«Il Nobel per la pace a cui è stato da poco candidato? Non credo gli interessi. A Francesco – per come lo conosco – importa che tutti noi cristiani ci facciamo costruttori di pace. Nelle relazioni prossime e in quelle tra nazioni, che sono poi la proiezione su grande scala dei rapporti tra esseri umani. Il richiamo continuo del Papa alla fraternità – come conseguenza dell’essere tutti figli di uno stesso Padre – è la radice della pace: se riconosco nell’altro un fratello non posso bombardarlo. Per questo, “ho un debole” per lui...». Adolfo Pérez Esquivel non ha mai nascosto la sua ammirazione per il connazionale designato come successore di Pietro. Fin dai primi giorni dell’elezione – durante i quali per coincidenza si trovava in Italia –, il più noto attivista per i diritti umani argentino, a sua volta, premiato con il Nobel nel 1980, ha prontamente smentito le accuse infondate di una presunta connivenza tra l’allora provinciale dei gesuiti, Jorge Mario Bergoglio, e l’ultima, feroce dittatura militare. «Ho detto solo la verità – dichiara il direttore del Servizio giustizia e pace di Buenos Aires –. E in questi dodici mesi in cui avete imparato a conoscere Francesco sono certo che non ci siano più dubbi. Ogni volta che penso a lui, mi viene in mente la frase di Giovanni XXIII: apriamo le finestre per far entrare aria nuova nella Chiesa. Ha visto che cosa ha combinato a Rio?».
A che cosa si riferisce in particolare?All’invito ai giovani, durante la Gmg, di fare «lío», cioè caos, confusione, ad essere ribelli. Ma ribelli con una causa non inutilmente. La causa di Gesù: realizzare il sogno di Dio di un mondo più “a misura di uomo”. Tanti ragazzi l’hanno preso in parola: in molti stanno mettendo in pratica quel-l’esortazione, impegnandosi per i più fragili. Che è il modo in cui Dio ci chiede di essere amato...
«Dov’è tuo fratello?», ha detto una volta l’allora cardinale Bergoglio per sensibilizzare l’opinione pubblica contro la tratta...Me lo ricordo. E con la stessa veemenza evangelica ha denunciato «la globalizzazione dell’indifferenza », l’espandersi del narcotraffico, della marginalità sociale. Non è un caso che per il primo viaggio abbia scelto Lampedusa: da luogo simbolo di disperazione, l’isola può diventare un laboratorio di accoglienza. La sua opzione preferenziale per i poveri si inserisce nella tradizione della Chiesa latinoamericana emersa nelle Conferenze post conciliari di Medellín e Puebla. Di Francesco, però, mi conquista soprattutto la capacità di analizzare lucidamente i problemi e di cercarne la soluzione, a partire dal Vangelo.
Se dovesse scegliere tre caratteristiche che definiscono papa Bergoglio?L’allegria. Con il suo sorriso costante mostra concretamente che il Vangelo può essere una grande fonte di energia e serenità. Francesco sa di avere una responsabilità enorme: eppure non la vive con angoscia, ma con la gioia di chi segue lo Spirito. E qui il suo secondo tratto distintivo: la profonda spiritualità. È un pastore capace di ascoltare il silenzio di Dio. Vorrei sottolineare, infine, il suo atteggiamento permanente di servizio all’uomo, a qualunque uomo.
Che augurio gli vorrebbe fare per il suo primo anno da “vescovo di Roma”?Di andare avanti così. Ogni sera, la mia famiglia e io, diciamo una preghiera per lui. Chiediamo allo Spirito di continuare a dargli forza e grazia. E sono in tanti a farlo, a Buenos Aires e nel resto del pianeta. Perché Francesco ha riacceso una fiammella di speranza in un mondo afflitto.