Si avvicina la data del 15 giugno, quando oratori, parrocchie e associazioni potranno far partire i centri estivi e le attività rivolte ai più piccoli. Per le famiglie sarà un piccolo laboratorio di normalità, potendo affidare finalmente i loro figli a qualcuno che non appartiene al nucleo domestico. La sfida più grande per gli organizzatori è rappresentata dalle regole stringenti imposte dai protocolli di sicurezza. Le linee guida nazionali e regionali prevedono lo svolgimento delle attività in piccoli gruppi ma anche l’igienizzazione degli ambienti, la misurazione della temperatura all’ingresso, la formazione mirata dei volontari sul tema dei rischi connessi alla diffusione del coronavirus. Senza contare tutte le attività previe, con la richiesta di sottoporre il progetto al Comune e alle autorità sanitarie locali per l’approvazione.
Anche se le iniziative estive tradizionali non potranno essere organizzate, la comunità cristiana ha dimostrato non volersi arrendere davanti agli ostacoli tecnici e burocratici, scegliendo con coraggio di aprire ai ragazzi e di accompagnare così le famiglie in questo periodo. Nello spirito della “rete” molti hanno deciso di collaborare con istituzioni, enti e associazioni sul territorio. Chi parte, però, può di cerco contare anche sulla principale rete di sostegno che da sempre lega le comunità cristiane: le diocesi che, come raccontiamo in questa pagina, hanno deciso di sostenere chi vuole rimanere accanto ai più piccoli e alle loro famiglie.
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Napoli, Federico il "don" centralinista: «Rispondo ai dubbi dei parroci»
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Il telefono di don Federico Battaglia, direttore dell’Ufficio di pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Napoli, non tace un attimo. «Sono diventato un call center per i parroci: da quando è partita l’autorizzazione dell’arcivescovo ad allestire i centri estivi, il mio telefono non smette di squillare». I dubbi sono tanti, ma «i sacerdoti temono di più il virus della camorra che il Covid». Don Federico spiega infatti che da più parti «si sono interrogati sulla necessità di organizzare gli oratori per evitare che i ragazzi stiano in strada». E il suo compito è stato assisterli nella riapertura. «Da Scampia a Forcella – spiega –, da Portici al centro città, la domanda più frequente è quella sulla "responsabilità", cioè cosa accade se dovesse scoppiare un caso di Covid all’interno della struttura e come fronteggiarlo. In pratica trascorro la giornata a rassicurare, spiegare, chiarire».
In diocesi, perciò, l’ufficio di pastorale giovanile, d’intesa con il cardinale Crescenzio Sepe e il Servizio per il Coordinamento degli oratori diretto da don Salvatore Accardo, ha stilato un vademecum. «Dopo l’incontro con l’arcivescovo e con i referenti della pastorale giovanile abbiamo capito – prosegue don Federico – che le domande erano tante: per essere più chiari le abbiamo raggruppate in un prontuario condiviso con i parroci». Dove si ribadisce quali sono gli adempimenti e quali le informazioni da fornire al Comune. «Per la nostra regione – prosegue – siamo riusciti a inserire il termine "personale volontario" per gli animatori, in modo da prevedere la presenza di ragazzi di età pari o superiore ai 15 anni, purché ne venga garantita la supervisione da parte del responsabile del centro». In più basta l’autodichiarazione dello stato di salute senza avere l’obbligo del certificato medico. «Anche su questo tema la mia linea è stata rovente», confessa sorridendo don Federico. «Ora bisogna solo riaprire con responsabilità». (di Rosanna Borzillo)
Veneto, una Chiesa «da campo» che esplora nuove terre
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Il bello è che c’è «la voglia di stare insieme». Che stanno venendo a galla «tutta la creatività e la passione educativa». Che tante parrocchie stanno iniziando «un dialogo con le istituzioni locali, con senso di responsabilità sociale». Che dietro i ragazzi e i bambini «si vedono oggi più che mai le loro famiglie, e il rapporto di fiducia che deve stare alla base di tutto, per superare la paura». Che la Chiesa ha voglia di essere ancora, come sempre, «una Chiesa da campo», lì in mezzo, dove c’è bisogno. Il brutto? Una difficoltà in particolare: «Ci sono tanti giovani e giovanissimi volontari, ma mancano gli adulti. Alla conta mancano i responsabili, ed è li che ci si imbriglia con le nuove normative...». Prova a riassumere così don Davide Brusadin, incaricato regionale di pastorale giovanile del Triveneto, le giornate che stanno vivendo gli operatori di pastorale giovanile nel Nordest. Il sentimento è quello ben espresso dai vescovi del Veneto nella loro