Il Fondo Monetario internazionale taglia le stime del Pil dell'Italia per il 2023 e il 2024 nell'ambito della generale frenata dell'economia globale e in particolare di quella europea. Per l'anno in corso il fondo, nel suo World Economic Outlook presentato a Marrakech, vede una crescita dello 0,7%, con un taglio di 0,4 rispetto alle previsioni di luglio, quando le previsioni erano state invece corrette al rialzo. Anche per il 2024 il nostro Paese crescerà dello 0,7%, con una limatura di 0,2 rispetto alle precedenti stime.
In generale l'economia globale prosegue nel recupero dalla crisi provocata dalla pandemia di Covid, dall'invasione russa in Ucraina e dal'impennata dell'inflazione, ma la ripresa "rimane lenta e incerta". Secondo il Fmi la crescita mondiale rallenterà dal 3,5% dell'anno scorso al 3% nel 2023 e al 2,9% nel 2024. Una stima che rimane sotto la media storica del 3,8% segnata nel ventennio 2000-2019 e che per l'anno prossimo rappresenta un taglio dello 0,1% rispetto alle attese pubblicate dal Fmi a luglio. Per dirla con il direttore della Ricerca economica dell'istituto di Washington, Pierre Olivier Gourinchas, "l'economia globale sta zoppicando, non sprintando".
L'inflazione globale continua a rallentare, passando dal 9,2% nel 2022 su base annua al 5,9% quest'anno e al 4,8% nel 2024. Anche l'inflazione di fondo, che esclude i prezzi dei generi alimentari e dell'energia, dovrebbe diminuire, sebbene più gradualmente, al 4,5% l'anno prossimo. La maggior parte dei Paesi, tuttavia, non riuscirà a riportare il costo della vita all'obiettivo del 2% prima del 2025.
A rischio la sicurezza alimentare
La frammentazione dei mercati delle materie prime e le nuove barriere protezionistiche, con la possibile nascita di blocchi di Paesi amici o affini, potrebbero mettere a rischio la sicurezza alimentare di molti Paesi e rendere più costosa la transizione verde tagliando gli investimenti nel settore. Il Fmi auspica per questo dei "corridoi' verdi" e del cibo che possano garantire forniture stabili. Il rapporto ricorda come la liberalizzazione del commercio e l'innovazione tecnologia nel mercato delle commodity abbiano supportato la crescita dell'economia mondiale dalla fine della guerra fredda aumentando lo standard di vita, specie nei paesi emergenti. La guerra in Ucraina ha invertito questo processo e ora il Fondo ipotizza uno scenario con la nascita di due blocchi, idealmente composti dai paesi che hanno votato all'Onu per il ritiro delle truppe russe (Usa+Europa+altri) e quelli che hanno votato contro (Russia ovviamente +Cina+altri).
La situazione rischia di aggravarsi visto che molti Paesi stanno cercando di costruirsi delle catene di fornitura, specie in settori strategici come la transizione eco, i semiconduttori o la difesa, con Paesi amici o affini. Questo, rileva il Fmi porterebbe, però una lunga serie di effetti collaterali: la volatilità dei prezzi e l'aumento dell'inflazione. Il contraccolpo sarebbe molto pesante per quei paesi emergenti le cui economie dipendono dalla materie prime o per quei Paesi a basso reddito che importano in media l'80% del grano che consumano e dove l'aumento dei prezzi creerebbe una insicurezza sulle fornitore alimentari con costi sociali e umanitari elevati.