martedì 1 aprile 2025
Moltissimi i temi affrontati nei lavori di gruppo. Al centro un confronto vero sulle 50 Proposizioni frutto del cammino compiuto. L'arcivescovo Castellucci: proposti emendamenti e integrazioni
L'Assemblea sinodale in corso a Roma

L'Assemblea sinodale in corso a Roma - Siciliani

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«Che ascolti il suo popolo, che crei sinergia tra percorso spirituale e temi concreti, che integri i giovani nella comunità cristiana»: sono i tre auspici per il futuro della Chiesa che ci suggerisce Cristina Galligani, 33 anni, insegnante di religione di Albiano Magra, una piccola frazione in provincia di Massa-Carrara. Cristina è solo una dei 761 delegati, arrivati da tutta la penisola a Roma per la Seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia. Sono qui, ognuno con il proprio bagaglio di convinzioni ed esperienze che non sempre coincidono in quello che, come ha sottolineato il presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale l’arcivescovo Erio Castellucci, è stato un dibattito vivace, tanto che «la gran parte degli interventi ha proposto emendamenti, cancellazioni e integrazioni alle Proposizioni». Ciò che accomuna tutti i partecipanti, però, è la felicità di gustare la bellezza di camminare insieme verso il domani.
I partecipanti rappresentano 219 delle 226 diocesi italiane. Tra loro ci sono 442 laici che come Cristina hanno intrapreso il Cammino sinodale almeno dal 2021, quando si è aperto ufficialmente proprio con lo scopo di prestare orecchio a «ciò che lo Spirito dice alle Chiese», per dare a tutti i cattolici la possibilità di portare il proprio contributo nei percorsi di fede e nella società. In questi anni sono state raccolte suggestioni, idee e aspettative, ma tutti i delegati sanno bene che ora è giunto il momento di trarne una sintesi sotto forma di proposte e indicazioni concrete da consegnare al Consiglio episcopale permanente e all’80ª Assemblea generale della Cei, nonché alle generazioni future. Così sperano tutti di dare umilmente il proprio contributo, ma senza pretese. «Per esempio, in questi anni nella mia parrocchia abbiamo lavorato proprio sulla corresponsabilità tra comunità e sacerdoti, per ascoltare meglio i bisogni delle persone, permettere anche alle comunità più remote di dire la propria idea sul Cammino sinodale», spiega ancora l’insegnante di religione, che per la Chiesa del futuro si augura una collaborazione tra tutte le parti, «coinvolgendo i giovani e le donne, le quali hanno un ruolo importante nell’iniziazione cristiana». Un’iniziazione che vorrebbe sempre più legata alla vita vera: «Nella nostra diocesi abbiamo provato a calare l’evangelizzazione su temi concreti come la disabilità per esempio». Questa integrazione tra spirituale e problematiche quotidiane o di attualità è un tema ricorrente negli interventi dei delegati che abbiamo raccolto. «Durante questo percorso in diocesi abbiamo affrontato i pilastri della Dottrina della Chiesa, ma parlando di attualità, di matrimoni, di fine vita... Abbiamo approfondito anche i linguaggi, domandandoci come rinnovarli per essere vicino ai giovani, ma non solo», racconta invece Maria Chiara Galli, 26enne di Modena, social media manager ed educatrice. Con il loro vescovo i ragazzi della sua diocesi hanno potuto discutere non solo di temi legati alla fede, ma di «aspetti di vita, lavoro, scuola, sport, affrontati proprio in maniera sinodale». E nella riflessione sulla Chiesa del futuro Maria Chiara aggiunge un pezzo: «Che sia per tutti, sempre più attenta agli ultimi, prossima ai giovani, che ci aiuti a dare i nomi giusti alle cose che succedono, ad affrontare la paura del “per sempre”». Trovare le parole giuste per trasmettere “la parola”: può sembrare un gioco di parole, appunto, ma è una delle urgenze più sentite tra i ragazzi che partecipano all’Assemblea. Come Matteo Spadini – 21enne di Arezzo e studente di lettere – che in questi anni di cammino ha riflettuto soprattutto sul linguaggio e ora spera che si riscopra il valore della “misericordia” a partire dalla sua etimologia: «Vuol dire prendersi cura del cuore. Oggi siamo sempre connessi, facciamo una vita frenetica, spesso dimenticandoci dell’ascolto di noi stessi e del prossimo. Ma credo che partendo dalla misericordia tutto il resto verrà da sé. È una parola centrale secondo me per il presente, ma è anche quello che penso mi abbia insegnato il Vangelo e Gesù attraverso il suo atteggiamento nei confronti delle persone». Dal suo punto di osservazione da 21enne, a Matteo capita di vedere coetanei che «si perdono in cose vane, sprecano la loro unicità». Tutta bellezza sprecata, appunto, che si augura abbia sempre più voce nella Chiesa di domani, senza dimenticare però le famiglie, gli anziani, la società tutta. Di famiglia ci parla anche Chiara Gabrieli, 46 anni, vicedirettrice dell’ufficio migranti alla diocesi di Brescia, sposata e madre di due figli. «Tra i momenti più rilevanti e inaspettati di questo percorso, ricordo quando abbiamo lavorato sul tema delle famiglie “ferite” e delle persone Lgbt, interrogandoci su quale era il corretto vocabolario in alternativa a “ferite”, su come la Chiesa può aiutarle, riconoscerle, ascoltare le loro fragilità e coinvolgerle nella vita della parrocchia». Durante il cammino, Chiara si è impegnata anche sul tema dell’intercultura e di nuovo il lavoro è partito da alcune domande: «Come coinvolgiamo il migrante con tutte le ricchezze che ha da donare come persona, in una comunità cristiana e nella parrocchia? Ormai ci sono anche tanti ragazzi con background migratorio che meritano la nostra attenzione». Dopo tutte le ore, i giorni, gli anni di lavoro insieme, Chiara, come tutti i laici che abbiamo ascoltato, ha molta fiducia nei frutti che arriveranno, consapevole dell’impegno comune e del fatto che bisognerà essere «aperti al cambiamento e quindi propensi a compiere il passo».
Grazie al percorso fatto fin qui «si stanno aprendo delle piccole vie, con la speranza che diventino strade, autostrade», ci spiega infine Adriana Valerio, 72enne di Napoli, storica e teologa. Un esempio? «Nella nostra diocesi abbiamo attivato una serie di iniziative per dare maggiore visibilità e parola alle donne», aggiunge. È stata una scommessa, che ha portato con sé anche importanti novità: le donne sono state coinvolte nel Consiglio pastorale dei laici, «è stata creata una “sororità” tra 7 diocesi». È così, un passo dopo l’altro, che nel domani possiamo intravedere possibilità fino a poco tempo fa inimmaginabili, come «donne e uomini che insieme collaborano, insieme guidano la Chiesa», conclude. Ma questo è solo uno dei tanti esempi di trasformazione all’interno del cammino compiuto condividendo tutta la fatica di arrivare alla meta.

