La distruzione ad Aleppo dopo i raid russi delle ultime ore - Ansa
Continuano gli scontri in Siria tra l'esercito regolare e i ribelli jihadisti filo-turchi che hanno lanciato un'offensiva nel nord del Paese. Dopo aver conquistato Aleppo, il suo aeroporto e decine di cittadine vicine, i combattenti guidati dal gruppo Hayat Tahrir al-Sham (Hts) sono entrati ad Hama. Qui le truppe siriane hanno rivendicato qualche successo: «Le unità delle nostre forze armate hanno rafforzato le linee difensive con ogni tipo di materiale e personale militare durante la notte, hanno affrontato le organizzazioni armate e hanno impedito qualsiasi avanzata». Secondo quanto riferito dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, miliziani pro-Ankara hanno spodestato le milizie curde dalla citta' strategica di Tal Rifaat, prendendone il controllo nell'ambito di un'offensiva parallela. Circa 200mila curdo-siriani sono «sotto assedio da parte di fazioni filo-turche» e le comunicazioni sono state interrotte nelle zone a maggioranza curda, facendo temere per possibili "massacri", ha aggiunto l'organizzazione.
Intanto, a Damasco il presidente Bashar al-Assad ha accolto il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, arrivato per ribadire il «forte sostegno» di Teheran nella lotta contro il terrorismo: le milizie sostenute dall'Iran, secondo fonti dell'esercito siriano, sarebbero entrate in Siria dall'Iraq durante la notte e si starebbero dirigendo verso il nord del Paese per dare manforte alle forze dell'esercito di Assad che combattono contro i ribelli che citano due fonti dell'esercito siriano. «Si tratta di nuovi rinforzi inviati per aiutare i nostri compagni in prima linea nel nord» ha dichiarato un'alta fonte dell'esercito.
Da parte sua, il leader siriano ha sottolineato «l'importanza del supporto degli alleati contro gli attacchi terroristici sostenuti dall'esterno». Ad aiutare Assad, c'e' la Russia che ha ripreso a bombardare Aleppo, come non succedeva dal 2016. Mosca ha fatto sapere che i suoi caccia stanno collaborando con l'esercito siriano per respingere i ribelli nelle province settentrionali di Idlib, Hama e Aleppo. Raid aerei siriani hanno preso di mira l'ospedale universitario della seconda citta' del Paese, facendo almeno dodici morti, altri otto civili sono stati uccisi in bombardamenti su Idlib, mentre jet russi hanno colpito il collegio francescano Terra Sancta di Aleppo, facendo gravi danni. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha lanciato un «appello a tutte le parti in conflitto in Siria perché sia tutelata la popolazione civile».
Il coraggio dei frati: «Non ce ne siamo mai andati e non lo faremo stavolta»
La voce di padre Bahajat Karakach arriva via WhatsApp serena, dopo le celebrazioni della prima domenica d'Avvento, il periodo liturgico che conduce al Natale, particolarmente sentito dai cristiani di tutto il mondo. Ma allo stesso tempo i messaggi sono rapidi: «Mi scuso ma siamo davvero molto impegnati in questa situazione» ha detto all'Ansa il superiore dei francescani, chiuso con i confratelli nel convento a causa del coprifuoco. «Già da ieri pomeriggio il movimento nelle strade era al minimo». Aleppo dunque è abbastanza deserta ma per motivi urgenti si può circolare. «Io sono dovuto uscire - racconta p. Bahajat, che è il delegato della Custodia di Terrasanta in Siria e parroco di rito latino ad Aleppo - per accompagnare una mia parrocchiana anziana all'ospedale, ho incontrato alcune persone che andavano a trovare i loro cari anziani, nessuno gli dava fastidio per le strade».
