Una delle Smart di Car2go, il più grande operatore di car sharing in Italia
Un'indagine di Avvenire intitolata “Il car sharing vola ma perde, guadagnano solo i Comuni” , lo aveva annunciato già nel dicembre di un anno fa. Ora arrivano anche numeri più dettagliati. Nel 2016 i cinque principali gestori italiani di car sharing hanno perso 27 milioni di euro: 4.700 per ogni veicolo condiviso circolante nelle nostre città. Un dato che, a dispetto di quanto ci si aspettava, sottolinea il fatto che la condivisione dell'auto non è certo un affare, almeno per ora (ma per alcuni operatori sono già passati anni da quando hanno lanciato il loro servizio) e per chi la vende in Italia. È quanto emerge da una inchiesta sulla mobilità condivisa condotta dal mensile specializzato Quattroruote in edicola da oggi.
Nonostante l'attività sia considerata uno dei simboli dei nuovi sistemi di mobilità e della sharing economy, il quadro del car sharing non è per nulla roseo - secondo quanto emerge - quanto meno dal punto di vista economico-finanziario. Sommando infatti i dati di bilancio delle società affacciatesi di recente nel settore, ovvero la premium Drive Now di BMW e Sixt e la Share'ngo della italo cinese CS Group con quelli dei pionieri Car2go (gruppo Daimler) ed Enjoy (gruppo Eni) - rileva Quattroruote -, le perdite complessive registrate nel 2016 sono state pari a 27 milioni di euro, a fronte di un giro d'affari di poco superiore a 48. Un “rosso” pari a più della metà del valore della produzione, che risulta ancora più evidente analizzando le singole flotte. In media, infatti, per ogni auto del car sharing in circolazione - spiega Quattroruote - la perdita ha superato i 4.700 euro.
I motivi - stando all'inchiesta - sarebbero relativi ai costi di gestione non indifferenti: oltre alla manutenzione e alla riparazione delle vetture, infatti, a incidere sui bilanci sono i costi dei canoni versati ai Comuni per compensare gli ingressi nelle Ztl e la sosta nelle strisce blu, entrambi gratuiti (1.100 euro a veicolo è la cifra annua prevista dal bando 2013 di Milano, salita a 1.200 euro nel 2016; stesso importo previsto a Roma, mentre a Firenze sono circa 600 e Torino ha optato per una parte variabile, soggetta a offerta economica, con base di 250 euro l'anno, e una fissa di 300 euro).