La transizione ecologica spinge la creazione di nuovi posti - Archivio
Da qui al 2030 la transizione ecologica creerà circa 38 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo e nel mercato dell’energia il numero potrebbe salire a 139 milioni, di cui oltre 74 milioni nei settori dell'efficienza energetica, dei veicoli elettrici, dei sistemi di alimentazione/flessibilità e dell'idrogeno (secondo le previsioni di Irena-Agenzia internazionale per l’energia rinnovabile). Da un’analisi di Eurowind Energy, società attiva nelle energie rinnovabili, emerge che stanno crescendo gli investimenti nell’ambito dell'economia verde non solo verso le tecnologie ormai consolidate nel mercato come eolico e fotovoltaico, ma anche verso nuove tecnologie che stanno sempre più accelerando: biogas, accumulo e idrogeno. Infatti, le politiche comunitarie si stanno muovendo per favorire una diversificazione dell’offerta di energia rinnovabile sia sulle fonti di generazione (eolico, fotovoltaico, biogas eccetera), sia sui vettori di energia (accumulo, idrogeno); incoraggiando quindi anche una diversificazione degli investimenti. Il mercato italiano si sta sensibilizzando sempre più agli sviluppi delle nuove tecnologie (storage e idrogeno) che permettono interessanti opportunità sia per operatori, sia per le comunità e attività locali (si pensi all’esempio dell’agrivoltaico). Questa diversificazione delle tipologie di investimenti, ciascuna con le proprie caratteristiche e opportunità per il territorio in cui si inseriscono, ha anche forti conseguenze sul mercato del lavoro e sulle competenze necessarie per guidare le aziende verso la transizione energetica. Ciò sta avendo, con il passare del tempo, sempre maggiore impatto in tutto il mondo, Italia compresa. L’analisi di Eurowind Energy evidenzia inoltre che, nell’ambito della green economy, si cercheranno soprattutto project manager, un professionista in grado di saper gestire l’evoluzione del progetto, pianificando le attività e sapendosi interfacciare con i vari portatori di interesse dettando tempistiche e scadenze nel rispetto del budget di progetto. Inoltre, è alta la richiesta per commerciali/consulenti vendite (sia lato produzione, sia lato macchinari e/o impianti), progettisti, agronomi ed energy manager.
Il fotovoltaico è a tutti gli effetti un investimento e recentemente esistono diverse opzioni disponibili agli acquirenti oltre all’impianto di proprietà. Il consulente vendite non si limita alla vendita degli impianti, ma si configura come un vero e proprio consulente in grado di guidare il cliente verso la migliore scelta d’acquisto in base alle proprie esigenze. La figura dell’agronomo diventa chiave per favorire il connubio positivo tra attività agricole ed energie rinnovabili (fotovoltaico, biogas eccetera). L’energy manager invece ha il compito di gestire tutto ciò che riguarda l’energia all’interno di un’azienda, un ente pubblico, o più in generale una struttura, verificando i consumi, ottimizzandoli e promuovendo interventi mirati all’efficienza energetica, al risparmio economico e all’uso di fonti rinnovabili.
Richiestissimi anche gli asset manager e il progettista, particolarmente nel settore elettrico: la prima figura tipicamente nasce da un background in ingegneria o economia, si occupa dell’adempimento degli aspetti tecnici, finanziari e amministrativi di un impianto energetico durante le fasi di sviluppo, costruzione e funzionamento. Il progettista invece deve saper progettare, disegnare e collaudare i sistemi elettrici avanzati per impianti che sfruttano fonti di energia rinnovabile. Deve essere laureato in Ingegneria Elettrica con forte focus su quello che concerne lo sviluppo della commessa a livello tecnico. A differenza del settore fotovoltaico, il cui focus si rivolge su figure professionali di stampo elettrico, il mondo dell’eolico a oggi è focalizzato invece su alcuni professionisti specifici, come per esempio: tecnici meccanici, project developer, progettisti di turbine.
«Continua la spinta verso un futuro più sostenibile. Dalla Cop28, infatti, è emerso entro il 2030 un impegno globale per triplicare la potenza installata in energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica. Hanno già aderito 118 Stati, inclusi i 27 dell’Ue e quindi anche l’Italia - spiega Marco Caminiti, ad di Eurowind Energy -. Il mercato catalizzerà la crescita di nuove competenze, in particolare legate alla transizione ecologica. L’accelerazione della transizione ecologica in tutte le aziende si traduce nella trasformazione delle professioni esistenti e nell’emergere di nuove funzioni e competenze. Efficienza energetica, greenification dei processi di produzione, logistica più sostenibile, urbanistica e sostenibile sono solo alcune delle sfide che coinvolgono l’attuale contesto. I settori delle energie rinnovabili e alternative, delle costruzioni e infrastrutture, della mobilità elettrica, della chimica industriale, dell’elettronica, della blue economy sono in crescita costante e nel 2024 creeranno posti di lavoro mirati al potenziamento delle proprie strutture aziendali. Il Tech rimane un pilastro su cui continueranno a costruirsi le aziende del futuro. Il mercato dei talenti nel settore IT soffre di una carenza strutturale molto più importante rispetto a qualsiasi altro mercato. Le aziende sono più che mai impegnate nell’accelerazione della trasformazione digitale e i progetti digitali da affrontare diventano sempre più numerosi».