lettera del 5 giugno: «Potremo fare poco, ma farlo – facendolo bene! – potrebbe significare inserirsi nella logica del piccolo seme di senape (Mt 13,31), osando anche nuove strade e proposte inedite, riscoprendo ciò che è davvero essenziale anche nelle iniziative pastorali abituali, tendendo una mano a molte famiglie in difficoltà e soprattutto ascoltando la domanda anche inespressa di ragazzi e adolescenti profondamente segnati dall’esperienza della pandemia», scrivono il patriarca di Venezia con i Pastori di Concordia-Pordenone, Verona, Vittorio Veneto, Vicenza, Chioggia, Padova, Adria-Rovigo, Belluno-Feltre e Treviso. L’invito alle diocesi è «a fare squadra per esplorare possibilità anche inedite e aiutarci a realizzare delle proposte nei prossimi mesi». E alle parrocchie di «cogliere l’opportunità di un autentico discernimento». E, nel discernimento, per don Brusadin, deve intervenire una buona dose di coraggio pastorale, di audacia unita a un alto grado di buon senso, quello che ci vuole in tutte le cose». E così almeno un terzo delle parrocchie sono pronte ad accogliere bambini e ragazzi. Con una programmazione che tradizionalmente si concentrava fra giugno e luglio (e anche in agosto per alcuni campi estivi), ora è proiettata sui due mesi più caldi, ma scalda i motori per una partenza più vicina, con un occhio alle linee operative regionali, che potrebbero essere prontamente aggiornate in base all’andamento epidemiologico. I numeri, saranno per forza di cose ridotti. Forse per ciascuna realtà, significherà non arrivare nemmeno alla metà degli ingressi del passato. Ma va bene così, se l’alternativa è tirarsi indietro. «Le normative sulla sicurezza impongono una forma diversa ma senza perdere la propria essenza – conclude don Davide –. Del resto lo Spirito continua a parlare e trovare nuove forme di attivazione. La cura dei ragazzi e la passione per l’educazione valgono tanto quanto l’aspetto economico o quello sanitario». Insomma, le ristrettezze normative si possono affrontare se c’è una passione forte. E pure un margine di rischio, quello implicito in tutte le forme di relazione, si può prendere. È l’aspetto missionario di quella Chiesa «da campo» che non sarà perfetta, ma c’è. Che sarà pure «sgangherata», ma che si muove. Cum grano salis. Anche perché, e non è l’ultima delle preoccupazioni per le amministrazioni in questo momento, le attività estive potranno essere un metro di valutazione per la riapertura delle scuole di settembre. (di Annalisa Guglielmino)
Brescia, adolescenti "Faccia a faccia" per otto settimane. Via il 15 giugno, rispettando «le regole del gioco»
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Ci sono gli adolescenti al centro della proposta estiva presentata giovedì scorso in diretta YouTube dal Centro oratori bresciani e dal vescovo Pierantonio Tremolada che ha chiesto ai sacerdoti di non «tirarsi indietro perché i ragazzi hanno bisogno del nostro aiuto». Oltre al progetto “Summerlife” condiviso tra tutti gli oratori lombardi, la diocesi di Brescia ha ideato “Faccia a faccia. L’eccezione diventa la regola”, una proposta tematica ispirata alla vita di San Paolo e dedicata ai ragazzi tra i 14 e 17 anni. Il percorso consiste in una serie di schede tematiche messe a disposizione delle parrocchie per organizzare esperienze da vivere in presenza per un massimo di otto settimane. «Con gli adolescenti – spiega don Giovanni Milesi, direttore del Centro oratori bresciani – la sfida è il coinvolgimento: da nessuna parte se ne sente parlare, invece è importante vivere qualcosa di bello con loro. Stiamo pensando a un progetto per l’estate per i giovani con più di 18 anni: vogliamo rendere protagonisti della proposta quelli che già ci sono vicini ma anche incontrare coloro che sono lontani dalla Chiesa». Il vescovo Tremolada ha esortato le parrocchie a non lasciare i bambini soli e a trasformare le limitazioni in occasioni belle, collaborando con il territorio e frequentando i dintorni di ogni paese. «Nel nostro territorio – dice don Milesi – ci sono sentieri, santuari, associazioni e persone da scoprire: quest’estate le città hanno l’occasione di diventare un grande parco educativo per i ragazzi divisi in piccoli gruppi». Per aiutare sacerdoti ed educatori nella parte organizzativa la diocesi insieme all’Ats sta preparando materiale per la formazione in tema di norme igieniche; il Csi di zona ha rilanciato i giochi anti–Covid formulati nell’ambito del progetto nazionale “Safe sport”. «Alcune parrocchie – conclude don Milesi – sono pronte per cominciare le attività il 15 giugno; altre si stanno attrezzando. Dappertutto sta venendo fuori tanta creatività per stare vicino ai ragazzi nel rispetto delle nuove regole del gioco».
