Il Papa con i seminaristi degli Incontri estivi - Vatican Media
«Gridano forte questi seminaristi!»: ha riso di gusto papa Francesco incontrando a margine dell’udienza generale prima della partenza per l’Estremo Oriente e l’Oceania un gruppo di 25 seminaristi provenienti da 13 diocesi di tutta Italia che hanno solennizzato con il Santo Padre il loro Incontro estivo presso la Casa Divin Maestro di Ariccia. Prima della foto di gruppo Francesco gli ha poi raccomandato «di continuare la formazione nutrendosi della Parola di Dio e del Pane di vita».
L’Incontro estivo per Seminaristi, giunto alla trentunesima edizione, propone ogni anno un percorso che alterna momenti formativi e conferenze con occasioni di riflessione e preghiera e visite a luoghi significativi di Roma. L’iniziativa di riflessione, spiritualità, cultura e condivisione è promossa da Ics (Incontri culturali sacerdotali), un’équipe di sacerdoti della Prelatura dell’Opus Dei che, insieme a sacerdoti diocesani di varie città d’Italia, vuole offrire ai seminaristi occasioni di approfondimento e condivisione con altri seminaristi e sacerdoti.
Al centro della riflessione quest’anno “Vocazione presbiterale e vocazione battesimale. Diversità e collaborazione in un’unica Chiesa” per approfondire il rapporto tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale nella missione che attende i sacerdoti del nostro tempo, chiamati a incarnare il cuore sacerdotale con uno spirito non clericale, in corresponsabilità con i laici.
Don Miguel De Salis, docente di Ecclesiologia presso la Pontificia università della Santa Croce, partendo da un percorso storico del rapporto tra Chiesa e società civile, ha aiutato i seminaristi a mettere a fuoco il rapporto tra sacerdozio comune di tutti i battezzati e chiamata universale alla santità, spiegando che non si può rinchiudere il nocciolo di carità che il battesimo deposita in noi nelle limitate categorie dell’appartenenza sociologica alla Chiesa. Il battesimo è un seme e nella vita di ognuno di noi càpita che si attivi in modo speciale in un momento preciso: è la vocazione specifica che scopriamo lungo il nostro cammino.
Monsignor Stefano Manetti, vescovo di Fiesole e presidente della Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata, ha invece meditato su vocazione e spiritualità specifica del presbitero: «Rinnegare sé stessi – ha detto – significa decidere di dichiarare guerra all’amor proprio egoistico». Ogni vocazione, secondo Manetti, ha questo fondo di vittoria sul nostro io per vivere in Cristo, nel sacerdozio come nel matrimonio: le modalità sono diverse, ma la donazione di sé è la stessa.
A monsignor Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, è spettato il compito di ragionare sulla sinodalità come chiave che la Chiesa va riscoprendo guidata dal magistero del Papa, percorso per evitare i rischi del clericalismo e del paternalismo e procedere nel cammino in una collaborazione che è comunione e fraternità, basato sulla capacità di ascolto reciproco. «Nel riflettere sulla nostra esperienza di Chiesa – ha detto Migliavacca – chiediamoci soprattutto cosa ci ha toccato, cosa è stato capace di cambiarci e di lasciarci una traccia». Così si fa esperienza di ascolto dello Spirito, che sempre ci chiede di lasciarci guidare ma lasciandoci liberi.
Significativa la visita di monsignor Vincenzo Viva, vescovo di Albano, che ha voluto salutare di persona i seminaristi, per i quali l’Incontro prevedeva – come sempre – momenti di celebrazione e preghiera in luoghi chiave della Città degli Apostoli, come la basilica di San Giovanni in Laterano e quella di Santa Maria in Trastevere, per concludere – come da tradizione – con una concelebrazione sulla tomba dell’apostolo Pietro e l'abbraccio col Papa.
Foto di gruppo del Papa con i seminaristi da tutta Italia - Vatican Media
Un altro punto qualificante dell’Incontro estivo è di saper creare l’occasione per nuovi rapporti di amicizia e di scambio di esperienze a partire dai contesti ecclesiali di ciascuno e dalla propria esperienza di formazione. In questa chiave, importante la tavola rotonda guidata da don Salvatore Cubito, rettore del Seminario di Catania, don Antonio Scigliuzzo, vicerettore del Pontificio Collegio Leoniano, e don Antonio Zàccara, vicerettore del Seminario interdiocesano di Basilicata.
L’esperienza per i giovani è anche un'opportunità per raccontarsi in un clima fraterno e gioioso, che rende facile lasciar emergere con semplicità la bellezza di tante storie di vocazione. Come quella di Ciro: «Lavoravo in una fabbrica di gelati ed ero fidanzato. La mia vita sembrava perfetta, eppure mi mancava qualcosa. È stato durante la pandemia che il Signore ha riacceso un seme depositato molti anni prima, e adesso eccomi qua». Shan, che viene da un piccolo villaggio del Pakistan e svolge i suoi studi in un collegio ecclesiastico di Roma, ha parlato dell’humus dove è sbocciato il suo cammino, in un Paese dove spesso è difficile per i cristiani vivere la fede: «Nel mio villaggio c’erano solo tre famiglie cattoliche e il sacerdote riusciva a venire solo raramente, ma ogni giorno ci incontravamo per pregare insieme». Anche la storia di Leonardo, che viene dal Venezuela ma svolge il cammino formativo nel nostro Paese, è legata al tempo della pandemia, quando ha capito attraverso l’esperienza della solitudine e di alcuni incontri fraterni, che la sua vita poteva prendere una piega diversa: «E io, che prima facevo il cantante, sono entrato in seminario».