hanno beneficiato di elevate forme di assistenza e defiscalizzazione degli oneri sociali. L’analisi delle prestazioni temporanee mostra, infatti, un ulteriore deterioramento della situazione produttivo-occupazionale evidenziato dall’uso intensivo di ammortizzatori sociali, come disoccupazione agricola e non agricola, CIG nelle sue varie forme, NASpI e indennità di maternità e malattia».
Le prestazioni ricevute
Nonostante il tasso di occupazione nel Nord (68,1%) sia di 21,4 punti superiore a quello del Mezzogiorno (46,7%) e il tasso di disoccupazione nelle regioni meridionali (14,3%) sia quasi tre volte quello del 4 Nord (5,1% al primo trimestre 2023), il Sud assorbe la stessa percentuale di prestazioni temporanee del Settentrione». Ad esempio, la Calabria primeggia per indennità di malattia e maternità e consuma oltre la metà delle integrazioni salariali agricole (2,9 miliardi su un totale Italia di 5,4); la Sicilia riceve per NASpI, disoccupazioni e integrazioni salariali, 1,4 miliardi ed è seconda per trattamenti di famiglia.
“In rapporto alla popolazione residente – spiega il documento -, ogni abitante del Nord paga 3.461,11 e riceve 3.825,52 euro l’anno, il Centro paga 2.525,14 euro e ne prende 3.056,60, il Sud paga 1.186,33 euro e ne riceve 2.072,04. Rapportato alla popolazione significa che lo Stato, per il solo sistema pensionistico, trasferisce a ogni abitante del Sud 886 euro l’anno contro i 531 del Centro e i 364 del Nord: i trasferimenti più rilevanti vedono come beneficiari al Nord i liguri (-1.389,16 euro per abitante) e i piemontesi (-1.230,21euro) e la regione a statuto speciale Valle d’Aosta (- 1.157,75); al Centro gli umbri (-1.159,73 euro) e al Sud i calabresi (-1.288,78 euro), i molisani (-1.123,01 euro) e i pugliesi (-1.025,92 euro).
Metà degli italiani non dichiara redditi
L’analisi delle dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef conferma un trend noto: mentre quasi la metà degli italiani (il 47%) non dichiara redditi, tra i versanti è l’esiguo 13,94% dei contribuenti con redditi dai 35mila euro in su a corrispondere da solo il 62,52% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.
Per quanto riguarda invece la distribuzione geografica dei versamenti Irpef, l’analisi dei redditi evidenzia che il Nord contribuisce per 100,6 miliardi, pari al 57,43% del totale, il Centro con 38,2 miliardi pari al 21,83% del totale, mentre il Sud porta in dote 36,3 miliardi, pari al 20,74% del gettito complessivo. Ancora una volta, una situazione di disequilibrio, rimasta oltretutto stabile nel tempo (a riprova di interventi scarsi e inefficaci), che trova conferma anche analizzando le singole Regioni: con poco meno di 10 milioni di abitanti, la Lombardia versa 40,3 miliardi di Irpef, vale a dire un importo maggiore dell’intero Mezzogiorno, che ne conta almeno il doppio, e persino superiore a quello dell’intero Centro (11,8 milioni di abitanti). Un ulteriore utile indicatore è poi offerto dal rapporto tra contribuenti/versanti e popolazione: confrontando il numero dei contribuenti con quello degli abitanti, risulta che al Sud a ogni singolo contribuente corrispondono 1,64 abitanti, 1,4 al Centro e 1,33 al Nord; valori che, senza troppe sorprese, riflettono il minore tasso di occupazione nelle regioni meridionali.
Per quanto riguarda l’Irpef pro capite versato, l’importo è di 6.098 euro al Nord, 5.932 euro al Centro e 4.313 euro al Sud. A livello di singola regione, il versamento pro capite vede sempre in testa il Lazio con 6.987 euro (la regione ospita sia le istituzioni italiane e straniere sia il Vaticano); seguono la Lombardia con 6.837 euro, la provincia autonoma di Bolzano con 6.080 euro, e la Toscana con più di 5.000 euro circa. Quello per abitante vede invece in testa la Lombardia con 4.035, seguita dalla Provincia autonoma di Bolzano con 3.839 euro e dall’Emilia-Romagna con 3.665 euro; le quote più basse si trovano in Calabria con 1.621 euro per abitante, seguita dalla Sicilia con 1.678 euro, ben al di sotto dei 2.144 euro annui della spesa pro capite per la sola sanità.
Anche sull'Iva un Paese spaccato
Il ritratto di un Paese spaccato, con un Nord sviluppato, un Centro che gli si avvicina (trainato soprattutto dal Lazio) e un Sud apparentemente povero trova ulteriore riscontro anche nell’analisi delle altre principali imposte dirette e indirette, tra cui l’Iva che dopo l’IRPEF contribuisce fortemente alle entrate del bilancio statale. Il gettito relativo all’anno di imposta 2021 e dichiarato nel 2022 è di 130,995 miliardi di euro, con il Nord, il cui volume d’affari è pari al 62,80% del totale, che versa il 63,66% dell’intera imposta. Il Centro con il 23,37% di imponibile versa il 25,16%, mentre il Sud con un imponibile del 12,04% corrisponde il 10,33% di tutta l’Iva. Il gettito pro[1]capite evidenzia un elevato livello di sommerso: il Nord ha un pro capite di 3.034,10 euro, il Centro versa 2.796,11 euro per cittadino mentre il Sud versa un’Iva pro capite di appena 677,56 euro. “Considerato – osserva l’analisi - che la sola Lombardia corrisponde 46,446 miliardi di Iva, il 30% del più delle Regioni meridionali, diventa facile ipotizzare, con consumi più o meno simili tra le regioni, fenomeni di evasione, stimabili intorno ai 30 miliardi”.