giovedì 26 ottobre 2023
I ministri Urso e Giorgetti dopo le accuse di Invitalia: nessuna intesa segreta, la trattativa con ArcelorMittal è in corso. I sindacati: basta regalare miliardi
Sindacati in piazza lo scorso 20 ottobre a Roma

Sindacati in piazza lo scorso 20 ottobre a Roma - Fotogramma

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Nessun accordo prefabbricato con il socio privato ArcelorMittal: il futuro dell’ex Ilva è ancora tutto da decidere.

Su Acciaierie d’Italia il governo è chiamato (di nuovo) a fare chiarezza. E lo ha fatto oggi con due ministri che in due diverse audizioni hanno respinto al mittente le accuse di aver agito nell’ombra, alle spalle persione del socio pubblico, Invitalia, che detiene il 32% delle quote.

Le accuse di Invitalia. Lunedì scorso, una lettera inviata ai vertici di AdI e ad Arcelor Mittal, firmata dall'amministratore delegato di Invitalia, Bernardo Mattarella, ha messo nero su bianco pesanti accuse sulla mancanza di trasparenza e l’omissione di informazioni sul mancato rispetto degli accordi tra le parti. Dal piano di produzione di acciaio, alla "situazione economico-patrimoniale e finanziaria aggiornata", dal chiarimento "sull'omesso versamento in favore di Eni” al Memorandum of Understanding sottoscritto l'11 settembre, di cui Invitalia ha saputo ""solo in data 16 ottobre". Accuse rivolte al socio privato ma anche al ministro del Sud Raffaele Fitto che dall’estate ha preso in mano la delicata partita dell’ex Ilva mandando in soffitta l’ipotesi di un passaggio in maggioranza dello Stato.

Urso e Giorgetti: memorandum non è accordo. L’esecutivo ieri ha serrato i ranghi. “Il Memorandum su Ilva sottoscritto a nome del governo è una tappa, non è un accordo, l'accordo dovrà venire. Questa è solo la tappa di un percorso che poi potrà diventare reale quando ci sarà un contratto" ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in audizione alla Camera. Il memorandum dice "come vogliamo impiegare le risorse, in parallelo le risorse pubbliche attraverso i fondi europei, con l'intervento da parte del privato, è una una tappa di interlocuzione iniziata a inizio legislatura e va avanti per la ricerca di un'intesa che possa darci maggiore garanzia sull'utilizzo delle risorse". L’impegno del governo è quello di evitare ad ogni costo la chiusura dello stabilimento ovvero per inerzia e la liquidazione dell'azienda" ha assicurato Urso, sottolineando però come i risultati siano al momento deludenti con una produzione ferma ai 3 milioni di tonnellate come l’anno scorso. Per Urso all’origine della crisi dell’ex Ilva ci sarebbe la scelta politica del M5S di togliere lo scudo penale.

Al question time in Senato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dato la stessa versione dei fatti, spiegando che il cda di Acciaierie d’Italia valuterà l’esigenza di un nuovo apporto da parte dei soci, ad iniziare dal socio privato che detiene la maggioranza. "In questo quadro va visto l'impegno del governo a negoziare con i soci privati le modalità di apporto delle necessarie risorse per il funzionamento e per i futuri investimenti, che ha coinvolto i ministri Urso e Fitto” ha detto Giorgetti.

L'allarme sulla situazione finanziaria In un'audizione la settimana scorsa il presidente di AdI, Franco Bernabè, aveva dato l'allarme sul rischio "imminente" di interruzione della fornitura di gas all'impianto e su una situazione finanziaria insostenibile per mancanza di linee di credito. Dichiarazioni che hanno alimentato le indiscrezioni sulle sue possibili dimissioni.

I sindacati: il socio privato è inadempiente. Mobilitati anche i sindacati che il 20 ottobre hanno scioperato ed ottenuto dal governo l’apertura di un tavolo di confronto sull’ex Ilva. Una vertenza che tra dipendenti e indotto coinvolge 20mila lavoratori. Molte le questioni aperte dal piano per la decarbonizzazione da 5,5 miliardi di euro. Al momento sono in funzione soltanto due altiforni con una produzione ai minimi storici. Le ricostruzioni fatte dal governo sulla vicenda non sono piaciute ai sindacati secondo i quali non ha senso addossare la responsabilità ai vari esecutivi che si sono avvicendati dal 2016 a oggi. Il vero responsabile per loro è il socio privato che in quattro anni ha dimezzato la produzione, ha smesso di investire sulle manutenzioni e sulla sicurezza degli impianti, ha collocato in cassa integrazione 3mila lavoratori, non ha rispettato l'impegno al reintegro dei lavoratori in amministrazione straordinaria e non ha completato l'ambientalizzazione. Al contrario ha accumulato un debito verso i fornitori di oltre 2 miliardi, affamando le aziende e lavoratori dell'appalto, ed ha bruciato risorse pubbliche per oltre 1 miliardo. Per il segretario generale Uilm, Rocco Palombella il “Memorandum segreto regala al socio privato 2,2 miliardi di euro senza ricevere nessun impegno per il futuro dell'ex Ilva".

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