martedì 29 luglio 2014
Dal primo agosto stop alle pubblicazioni. Il commento del Cdr: "Fine della corsa. Dopo tre mesi di lotta, ci sono riusciti: hanno ucciso l'Unità»
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​Niente investitori per salvare la storica testata l’Unità, e il quotidiano fondato 90 anni fa da Antonio Gramsci ferma le pubblicazioni dal 1° agosto. Una notizia attesa, per i conti in profondo rosso, ma che si è cercato di scongiurare fino all’ultimo, anche pensando a un intervento del partito di riferimento, che al Pd però hanno sempre escluso.Il tesoriere renziano Francesco Bonifazi, molto criticato dalla redazione, aveva cercato una via di uscita. E ora dichiara: «La situazione dell’Unità impone a tutti, Pd in testa, un sovrappiù di responsabilità. Di fronte a proposte che non garantivano una prospettiva editoriale e occupazionale certa è arrivato il momento della chiarezza. Sono indispensabili proposte  economico finanziarie ed editoriali capaci di garantire la prosecuzione della vita del quotidiano. E il Pd è impegnato al 100% per una conclusione positiva». In ballo è «non solo l’identità e il passato ma anche il futuro della sinistra».Amarezza e preoccupazione nelle parole del comunicato del comitato di redazione. «Fine della corsa – recita la nota del cdr – . Dopo tre mesi di lotta, ci sono riusciti: hanno ucciso l’Unità. I lavoratori sono rimasti soli a difendere una testata storica. Gli azionisti non hanno trovato l’intesa su diverse ipotesi che avrebbero comunque salvato il giornale. Un fatto di gravità inaudita, a rischio un’ottantina di posti. I lavoratori agiranno in tutte le sedi per difendere i propri diritti. Avevamo chiesto senso di responsabilità e trasparenza a tutti i soggetti, imprenditoriali e politici. Abbiamo ricevuto irresponsabilità e opacità. [...] Oggi è un giorno di lutto per la comunità dell’Unità, per i militanti delle feste, per i nostri lettori, per la democrazia. Noi continueremo a combattere guardandoci anche dal fuoco amico».Il riferimento è al Pd che non avrebbe fatto il possibile. «È sorprendente – dice il direttore Luca Landò – che il Pd non sia riuscito a trovare una soluzione: avrebbe almeno potuto appoggiare il progetto di Fago», socio di maggioranza della società Nie in liquidazione.Critica anche la sinistra Pd: «Grave la decisione dell’assemblea dei soci di fermare le pubblicazioni. È un danno pesante al pluralismo e al dibattito culturale», scrivono Cuperlo, D’Attorre e Fassina.
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