Alcoa non lascia l’Italia e mantiene gli stabilimenti di Portovesme (in Sardegna) e Fusina (in Veneto). Dopo sette mesi di serrato confronto, si è chiusa positivamente la vertenza per la multinazionale americana dell’alluminio che ha tenuto con il fiato sospeso oltre mille lavoratori. Lunedì notte, a Roma, la firma dell’accordo fra azienda e sindacati al ministero dello Sviluppo Economico sul piano industriale presentato da Alcoa che «consolida» le due realtà produttive (anche se chiude temporaneamente il «primario» di Fusina) senza toccare gli assetti occupazionali: quindi niente esuberi né tagli.A garanzia Alcoa mette sul piatto interventi e investimenti per circa 100 milioni (60 in Sardegna e 35 in Veneto). Un risultato «storico» affermano con soddisfazione le segreterie nazionali e territoriali di Fim, Fiom, Uilm, Ugl e le Rsu che su questa vicenda si sono mosse in maniera unitaria. Un’intesa – evidenziano – che segna un cambio di passo dell’azienda, che nei mesi scorsi aveva annunciato l’intenzione di voler lasciare l’Italia, puntando il dito contro gli alti costi energetici e con la spada di Damocle delle sanzioni Ue sul decreto varato dal governo per garantire tariffe più concorrenziali.Negli ultimi giorni il disgelo. Proprio a Bruxelles sembra che ci sia ormai la strada spianata al via libera delle misure adottate dal governo nel Dl energia. L’ok della Commissione europea è atteso per il 26 maggio. Dopo un approfondito esame del dossier – hanno rivelato alcune fonti – i tecnici di Bruxelles sono giunti alla conclusione che i sussidi per l’erogazione alle aziende "energivore" di Sardegna e Sicilia non rappresentano un aiuto di Stato vietato dalle norme Ue. Forse proprio questo orientamento ha dato l’accelerata finale a quella che sembrava ormai una "tragedia". Con momenti di particolare tensione, quando l’azienda premeva per avere rassicurazioni che nessuno ormai in Italia riusciva a dare.Oggi il quadro è diverso e per gli stabilimenti italiani del colosso dell’alluminio si apre una nuova stagione. Così ieri sera arrivava la soddisfazione di Alcoa per l’accordo. «La chiusura del reparto di alluminio primario di Fusina – ha spiegato poi l’azienda – era inevitabile, poiché continua a produrre ingenti perdite che, in assenza di una fornitura di energia competitiva, rendono insostenibile l’operatività. Parallelamente, la società è riuscita a trovare una soluzione per tutti i dipendenti coinvolti, oltre ad assicurare il futuro del laminatoio».Per quanto riguarda l’impianto di Portovesme, Alcoa è fiduciosa che l’attività produttiva possa continuare, «a condizione che la Commissione Europea si esprima positivamente sul Decreto energia per le isole». Il responsabile delle relazioni istituzionali di Alcoa per l’Europa, Alessandro Profili, ha precisato si attende «il contratto per l’energia per i prossimi tre anni, che non è ancora chiuso. È indispensabile per concludere nel modo migliore». Un ultimo passo insomma, anche se il grosso è fatto. «Siamo usciti da una situazione su cui tutti, ormai, ci avevano messo una croce sopra», ha detto il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. Ieri l’assemblea dei sindacati a Fusina, per spiegare l’accordo ai lavoratori che sperano adesso che «venga mantenuto». E oggi, a Fusina come a Portovesme, saranno chiamati ad esprimersi.