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Le pompe di calore sono una tecnologia importante sia per la decarbonizzazione delle case e delle fabbriche, sia per il processo di reindustrializzazione. La loro produzione è uno dei pochi settori delle tecnologie pulite in cui l’Europa detiene una leadership, con il 73% della domanda coperta dalla produzione interna. E il nostro Paese è tra i principali produttori dell’Unione europea.
Una tecnologia che secondo alcuni, per quanto performante, è troppo costosa e di difficile applicazione nelle case, a causa degli spazi limitati e dell’incompatibilità con gli impianti presenti. Su questo fronte grazie all’evoluzione tecnologica si sono fatti molti passi avanti. E se il costo di acquisto resta più alto rispetto alle caldaie a gas, è anche vero che in un arco di 4/6 anni, con una opportuna scelta ed una corretta installazione, può essere ripagato dai risparmi in bolletta. Resta il fatto che negli ultimi due anni il settore ha registrato un crollo delle vendite; a livello europeo, nel primo semestre del 2024 ne sono state vendute il 47% in meno rispetto al 2023. La causa è nell’evoluzione dei regimi di sostegno ai consumatori ed ai bassi prezzi del gas e tra il 2022 e il 2023, l’Italia ha registrato la contrazione più severa (-298,390 unità).
Per il rilancio, secondo il think tank indipendente britannico Reform, in Italia servirebbero incentivi più accessibili, che coprano gli alti costi iniziali e riducano i tempi di ritorno dell’investimento. Quanto previsto dal Piano nazionale integrato energia e clima avrebbe dovuto portare alla luce un nuovo schema di incentivazione di questo tipo, più efficace, equo ed accessibile alle fasce meno abbienti. Il tutto sembra smentito dalla bozza della Legge di Bilancio per il 2025, nel quale gli incentivi per l’efficientamento energetico, se non vi saranno modifiche, verranno ridotti ed assimilati alle detrazioni previste per le ristrutturazioni edilizie, senza tra l’altro premiare gli interventi più efficaci in termini di riduzione dei consumi e di emissioni inquinanti.
«Non si tratta solo di promuovere la tecnologia più rispettosa dell’ambiente – spiega Gabriele Di Prenda, manager di Daikin Air Conditioning Italy –, ma di salvaguardare uno dei pochi comparti industriali della transizione energetica dove l’Europa può ancora essere più competitiva di Cina e Stati Uniti e dove si prevedono ampie prospettive di crescita». Perché nel Vecchio Continente il Belpaese è un polo d’eccellenza nel settore con oltre 3 miliardi di fatturato «ed il nostro Paese è leader, insieme alla Germania, per capacità produttiva». Negli ultimi due anni le vendite in Italia hanno registrato un brusco rallentamento a causa della fine del Superbonus e della cessione del credito e di politiche sulle tariffe elettriche penalizzanti rispetto a quelle applicate per il gas. Per questo, aggiunge Di Prenda, «servono incentivi più efficaci per rilanciare una tecnologia che può far guadagnare all’Italia autonomia energetica, può stabilizzare e ridurre i prezzi per le famiglie e le imprese e può ridurre l’inquinamento urbano, causa di 80mila morti premature solo lo scorso anno».
La questione è capire se è ancora opportuno impiegare le risorse dello Stato su tecnologie poco efficienti ed inquinanti o concentrare le misure di sostegno a favore di quelle più utili alla decarbonizzazione ed alla lotta all’inquinamento. Le attuali scelte del governo di equiparare, in termini di aiuti, le pompe di calore alle caldaie a gas possono essere giustificate dal non voler penalizzare il forte comparto del gas – come Paese ne siamo fortemente dipendenti – ma si dovrebbe riflettere su come quella delle pompe di calore è una tecnologia su cui punta l’Europa per il percorso a tappe verso l’indipendenza dai combustibili fossili: l’Europa dice di favorire lo sviluppo delle pompe di calore, perché permettono di raggiungere più rapidamente gli obiettivi di decarbonizzazione previsti al 2050, riducendo l’inquinamento atmosferico. Una pompa di calore, rispetto ad una caldaia a gas, abbatte da un minimo del 30% fino ad un 60-65% il consumo di energia primaria e le emissioni inquinanti si riducono del 60-70%. A chi osserva che l’energia elettrica necessaria per far funzionare le pompe di calore viene prodotta col gas, gli addetti del comparto fanno notare che avremmo comunque una riduzione del 55% di gas consumato rispetto a quello bruciato da una caldaia domestica; in pratica, per produrre un kilowattora termico con una pompa di calore si impiega il 55% di gas in meno rispetto a quello consumato quando si riscalda la casa con una caldaia a gas.
Inoltre, la direttiva “Case Green” sulle performance energetiche in edilizia, a partire dal 1° gennaio 2025 vieta agli stati membri di incentivare le caldaie a gas se alimentate da combustibili fossili; c’è quindi il forte rischio, mantenendo gli incentivi alle caldaie a gas, che l’Italia venga sottoposta ad una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea.