Tagli del 12% agli stipendi degli statali, congelate le loro pensioni, una sforbiciata agli investimenti pubblici, comprese le spese per l’istruzione. Tasse più alte su libri, giornali, cibo, medicine, vestiti, benzina, alcol, sigarette, sui beni ecclesiastici e sui prodotti di lusso. Di più, la Grecia, non poteva fare. «Abbiamo esaurito il limite delle misure da adottare» ha detto il ministro delle Finanze greco, George Papcostantinou, commentando il piano che stava presentando il capo del suo governo, George Papandreou. Un nuovo progetto di risparmi e maggiori entrate che vale 4,8 miliardi di euro, il 2% del Pil greco, esattamente la cifra aggiuntiva chiesta ad Atene dai funzionari europei e del Fondo monetario internazionale che la settimana scorsa erano andati a studiare il vecchio piano (da 8-10 miliardi) di risanamento dei conti ellenici. L’obiettivo è sempre lo stesso: riportare il deficit dal 12,7% del 2009 all’8,7% quest’anno, per poi farlo scendere fin sotto al 3% entro il 2012.«Abbiamo fatto quello che dovevamo fare. Adesso tocca all’Europa» ha ricordato Papandreou. Il governo di Atene sa che il popolo greco faticherà ad adeguarsi ai tagli (difatti i sindacati già promettono di bloccare il Paese), ma Papandreou sa anche che questo era l’unico modo per restituire al suo Paese la fiducia dei mercati e il sostegno delle altre nazioni dell’Ue. Per i mercati ha funzionato. Moody’s, Fitch e Standard & Poor’s, le agenzie di rating che la scorsa settimana avevano tutte minacciato tagli al loro giudizio sul debito pubblico greco, hanno fatto sapere che apprezzano le nuove misure. Il piano di Atene ha anche risollevato l’euro (a 1,37 dollari) e ridotto di 30 punti la differenza tra i rendimenti dei titoli pubblici greci e quelli tedeschi (a 273 punti).Però la Borsa di Atene ha chiuso in calo (-0,35%). Segno, dicono gli analisti, che dall’Ue ci si aspettava un appoggio più forte. Non bastano le parole di «apprezzamento» arrivate dalla Banca centrale europea, né quelle di Jose Manuel Barroso, il presidente della Commissione che ha accennato all’ipotesi di «strumenti di solidarietà» per le nazioni in difficoltà. E nemmeno quelle di Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo che ha promesso un intervento a sostegno di Atene nel caso fosse «necessario». L’aiuto che Atene si aspettava soprattutto dalla Germania probabilmente non verrà, come ha detto ieri un portavoce del governo di Angela Merkel. Papandreou capirà meglio che clima c’è attorno al suo Paese negli incontri fissati per i prossimi giorni: con la stessa Merkel, venerdì, con il presidente francese Nicolas Sarkozy, domenica, e alla Casa Bianca, da Barack Obama, giovedì prossimo. Negli Stati Uniti, dunque, perché se l’Ue non si muoverà, ha avvertito ieri una anonima fonte governativa, Papandreou chiederà aiuto direttamente al Fmi che, in una nota, ieri si diceva «pronto a sostenere la Grecia» nell’attuare questo piano «molto solido».