(di Ilaria Beretta)
A Gorizia il giardino dell’arcivescovo si trasforma in campo estivo
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Vivere l’oratorio estivo nel giardino di casa del vescovo Redaelli? A Gorizia, dove a fine giugno partirà l’“Estate Insieme 2020” e proseguirà fino alla fine di luglio, si può. «L’idea è nata dal dialogo con il nostro vescovo Carlo – racconta don Nicola Ban, responsabile della pastorale giovanile locale – che ha dato la disponibilità ad accogliere alcuni gruppi, in particolare quelli delle medie, nel giardino di casa sua, in arcivescovado. Speriamo che il tempo sia bello per poterlo utilizzare al meglio».
L’iniziativa, che le Unità Pastorali di S. Giuseppe–Ss. Vito e Modesto–S. Pio X e di Ss. Ilario e Taziano–S. Ignazio–S. Rocco–S. Anna con la collaborazione di tutte le parrocchie della città hanno avviato – non senza difficoltà a causa delle disposizioni molto stringenti da rispettare per il contenimento del contagio da Coronavirus – saranno proposte per microgruppi stabili composti dagli animatori più 7 bambini o 10 ragazzi: «Questa situazione ovviamente trasforma radicalmente il nostro modo di operare, ma può essere un’occasione per imparare a prendersi cura di un gruppo più piccolo e quindi accettiamo la sfida».
Le manifestazioni di interesse – raccolte attraverso un sondaggio dal sito www.gopagio.org dove è possibile trovare tutte le informazioni – stanno continuando ad arrivare e «più che una richiesta di custodia, ci pare vi sia l’esigenza di una proposta educativa». Al momento circa 200 le richieste, di cui ben 90 per i ragazzi delle medie: «Questa fascia d’età sarebbe già autonoma per stare a casa, ma per le famiglie è importante che i loro figli possano vivere un tempo di relazione invece che stare ore e ore attaccati al computer o al telefono. Un bel segno». Filo conduttore delle settimane estive sarà la “Santità nel quotidiano” declinata attraverso le parabole per i bambini delle elementari e attraverso il tema dell’amicizia per i più grandi. «Sono arrivate anche 60 pre–adesioni per il mese di agosto – conclude don Nicola – ma se le cose miglioreranno e ci sarà consentito, punteremo ai campiscuola». (di Luisa Pozzar)
Zona cuscinetto e "isole" per le attività ludiche. Così decolla il progetto diocesano «20 di futuro»
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A Prato sta per decollare “20 di futuro”, il progetto diocesano per l’estate ragazzi, elaborato da un gruppo di lavoro coordinato dal vescovo Giovanni Nerbini, che coniuga indissolubilmente la dimensione educativa con gli aspetti della logistica e soprattutto della sicurezza. «Abbiamo costituito una cabina di regia a livello centrale per tutte le esigenze legate ai dispositivi personali e alle sanificazioni», spiega Gabriele Bresci, segretario della Curia. Sono stati acquistati gel igienizzanti, mascherine, guanti e prodotti per la pulizia dei locali che saranno ora distribuiti ai 15 oratori e parrocchie coinvolti: «In questo modo – rileva – abbattiamo i costi e abbiamo il controllo sulla certificazione dei dispositivi che vengono utilizzati». Non solo: l’equipe di coordinamento ha previsto, in collaborazione con la Misericordia locale, un triage sanitario molto accurato. «Tutte le mattine, due volontari formati si troveranno all’esterno di ciascuna delle strutture per la misurazione della temperatura dei bambini, degli animatori e degli altri autorizzati: con il “semaforo verde” si guadagna l’accesso, quello “rosso” invece non consente l’ingresso e dà il via a controlli più approfonditi», racconta Bresci ricordando che saranno gli stessi operatori sanitari a fornire ad ogni bimbo il kit composto da liquido igienizzante, guanti, mascherina e borraccia di alluminio.
Ogni parrocchia poi, evidenzia il segretario di Curia, «è tenuta a compilare una lista delle persone che, oltre agli educatori, potrebbero avere necessità di entrare, dal personale che si occupa delle pulizie ai fornitori, e solo a quelle sarà consentito l’accesso». Tutti gli adulti, aggiunge, «saranno sottoposti a test sierologico». Se all’esterno si creerà dunque una zona cuscinetto che farà da filtro, all’interno «i bambini saranno divisi in gruppetti, anzi in “isole”, dove si faranno attività e giochi che non prevedono il contatto fisico, e dove sarà possibile anche mangiare i pranzi monoporzione confezionati da catering esterni o preparati da personale con attestazione Haccp» (di Stefania Careddu).