Ansa
L’inversione di tendenza non c’è, anzi. Il settore manifatturiero italiano offre a ottobre nuovi segnali di forte contrazione, il tutto mentre le Società di capitali, sottolinea il Barometro Crif, fanno registrare un’ulteriore flessione (-0,2%) nella domanda di credito. Le imprese italiane non vedono insomma ancora segnali positivi all’orizzonte, nel contesto di un’economia che, come ha certificato l’Istat, fa segnare variazioni nulle del Pil per il terzo trimestre dell’anno. Secondo l’indice Hcob Pmi di S&P Global - metro della prestazione del settore manifatturiero derivato da indicatori relativi a nuovi ordini, produzione, occupazione, tempi di consegna dei fornitori e scorte di acquisto – ottobre fa registrare il valore più basso in tre mesi, a 44,9, rispetto a 46,8 di settembre. L'attuale sequenza di declino, sottolinea una nota, si è allungata a sette mesi consecutivi, con la debolezza delle condizioni della domanda che ha continuato a pesare sul settore.
Una speranza che però non si traduce, stante l’andamento dell’economia attuale, in una ripresa della domanda dei prestiti, proprio perché la ripresa non è ancora percepita come imminente. In generale, infatti, nel terzo trimestre 2023 rimane stabile la domanda di credito presentata dalle imprese italiane, con uno scostamento minimo del +0,1%, rispetto al corrispondente periodo del 2022. In calo, peraltro, l’importo medio (-0,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) con un ammontare pari a 125.404 Euro. Guardando alla tipologia delle imprese, le Società di capitali registrano una flessione del -0,2%; mentre le Imprese individuali hanno un aumento minimo del +0,6%. Dopo due trimestri consecutivi di importo medio richiesto in decisa crescita, si registra inoltre il primo stop per le Imprese individuali con un -4,7% (35.334 Euro), mentre per le società di capitali lo scostamento è minimo, pari al +0,1% (167.035 Euro).
Secondo Simone Capecchi, executive director di Crif, “perdura il sentimento di cautela per le imprese per quanto riguarda i piani di investimento. Le imprese preferiscono attingere alle proprie riserve per affrontare le spese correnti, e posticipare così piani di investimento di lungo periodo. Teniamo conto, però, che esiste una domanda latente che emerge dal nostro osservatorio Esg Outlook, e che individua in quasi il 60% delle imprese livelli medio-bassi di adeguatezza Esg. Questo significa che gli istituti di credito dovranno spingere su questa leva per intercettare il bisogno delle imprese a raggiungere i livelli Esg richiesti dall’Europa”.