Più occupati nelle rinnovabili
L’occupazione nelle rinnovabili ha raggiunto nel mondo quasi 13 milioni di unità: una crescita che conferma come la sostenibilità sia ormai al centro delle strategie di crescita delle imprese e che renderà indispensabile la presenza di nuovi professionisti sul mercato. Si prevede che nei prossimi 3-4 anni il mercato del fotovoltaico e dell’eolico potrebbe offrire oltre 150mila nuovi posti di lavoro. Nel contesto della transizione energetica, emergono costantemente nuove esigenze e requisiti a cui le aziende devono rispondere. In ogni settore industriale, l'obiettivo primario è la riduzione delle emissioni inquinanti. Di conseguenza, diventa fondamentale adottare un mix di tecnologie energetiche per soddisfare il fabbisogno energetico dei processi produttivi. Per supportare questa evoluzione, le aziende si organizzano introducendo figure specializzate capaci di guidarle verso scelte e soluzioni più sostenibili senza compromettere la produttività e le performance aziendali. Negli ultimi anni, si è verificato un notevole aumento della richiesta di due figure professionali chiave: l'energy manager e il carbon manager.
L'energy manager è responsabile della gestione dell'energia all'interno dell'azienda, con l'obiettivo finale di minimizzare gli sprechi. Questo professionista monitora i consumi e propone nuove strategie per favorire uno sviluppo eco-sostenibile e ridurre l'impatto ambientale. La richiesta di Energy Manager è cresciuta significativamente negli ultimi anni, per questo è nata la necessità di attrarre professionisti con background accademici ingegneristici e una profonda conoscenza delle fonti di produzione di energia rinnovabile. Inoltre, l'energy manager collabora strettamente con le diverse unità aziendali per promuovere la consapevolezza sull'importanza dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Propone e coordina progetti di miglioramento, sia a livello tecnologico che organizzativo, al fine di ottimizzare l'uso delle risorse energetiche e ridurre l'impatto ambientale complessivo.
«In un contesto di transizione verso un modello energetico più sostenibile – sottolinea Gionata Aldeghi, manager renewables & energy efficiency division di Hunters Group – l'energy manager assume un ruolo guida nel definire obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni di carbonio, lavorando costantemente per mantenere l'azienda in linea con le normative ambientali e promuovendo al contempo una cultura aziendale orientata alla sostenibilità. La sua competenza ingegneristica e la conoscenza approfondita delle tecnologie rinnovabili lo rendono un elemento chiave nel perseguire una transizione energetica di successo e responsabile».
Parallelamente, si è sviluppato il ruolo del carbon manager, che negli ultimi anni ha integrato le responsabilità dell'energy manager. Anche in questo caso, i carbon manager sono professionisti, spesso laureati in Ingegneria, con competenze approfondite nel settore dell'energia. Il compito del Carbon Manager è monitorare le emissioni inquinanti, gestirle ed implementare le strategie necessarie per ridurle al minimo. Entrambe le figure si concentrano sulla progettazione e implementazione di strategie per la sostenibilità aziendale, sociale ed economica, contribuendo così all'adozione di pratiche più responsabili all'interno delle aziende.
Distretti industriali sempre più verdi
Dagli innovatori tecnologici della Silicon Valley agli artigiani in Toscana, i distretti industriali fanno girare il mondo. Oggi questi sono chiamati ad adattarsi rapidamente alla transizione verde e a gestire efficacemente le sfide e le opportunità che essa comporta, per cui i decisori politici giocheranno un ruolo essenziale di supporto. Per lo studio di Bcg-Boston Consulting Group “Are Economic Clusters Ready for the Green Transition?, sono quattro le tendenze che guidano la transizione verde e spingono le organizzazioni a riadattarsi per rimanere competitive: normative più rigide, riduzione dei costi delle energie rinnovabili, diminuzione dei costi delle tecnologie green e aumento dell'interesse dei consumatori per i prodotti sostenibili.
