Calano i consumi generali di energia, quindi le emissioni di CO2. Crescono le fonti rinnovabili, confermando la tendenza mondiale alla
green economy. Peccato però che la contrazione sia dovuta alla crisi economica. E che l’Italia non investa abbastanza sull’innovazione, tanto che non decolla una filiera industriale nazionale, come invece è successo in Germania. È un’immagine in chiaro scuro quella raccontata nell’undicesimo "Rapporto energia e ambiente - analisi e scenari 2009" dall’Enea, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Che suggerisce tre rotte diverse per ridurre - da qui al 2050 - la dipendenza energetica dall’estero: sette centrali nucleari, fonti fossili "pulite", fonti rinnovabili. Tre strade diverse che porterebbero tutte a un analogo risultato, cioé un taglio delle emissioni di biossido di carbonio tra il 9 e il 10%.A livello mondiale dunque gli investimenti nelle tecnologie "verdi" sono esplosi del 230% in quattro anni (nel 2009 rispetto al 2005). Il consumo italiano da fonti rinnovabili è aumentato del 16% (un quinto dei consumi complessivi di elettricità), mentre la produzione di energia elettrica da fonti pulite è cresciuta del 17% (poco meno di un quarto del totale della produzione nazionale). Il bilancio nazionale dei consumi energetici del 2009 registra però un calo complessivo del 5,2%, con differenze nei diversi settori (a causa del calo della produzione industriale): trasporti meno 1,8%, settore civile più 3,5%, industria meno 20%. Perdono terreno le fonti fossili, cioè petrolio e carbone, crescono invece le rinnovabili, che comprendono l’aumento dell’importazione di energia elettrica. Per l’Italia la fonte principale di produzione energetica restano petrolio (41%) e gas (36%), seguono i combustibili solidi (7%) e l’energia elettrica importata (5%). Acquistata già pronta oltreconfine o prodotta in casa con petrolio saudita o gas russo, il risultato è che resta alto il livello di dipendenza energetica dall’estero, intorno all’85%, superiore alla media dell’Ue a 27 è del 70%). E il 2009 ha fatto registrare anche un calo della produzione nazionale di energia elettrica pari all’8,5%. La fattura energetica dell’Italia – si legge nel rapporto – è scesa a poco più di 41 miliardi di euro (era di circa 57 miliardi nel 2008). «La bolletta energetica italiana – spiega il commissario dell’Enea, Giovanni Lelli – porta i segni della crisi pur registrando un anno record per l’installazione di fotovoltaico ed eolico». Peccato che il Belpaese baciato dal sole non sembra credere davvero nel fotovoltaico. «In Italia – si legge nel Rapporto 2009 – le politiche d’incentivazione alle rinnovabili non hanno inciso nello sviluppo di una soddisfacente filiera industriale nazionale, diversamente da quanto verificatosi ad esempio in Germania». Nonostante un clima sicuramente meno favorevole del nostro al fotovoltaico. «Nel settore delle rinnovabili – aggiunge l’Enea – i dati più recenti indicano che l’Italia abbia una propensione a importare componenti superiore alla media dei Paesi Ue a 15, principalmente nel settore fotovoltaico».L’Enea indica infine tre possibili strategie di investimento. Nel settore nucleare un investimento di circa 35 miliardi di euro porterebbe nel 2050 a sette centrali (la prima sarebbe pronta tra 15 anni) capaci di ridurre del 27% le emissioni di biossido di carbonio imputabili alla produzione di energia, il 10% in meno del totale. Un altra strada sarebbero le fonti fossili con tecnologie pulite Ccs, cioé
carbon capture and storage, cattura e sequestro di carbonio: 10 miliardi di euro da qui al 2050 porterebbero a tagliare del 21% i gas serra del settore elettrico, il 9% del totale. Un investimento di circa 37 miliardi nel settore delle rinnovabili, infine, determinerebbe, sempre nel lungo periodo, una riduzione del 9% delle emissioni totali.