L'inflazione erode il potere d'acquisto delle famiglie italiane - Ansa
Confrontando i dati dei 730 dal 2020 al 2023, emerge che l’inflazione ha eroso i redditi del ceto medio più del Covid: le famiglie italiane perdono 240 euro al mese. È quanto emerge dalle ricerche condotte dalle Acli Povere famiglie. L’impatto dell’inflazione sui redditi degli italiani e Povertà, vulnerabilità e disuguaglianza. La nuova sfida dei territori e delle comunità realizzate dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie in collaborazione con il Caf Acli e l’Iref e presentate ieri a Roma. Questa terza indagine si basa su un campione di 602.566 famiglie.
Secondo i dati diffusi, aumenta il numero di famiglie entrate in povertà relativa: nel 2020 costituivano l’8,2% del panel, dato in flessione nel 2021, quando questa percentuale scese al 7,6%. «Bisogna guardare al tema della famiglia in maniera positiva – spiega Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli –. La famiglia è il luogo della solidarietà. Anche l’individualismo può essere battuto attraverso il sostegno a politiche familiari adatte. Inoltre è necessario dare la giusta dignità al lavoro, così come è previsto dalla Costituzione. Serve infine una legge strutturata anche sulla questione della cura alle persone anziane». Nella dichiarazione dei redditi del 2023, le famiglie in soglia di povertà relativa sono passate dal 7,6% al 9,8% del panel.
I carrelli di spesa persi. Se esprimiamo la perdita di potere d’acquisto in carrelli di spesa per beni primari alimentari (ipotizzando che un carrello di spesa costi all’incirca 90 euro), le famiglie bireddito senza carichi hanno perso circa otto carrelli annuali (pari a 700 euro); i separati/divorziati senza carichi sei carrelli, come sei sono i carrelli persi da single/unioni di fatto; fino a toccare i quattro carrelli di spesa persi delle famiglie monoreddito e dei vedovi. La perdita di potere d'acquisto in rapporto ai redditi equivalenti varia in base alla struttura familiare e si va da una perdita del 10% circa sul reddito complessivo delle famiglie di reddito senza carichi e dei vedovi senza carichi; al 4,5% dei separati/divorziati con carichi e dei vedovi con carichi. L'incidenza della perdita sul reddito del totale del panel si attesta intorno all’8,7%.
Le donne più penalizzate. Analizzando i mod.730/2023 per genere e per reddito complessivo equivalente ai fini Irpef, emerge che le donne sotto la soglia di povertà relativa sono il 58,1%, rispetto al 41,9% degli uomini (+17%). Nel mod.730/2023 il reddito medio equivalente annuo delle famiglie con dichiaranti donne è stato di 247 euro più basso rispetto agli uomini (6.199 euro contro 6.446 euro). Per quanto riguarda la perdita di reddito equivalente a causa dell’inflazione tra il mod.730/2020 e il mod.730/2023, le famiglie con dichiaranti donne hanno perso in media 2.767 euro a fronte di una perdita di 2.518 euro degli uomini, quasi 250 euro in più rispetto a quest’ultimi. Gli uomini hanno visto erodere il 10% del loro reddito complessivo ai fini Irpef dal mod. 730/2020 al mod. 730/2023; nel medesimo periodo, il reddito equivalente delle famiglie con dichiarante donna è sceso del 14%. Oltre il 90% delle dichiaranti donna in povertà relativa non risulta coniugata: è vedova, single o separata e il 34% delle restanti donne vive con almeno un figlio a carico.
Gli anziani soli. Le famiglie di anziani soli in povertà relativa costituiscono l’11% del panel, a fronte del 9,4% di dichiaranti in povertà più giovani. Di questo sottogruppo il 40% sono 70enni e il 60% sono ultra 80enni. La perdita di reddito è stata di circa 2.800 euro su un reddito familiare medio equivalente di 20mila euro. Ancora una volta a essere più penalizzate sono le donne: il rapporto tra numero di famiglie unipersonali di dichiaranti uomini rispetto al numero di famiglie di dichiaranti donne over 70 in povertà relativa è di uno a sei, 14% contro l’86%.
Lo sport è un lusso. Solamente il 20% delle famiglie con figli ha detratto spese per le attività sportive dei figli, per un importo mediano di 210 euro.
Per Adriano Bordignon, presidente nazionale del Forum delle Famiglie, «questa tassa invisibile dell’inflazione ha impattato sulle famiglie. Il costo della vita è aumentato, i carrelli disponibili sono calati. Le spese obbligate hanno eroso parte sempre più significativa dei redditi delle famiglie. Un altro problema è quello dei mutui con tassi sempre più crescenti. Una famiglia si costruisce sul lavoro e sull’abitare. Questo segna anche il loro presente e anche il loro futuro. Poi ci sono gli anziani: la solitudine sta impattando sulla qualità delle persone in modo enorme. Gli anziani non godono di una rete relazionale. Le famiglie sono sempre più ridotte».
La differenza di reddito tra città e aree interne. Chi vive nelle aree interne non ha accesso a servizi pubblici adeguati ed è più povero di chi vive in città: il reddito medio annuale in genere è quasi di 4mila euro in meno. Ogni cinque famiglie in povertà relativa una è residente nelle aree interne (20,2%).
Chi è più a rischio povertà. Le famiglie monoreddito con carichi presentano il rischio maggiore: le famiglie sotto soglia di povertà (14,6%) sono circa 4 volte superiori a quelle sopra soglia (3,5%); a seguire i vedovi con carichi familiari, con fattore di rischio 3,9; i separati o divorziati con carichi, con fattore 2,3; i single e le coppie di fatto con carichi, con fattore 2,3.