Un cantiere in fermento. Nella seconda giornata di lavori della Seconda Assemblea sinodale della Chiesa italiana i delegati si sono confrontati in «un ampio e vivace dibattito, con moltissime richieste di modifiche al testo» delle proposizioni, «il 95% degli intervenuti». Testo che fino a oggi passerà al vaglio dei 30 gruppi di lavoro «per proporre emendamenti, integrazioni e cancellazioni». Monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi e presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, sintetizza in questo modo la mattinata di lavori con cui ieri si è iniziato a dare vita alla nuova versione delle 50 Proposizioni, che verrà inviata ai vescovi per la formulazione del documento finale nella prossima Assemblea della Cei di maggio.
Il nuovo testo delle Proposizioni – ha spiegato Castellucci nel briefing con la stampa – dovrebbe essere votato dall’assemblea giovedì, a conclusione dei lavori, e poi diffuso, con i rispettivi voti. «Il metodo è inedito», ha confermato il presidente del Cammino sinodale, «ma non siamo in alto mare: tutti questi quattro anni di cammino sinodale sono trascorsi tra alti e bassi. Ci sentiamo al largo, come dice Gesù, cioè sentiamo di navigare in acque non troppo esplorate, e per questo confidiamo nel vento dello Spirito Santo».
Nelle due sessioni di lavoro di ieri ci sono stati 80 interventi nella prima sessione, di cui 28 pronunciati e il resto consegnati per iscritto, e 75 interventi nella seconda sessione, di cui 23 pronunciati. E questo a sintesi delle posizioni dei molti partecipanti - 1.008 persone - tra cui 168 vescovi, 7 cardinali, 252 sacerdoti, 34 religiosi, 17 diaconi e 530 laici (di cui 253 uomini e 277 donne).
«Non c’è nessun documento nel cassetto, scritto e nascosto», ha assicurato monsignor Valentino Bulgarelli, segretario del Comitato nazionale del Cammino sinodale, aggiungendo che «si sta cercando di scrivere un testo insieme, ed è la prima volta in Italia che si lavora in questa maniera sinodale».
«Convergenza» perciò sembra essere, per don Gianluca Marchetti, sottosegretario della Cei, la parola d’ordine da tenere presente per le due mezze giornate dei lavori di gruppo, in cui occorre «individuare gli elementi di priorità» su cui sta confluendo il cammino sinodale. La Chiesa – ha ricordato – «non è un Parlamento: stiamo lavorando per trovare convergenze. Le Proposizioni non sono il punto finale, ma ognuna di esse è come una finestra che si apre su un panorama».

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