Genova, 21 maggio: proteste contro la nave arrivata per caricare i generatori destinati alla Guardia Nazionale saudita
Le proteste delle associazioni e l'annunciato sciopero dei portuali della Filt Cgil anche stavolta hanno fermato l'imbarco previsto per giovedì 21 a Genova sul cargo saudita, la Bahri Jazan, dei gruppi elettrogeni prodotti in Italia dalla Teknel e destinati a centri di telecomunicazioni per operazioni miliari aeree e terrestri. Era già successo il 21 maggio, quando la mobilitazione dei "camalli" aveva anche allora impedito ad un'altra nave saudita, Bahri Yanbu, il 21 maggio scorso, di caricare attrezzature per le comunicazioni militari nel conflitto contro lo Yemen.
Anche se non si tratta di armamenti, i generatori sono comunque macchinari dual use, a doppio uso, con specifiche militari: per la loro esportazione infatti la Teknel di Roma aveva chiesto le autorizzazioni all’Uama, l’autorità competente per l’export bellico del ministero degli Esteri. A lanciare l’allarme era stato un gruppo di ong (Amnesty Italia, Comitato riconversione RWM, Focolari, Rete della Pace, Rete Italiana Disarmo, Oxfam Italia).
«Si tratta di 4 gruppi elettrogeni su rimorchio - spiegano le organizzazioni - dotati di palo telescopico del tipo TK 13046 per alimentare centri di telecomunicazione, comando e controllo per operazioni aeree e terrestre». I quattro generatori sono parte di un ordine di ben diciotto gruppi elettrogeni per un valore complessivo di oltre 7,8 milioni di euro. Le organizzazioni pacifiste hanno rinnovato l’appello al Governo di «sospendere l’invio di ogni tipo di materiali d’armamento alla coalizione capeggiata dall’Arabia Saudita» che in Yemen sta operando «bombardamenti che gli esperti Onu hanno definito "crimini di guerra"».
Un analogo appello è arrivato poi da un altro gruppo di associazioni genovesi: «Non vogliamo che la città sia complice di morte e il nostro grido è oggi ancora più alto, forti e orgogliosi per la scelta che il Consiglio Regionale della Liguria (il 21 maggio) e il Consiglio Comunale di Genova (il 4 giugno) hanno fatto all’unanimità di chiedere ed impegnare il Parlamento ed il Governo affinché siano condannate le violenze della guerra in Yemen e sia rispettato il divieto di esportazione e transito delle armi e del materiale bellico destinato a quel conflitto e qualunque conflitto. Ci spinge a levare la nostra protesta anche il richiamo del Papa che, solo qualche giorno fa, il 10 giugno, ha denunciato l’ipocrisia di un’Europa che chiude i porti alle persone e li lascia aperti alle armi».
I firmatari sono ACLI Savona, AGESCI Liguria, Arena Petri, ARS Avvocati in Rete per il Sociale, Associazione La Piuma Onlus, Azione Cattolica Italiana Diocesi di Genova, Caritas Diocesana di Genova, Centro Banchi, CIF - Centro Italiano Femminile Liguria, Circolo ACLI Achille Grandi di Genova, Circolo Culturale Aldo Moro, Cittadini sostenibili, Comunità San Benedetto al Porto, CVX Genova, FOCL, Fondazione Auxilium, Il nodo sulle ali del mondo, Libera – Genova, Liberi/e Forti, MASCI Liguria, MEIC Genova, Movimento Politico per l'unità - Liguria, Movimento Rinascita Cristiana, Movimento Umanità Nuova - Liguria, Noi Siamo Chiesa Genova, Opera Salesiana Don Bosco Sampierdarena, Poliedri, Società di San Vincenzo de Paoli - Consiglio Centrale di Genova, Supernova, Tavolo Giustizia e Solidarietà.
La merce lascerà comunque Genova e «verrà inviata via terra ad altra destinazione». Le ong vigileranno perché non sia solo di uno spostamento su altri porti, come La Spezia o Livorno.
La nave saudita Bahri Jazan, attesa stamattina al porto di Genova, non caricherà «gli otto generatori destinati al porto di Jeddah» informano i sindacati, a seguito della comunicazione dell’Agenzia Marittima che conferma l’intenzione di non ordinare l’imbarco. I gruppi elettrogeni sarebbero destinati a centri di telecomunicazioni per operazioni militari di aria e di terra. L’Arabia Saudita è in guerra contro lo Yemen. L’ultimo appello era arrivato da Caritas, Acli, Agesci, Azione Cattolica, in tutto una trentina di sigle. «Come già per la Bahri Yanbu il 20 maggio, chiediamo con forza che le Autorità locali impediscano l’attracco della nave in porto ed evitare, così, un atto ingiusto che violerebbe la Costituzione, i trattati internazionali e le nostre leggi» spiegano. Le associazioni ricordando «il richiamo del Papa che il 10 giugno ha denunciato l’ipocrisia di un’Europa che chiude i porti alle persone e li lascia aperti alle armi». e l'annunciato sciopero dei portuali della Filt Cgil