lunedì 29 gennaio 2018
Per la stampa tedesca Bmw, Volkswagen e Daimler hanno commissionato studi su scimmie e poi anche su esseri umani. Le case automobilistiche: verifiche sulla sicurezza degli operai
I test sulle emissioni di gas su un'auto Volkswagen (Archivio Ansa)

I test sulle emissioni di gas su un'auto Volkswagen (Archivio Ansa)

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Quella di dieci macachi chiusi per quattro ore in una stanza di un laboratorio di Albuquerque a guardare cartoni animati e respirare i gas di scarico di un Volkswagen Beetle e di un vecchio pick-up della Ford è, fino ad oggi, la scena più grottesca della vicenda del dieselgate. È stato il New York Times a tirarla fuori, venerdì scorso, riaprendo così quel vaso di Pandora che è lo scandalo delle emissioni truccate dei motori diesel.

Nel mirino ci sono le attività dell’Eugt, organizzazione creata nel 2007 dalle case automobilistiche tedesche Volkswagen, Daimler e Bmw assieme al gigante della componentistica Bosch per finanziare ricerche che dessero validità scientifica alla difesa dei motori diesel rispetto ai loro effetti sull’ambiente e suelle persone. Lo studio sulle scimmie – condotto nel 2014 dal Lovelace Respiratory Research Institute di Albuquerque, nello stato americano del New Mexico – doveva dimostrare quanti progressi avessero fatto i motori diesel in quindici anni mettendo a confronto le emissioni di un Ford del 1999 con un Volkswagen Beetle del 2014. I ricercatori americani non sono riusciti ad arrivare a conclusioni scientificamente presentabili e quindi non hanno mai pubblicato lo studio. Meglio, anche perché l’auto tedesca era in pieno stile dieselgate: per fortuna dei macachi e all’insaputa del centro di Albuquerque era stato attivato il dispositivo che riduceva le emissioni rispetto a quelle che il motore produceva in un normale uso su strada.

Dopo le rivelazioni del New York Times, domenica il tedesco Stuttgarger Zeitung ha gonfiato il caso dell’Eugt: con i soldi dell’organizzazione finanziata dalle case automobilistiche, ha scritto il quotidiano di Stoccarda, all’ospedale universitario di Aquisgrana sono stati sperimentati gli effetti dei gas di scarico sugli esseri umani. In realtà lo studio finanziato dall’Eugt condotto ad Aquisgrana non riguardava le emissioni dei motori ma la salubrità degli ambienti di lavoro, ed è quindi completamente diverso da quello dei macachi di Albuquerque. Come spiegato nella pubblicazioni dei risultati della ricerca, condotta tra il 2013 e il 2014 e pubblicata nel 2016, venticinque persone sane sono state esposte per tre ore a livelli diversi di diossido di azoto (che è una delle sostanze presenti negli scarichi dei motori) ma con dosi di esposizione inferiori ai limiti di leggi e a quelle che si trovano normalmente all’interno di una fabbrica tedesca. Il test non ha comunque mostrato effetti significativi sui corpi delle “cavie”.
Il danno di immagine per le case tedesche è comunque enorme. Il ministro dei Trasporti, Christian Schmidt, ha convocato le tre case coinvolte, riconoscendo che questa vicenda «ha ancora una volta danneggiato la fiducia nell’industria automobilistica». Steffen Seibert, portavoce della cancelliera Angela Merkel, rispondendo alle domande dei giornalisti ha chiarito che «questi test con le scimmie e persino con gli uomini non sono giustificabili eticamente in alcun modo».

Le tre case coinvolte si sono dissociate dall’attività dell’Eugt, che è stato sciolto lo scorso anno. Il presidente Hans Dieter Poetsch ha promesso «un’indagine completa sulle procedure» e lo stesso ha annunciato in una nota ufficiale Daimler, che si definisce «sconvolta». Per le case tedesche sarà difficile dimostrare la loro estraneità: dei cinque posti nel consiglio di amministrazione dell’Eugt, tre erano occupati dai loro rappresentanti, uno da un nominato dell’aeroporto di Francoforte e uno dal presidente, Gunter Zimmermeyer, ex amministratore delegato dell’associazione dell’industria automobilistica tedesca. Il direttore operativo era Michael Spallek, medico che per un decennio è stato dipendente della Volkswagen.

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