Il Collegio francescano Terra Sancta colpito da un attacco russo ad Aleppo - Ansa
Sui beni di prima necessità cominciano ad esserci i primi problemi: «Paradossalmente la corrente elettrica c'è per lunghe ore al giorno e durante la notte, però abbiamo un problema riguardo all'acqua perché comincia a scarseggiare. Ad ogni modo la città è ancora paralizzata perché i servizi pubblici e le istituzioni sono sospese». Il cibo ancora non manca ma si guarda di ora in ora a quello che potrebbe accadere: «Alcuni punti di distribuzione hanno fornito del pane alla gente. La nostra mensa per i poveri è rimasta sospesa ieri ed oggi perché non è ancora chiaro - spiega il francescano - come sarà possibile procurarci il gas da cucina senza il quale ovviamente non si può far nulla. Ciò nonostante il nostro panificio al Terra Santa College funziona e stiamo distribuendo pane alla gente». La situazione resta molto tesa e «alcuni spari e bombardamenti si sentono ogni tanto». Quello che però ha spinto la gente nelle prime ore di ieri alla fuga è il timore di ripiombare nei drammatici momenti di una delle guerre più lunghe e devastanti che il Medio Oriente ha vissuto nei tempi recenti. «La gente ha paura che Aleppo sia di nuovo uno scenario di una battaglia feroce. È questo che spinge molti a cercare di uscire dalla città, ma le notizie che arrivano dall'unica strada rimasta che collega la città al resto del Paese non sono per nulla rassicuranti: nel migliore dei casi il viaggio è lunghissimo, alcuni sono rimasti bloccati per più di 24 ore nel freddo del deserto in una strada completamente priva di servizi di ogni genere».
I frati francescani, che sono in queste terre da oltre otto secoli, quando lo stesso San Francesco istituì un presidio di confratelli in Terra Santa, non hanno mai lasciato né Aleppo né la Siria; non l'hanno fatto neanche negli anni più difficili dell'ultimo conflitto: «Noi pastori continuiamo a restare accanto al nostro popolo seminando la speranza che proviene dalla nostra fede, soprattutto in questo Avvento che è il tempo di speranza per eccellenza» dice senza esitazioni padre Bahajat.
La testimonianza del nunzio apostolico, il cardinale Zenari
«E chi lo sa, come sarà il Natale. Ricordo quello del 2016. Aleppo era distrutta, duecentomila profughi lasciavano la città sotto la pioggia e la neve. Pure ora la situazione si fa inquietante» le parole del cardinale Mario Zenari, 78 anni, nunzio apostolico a Damasco, che ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera. «Anche se i ribelli hanno rassicurato la popolazione che non faranno loro del male, c'è molta paura - afferma - In alcune zone di Aleppo proseguono le sparatorie, in tanti stanno facendo le valigie per andare altrove ma è pericoloso perché ci sono i cecchini, cadono missili, un monastero è stato quasi distrutto e i due francescani grazie a Dio stavano fuori, volano aerei, la gente è tra due fuochi. È chiaro che adesso c'è da attendersi la reazione delle forze governative assistite dalla Russia. I vescovi hanno cercato di rassicurare i fedeli. Pensi che pochi giorni fa erano tutti qui, a Damasco». «Stavo ad Aleppo una settimana fa e tutto era tranquillo, ho fatto la strada in un paio d'ore - racconta ancora - Poi c'è stata la riunione di vescovi a Damasco e quelli di Aleppo sono tornati prima, giovedì, perché avevano sentito che la strada non era più sicura e hanno deviato attraverso il deserto. Neanche loro, però, se lo aspettavano».
«Noi cristiani siamo ridotti ai minimi termini, i due terzi sono andati via, facciamo ciò che si può ma abbiamo di fronte i leoni e noi siamo agnelli - sottolinea - Qui abbiamo la bomba della povertà, due ore al giorno di elettricità, il disastro di infrastrutture, scuole e ospedali, la mancanza di medicine.
Soprattutto i giovani cercano di partire con ogni mezzo per aggiungere l'Europa, o il Canada, o l'Australia, l'esodo crescerà e pagheremo il conto tutti quanti».