Intesa raggiunta per una riforma che rafforzi il Patto Ue di stabilità. «Habemus novum pactum», ha detto Giulio Tremonti al termine di oltre 8 ore di discussioni nel granducato tra i ministri finanziari di Eurolandia prima e poi dei Ventisette. Sanzioni per i Paesi che accumulano conti troppo in rosso, ma non automatiche come avrebbe voluto la Germania. E stabilite in prima battuta non dalla Commissione europea nella sua torre d’avorio bensì dal Consiglio dei ministri finanziari e solo dopo una pausa di riflessione di sei mesi, senza escludere del tutto l’eventualità che alla fine la decisione risalga fino a un vertice dove leader dei Ventisette di pronunciano all’unanimità.Quello delle sanzioni era lo scoglio cruciale verso la modifica del Patto, e la riforma dovrà essere finalizzata a fine mese nel prossimo vertice dei leader. L’intesa raggiunta ieri «è un buon testo», ha detto Tremonti, e «sono state trovate formule flessibili, ragionevoli, assolutamente gestibili da parte del nostro Paese». Inoltre, ha chiosato il ministro dell’Economia, «se restiamo a quanto scritto nel testo deciso oggi per noi resta fondamentale la correzione del deficit: tutto il resto sarà oggetto di future considerazioni» mentre nell’accordo «non c’è alcun riferimento numerico che riguardi il debito pubblico». La Commissione europea chiede che chi è indebitato oltre il 60% del Pil riduca il debito del 5% l’anno. A fianco di Tremonti, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli ha sottolineato un aspetto chiave all’Italia, cioè l’inclusione del debito privato nel calcolo dell’indebitamento. Rimane da precisare in quale misura verrà tenuto conto del debito delle famiglie. Se sarà incluso nei calcoli alla pari o quasi con il debito pubblico, l’Italia vedrebbe diminuire drasticamente i rischi di violare il Patto la cui riforma viene riconosciuta necessaria da anni.Il compromesso di Lussemburgo è frutto di mesi di trattative tra due gruppi. Da una parte la Germania e altri Paesi nordici, fautori di un meccanismo di sanzioni come deterrente assoluto per i Paesi che sgarrano. Sull’altro fronte, con Italia e Francia in prima fila, chi paventa un "Panzer-Pakt": capace sì di imporre il rigore ma con il rischio di strangolare le non proprio solide prospettive di ripresa economica. A Lussemburgo tutti hanno fatto concessioni. Berlino accettando l’idea di un intervallo di sei mesi tra la minaccia e l’applicazione delle sanzioni. Francia e Italia hanno accettato un meccanismo che faccia scattare le sanzioni contro i Paesi che in quei sei mesi di prova non accogliessero le raccomandazioni dei partner. La non totale automaticità sta nel fatto che le sanzioni potrebbero essere bloccate da un voto del Consiglio Ecofin a maggioranza qualificata. Dalla Normandia, dove a Deauville si svolgeva il vertice franco-russo-tedesco, una nota congiunta dei leader di Francia e Germania ha confermato in serata la sostanza dell’accordo. E dal cancelliere Angela Merkel si è appreso che Parigi accetta la richiesta tedesca di modificare il Trattato di Lisbona nel 2013. Quando cioè dovrebbe scattare una seconda fase del nuovo Patto, su cui insiste la Germania, con il varo di un meccanismo anticrisi e della possibilità di sospendere i diritti di voto dei Paesi recidivi nel violare il Patto riformato.