«Icattolici di Georgia vedono nella visita del Papa un abbraccio della Chiesa universale a questa terra dove talvolta si ha l’impressione di sentirsi soli». Così monsignor Giuseppe Pasotto, vescovo di Tbilisi e amministratore apostolico per il Caucaso dei cattolici di rito latino, racconta l’aspettativa del Paese, dove vive la sua missione da vent’anni, per l’arrivo oggi di Francesco nella capitale georgiana. I cattolici in Georgia sono l’1% della popolazione, vale a dire circa 40mila persone.
Appartengono a tre riti diversi: latino, armeno e assirocaldeo. Gli ortodossi sono l’85% della popolazione. La Chiesa apostolica autocefala georgiana è guidata dal 1977 da Elia II. I musulmani sono circa l’11%. «La realtà ecclesiale cattolica è stata sempre una presenza piccola ma significativa – sottolinea il vescovo Pasotto – nella vita di questo popolo».
Dopo il periodo comunista e il raggiungimento dell’indipendenza nel 1991, tutto è cambiato e si sono aperte strade nuove sia a livello politico, sia religioso. «Non c’erano quasi più preti, la comunità cattolica è come se si fosse salvata con la preghiera del Rosario, l’unico segno a essere stato coltivato e vissuto dalle persone anche durante il regime sovietico.
A Tbilisi, in quegli anni, c’era un unico sacerdote, proveniente dalla Bielorussia, che è stato capace di tenere aperta la chiesa, assieme a due suore che lavoravano in fabbrica, in abiti civili: di notte si tenevano le catechesi e i momenti di preghiera. E chi vi partecipava sapeva di mettere a rischio la propria vita» racconta l’amministratore apostolico per il Caucaso. «Si può dire, quindi, che la Chiesa ortodossa georgiana, durante il periodo sovietico, non vedesse come antagonista la Chiesa cattolica, anch’essa discriminata dal regime comunista: al contrario, esisteva tra le due Chiese un legame di fiducia. Alcuni problemi sono sorti dopo, quando c’è stata l’indipendenza del Paese e più avanti ancora quando la Chiesa ortodossa ha assunto la posizione principale nella società».
Il tema delle proprietà delle Chiese e non solo. Nel cammino ecumenico ci sono ancora difficoltà. «La Chiesa ortodossa georgiana non riconosce il nostro Battesimo, non riconosce il matrimonio tra cattolici e ortodossi. Da questo nascono tanti problemi: la nostra fatica attuale è che su certi temi non riusciamo a ritrovarci e a discuterne assieme. Abbiamo la libertà di muoverci nel servizio, questo sì. Ma la diversità, talvolta, viene ancora vista come un pericolo e non come runa icchezza: ecco perché il nostro compito – prosegue l’amministratore apostolico per il Caucaso – è quello di continuare a creare dei ponti di comunione».
Quindi un rimando all’arrivo del Pontefice. «A me piacerebbe – conclude Pasotto – che papa Francesco sentisse che siamo una Chiesa di minoranza e come tali, non avendo nulla da difendere, siamo in un certo senso più liberi di andare all’essenziale della nostra fede e di annunciare il Vangelo con gioia, pur con le fatiche di essere piccoli ». In questo senso il Papa «ci dirà: questa è la strada che Dio vi ha indicato. Non abbiate dubbi» sulla necessità di mettere insieme i contenuti della fede con la giustizia e collaborare con i fratelli ortodossi per creare una società più giusta.