Ora che la data del Conclave è uscita dall’Aula nuova del Sinodo, e la pressione sui cardinali finalmente si allenta (almeno per qualche giorno), la prospettiva dell’ingresso dei 115 elettori nella Cappella Sistina martedì pomeriggio sposta l’attenzione sulla dinamica della scelta del nuovo Papa e dunque sulla formazione del consenso attorno alla sua figura. Lo sguardo del credente sa che occorre andare oltre la cortina fumogena dei teoremi che costruiscono cordate, alleanze e candidature in contrasto tra loro. E se è ovvio che nel Collegio cardinalizio ci sia anche qualche diversità di vedute e dunque sulle mani a cui affidare il futuro della Chiesa, il discutibile pronostico che in Conclave si stia per disputare una battaglia tra “curiali” e ”resto del mondo” – che nella narrazione informativa ha rimpiazzato il logoro confronto tra “progressisti” e “conservatori” – è destinato a portare fuori strada.Stiamo ai fatti: è evidente che i cardinali hanno riflettuto con grande impegno e responsabilità sulle questioni aperte da questa inaspettata svolta impressa nella storia della Chiesa dall’annuncio di Benedetto XVI. Hanno fissato la data per iniziare il Conclave quando hanno ritenuto di poter cominciare a votare disponendo di un quadro sufficientemente chiaro. Sono di certo ben consapevoli che proprio le circostanze del tutto imprevedibili che li hanno portati a Roma costituiscono un segnale da cogliere e decifrare, lavorando, riflettendo e pregando come un’anima sola. E si dispongono a vedere ciò che si mostrerà dentro la loro coscienza. Nella quale il silenzio, il dialogo, l’ascolto e la conoscenza reciproca stanno creando spazio al nome che verrà.