I vari distretti industriali saranno presto sotto pressione a causa della maggiore concorrenza green, che li porterà ad affrontare diversi rischi, come lo spostamento della domanda dai prodotti o servizi principali, verso alternative più sostenibili, costringendoli a reinventarsi rapidamente. In Germania, ad esempio, il cluster automobilistico del Baden-Württemberg ha visto i veicoli con motore a combustione interna (Ice) rappresentare oltre il 99% della produzione nel 2010, ma meno dell'80% nel 2022. Negli Stati Uniti, l'illuminazione a Led è passata dal 4% al 47% di penetrazione del mercato in soli cinque anni. Questi cambiamenti richiedono ai cluster una rapida riconfigurazione delle dinamiche interne, come la produzione e il marketing, così come delle catene di fornitura esterne a monte e a valle. La normativa a favore dell’ambiente ha un impatto anche sulla competitività a livello globale, con nuove leggi che modificano il modo in cui i cluster operano. Se guardiamo al regolamento dell'Ue sulla deforestazione del 2023, questo sta ridisegnando i cluster brasiliani di produzione della soia, che esportano un quinto della produzione verso i mercati europei. Altre normative hanno un impatto nazionale, come la sanzione che il Giappone ha subito nel 2020 per la produzione dei sacchetti di plastica, che ha dimezzato la distribuzione totale di sacchetti in un periodo di due anni. Non procedere verso la transizione significherebbe ridurre inoltre l'accesso al capitale investito dalle istituzioni finanziarie per la decarbonizzazione, che conta circa 40mila miliardi di dollari di oltre 1.600 banche a livello globale, molte delle quali già impegnate a disinvestire dai combustibili fossili. Per le imprese ad alte emissioni diventerà quindi sempre più difficile ottenere capitali.
I cluster economici italiani rivestono un ruolo fondamentale nel panorama economico nazionale - guardiamo per esempio ai distretti industriali ad alta intensità energetica (come acciaio, cemento, chimica), della moda, della meccanica e dell'agroalimentare. La transizione verde rappresenta una sfida significativa, ma anche un'opportunità unica per questi settori. L'Ue sta implementando misure come il Cbam-Meccanismo di adeguamento del carbonio alla Frontiera, che prevede l'introduzione di dazi sulle importazioni ad alta intensità di carbonio. Per l'Italia, questo significa che i settori manifatturieri, soprattutto quelli Hard To Abate, dovranno adattarsi rapidamente per mantenere e potenziare la loro competitività sui mercati internazionali. La riduzione dei costi delle energie rinnovabili offre poi un'opportunità straordinaria, ad esempio, il costo dell'energia solare su larga scala negli Stati Uniti è sceso a 0,039/kWh, rendendo le rinnovabili sempre più competitive rispetto ai combustibili fossili. Anche in Italia, continuare a investire nelle rinnovabili può migliorare l'efficienza energetica dei distretti industriali.
Non ultima è la crescente attenzione dei consumatori verso prodotti sostenibili, che lascia margine di opportunità ai cluster italiani del lusso e della moda, poiché integrare pratiche sostenibili nella produzione può rafforzare la loro posizione nel mercato, già nota per l’alta qualità e artigianalità. Lo studio evidenzia due strategie chiave che i governi possono adottare per supportare i cluster economici nella transizione verde: la “strategia di salvaguardia” e la “strategia di scintilla”. La prima mira a proteggere i cluster esistenti aiutandoli ad evolvere, ottimizzare la resilienza e continuare a prosperare durante il cambiamento. La seconda strategia mira a stimolare nuove opportunità realizzando un vantaggio competitivo emergente nella sostenibilità. Un esempio potrebbe essere la creazione di nuove zone verdi industriali, focalizzate su innovazioni tecnologiche e sostenibilità ambientale.
Il rapporto cita numerosi esempi di successo a livello globale che possono essere fonte di ispirazione per il nostro Paese. Per esempio, il Basque Industrial Super Cluster in Spagna, che fornisce oltre 200mila posti di lavoro, sta promuovendo l'idrogeno pulito, le energie rinnovabili e la cattura del CO2 per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. In India, il Tirupur Knitwear Cluster, responsabile dell'80% delle esportazioni di maglieria del Paese, ha beneficiato di un investimento pubblico di 90 milioni di dollari per supportare una strategia di scarico zero dei liquidi, riducendo l'inquinamento delle acque sotterranee e migliorando la
resilienza del cluster. In Italia, sono presenti diversi distretti, che potrebbero usufruire di investimenti simili per adottare tecnologie verdi e migliorare l'efficienza produttiva. Alcuni esempi sono il distretto metallurgico di Brescia, che potrebbe beneficiare dall’introduzione del biometano, o il polo industriale di Ravenna-Ferrara, che potrebbe avvantaggiarsi con la cattura, il trasporto e lo stoccaggio della CO2.