«Il Sinodo dovrebbe riflettere seriamente sulla possibilità di permettere il diaconato femminile, perché aprirebbe la strada a maggiori opportunità per le donne nella vita della Chiesa. Dove possibile, a donne qualificate dovrebbero essere assegnate posizioni e autorità decisionali nelle strutture ecclesiastiche». L’uscita, qualche giorno fa, dell’arcivescovo canadese Paul-André Durocher aveva suscitato tra i padri sinodali un entusiasmo inversamente proporzionale rispetto a quello mediatico. Nessuna reazione, né per condividere né per stigmatizzare. Questo non vuol dire che non sia parlato della condizione della donna nella Chiesa, anzi. Anche perché al tema è dedicato un ampio passo dell’
Instrumentum laboris. Solo che l’idea di replicare per le donne modelli ecclesiali maschili – è stato fatto notare, pur senza alcun riferimento all’ipotesi Durocher – non appare convincente. Più consensi, almeno a livello informale, sulla proposta di aprire le porte al genio femminile nell’ambito della formazione. E di farlo con più coraggio. Anche nei Seminari – è stato detto – potrebbe essere utile poter contare sulla presenza di esperte qualificate nelle équipe educative. Psicologhe o pedagogiste, ma anche teologhe, potrebbero avere la funzione preziosa di umanizzare ambienti spesso contrassegnati da una monolitica presenza maschile. Perché la bellezza della reciprocità può diventare una risorsa anche per i futuri sacerdoti.