mercoledì 14 novembre 2012
​La piccola Repubblica, un tempo isola felice grazie all’Iva più dolce, adesso deve fare i conti con una grave situazione economica. Abolite  le società anonime e maggior trasparenza.
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I Titani alle urne per decidere il loro futuro non imitano l’Italia. Quasi l’88% dei sammarinesi residenti si è recato domenica in cabina elettorale per esprimere la propria preferenza. Un dato che sommato a quello dei residenti all’estero (17,07%) fissa la percentuale dei votanti al 63,84%. Niente astensionismo, dunque, in questa tornata elettorale, e vittoria della stabilità: dalle urne arriva l’apprezzamento per la coalizione "Bene Comune", ovvero la coalizione che aveva governato il Paese durante la precedente legislatura (caduta dopo le dimissioni in estate di due ministri). Democrazia Cristiana, Alleanza Popolare con l’allargamento al Partito dei Socialisti e Democratici, hanno ottenuto il 51,12%, risultato che permette di non andare al ballottaggio. E, d’altra parte, era proprio questo il risultato che i sondaggisti locali davano per certo. Il Psd è anche il partito di riferimento con il 24%, seguito dalla Dc sammarinese (20,26). Buono il risultato di Cittadinanza Attiva (15,7%), mentre tra le liste civiche esulta la neonata Movimento rete capace di prendere il 6,2% delle preferenze. Sono state comunque elezioni record. Mai nella storia di San Marino si erano infatti viste undici liste, tre coalizioni, tre liste non coalizzate e quattro movimenti civici ambire al parlamento della piccola repubblica. Fatte tutte le somme, si erano schierati ai blocchi di partenza la bellezza di 374 candidati, espressione trasversale della società. Il compito che aspetta la coalizione vincente, nonostante il risultato elettorale, in realtà non è dei più semplici. Mai come ora i sammarinesi si sentono deboli, investiti da una crisi economica senza precedenti, con le banche sempre nell’occhio del ciclone e una politica incapace di governare e molto frammentata. La Repubblica più antica del mondo deve anche risolvere con l’Italia le continue "frizioni" riguardanti i frontalieri, i lavoratori italiani che salgono il Titano per lavorare con la doppia imposizione (tasse in Italia e tasse sul Titano) sempre al centro di feroci polemiche. In particolare, risale all’epoca dell’ex ministro Giulio Tremonti l’inasprimento dei rapporti Italia-San Marino, specie con le richieste – sul Titano considerate dei ditkat veri e propri – sullo scambio automatico d’informazioni in ambito finanziario. Negli ultimi tre anni rivendicano dal governo sammarinese, la Repubblica ha rivisto diverse normative per una maggiore e migliore collaborazione con gli Stati esteri, ha abolito le società anonime, ha dato la possibilità di accedere ai dati dei soci nel caso di quote sociali intestate a una fiduciaria. La collaborazione è stata avviata in particolar modo con l’Italia, con la Guardia di Finanza, per un monitoraggio più capillare dei traffici sospetti. Ed è proprio in quest’ottica che San Marino – un tempo isola felice per le aziende a causa dell’iva più dolce – pretende che il suo impegno sia riconosciuto dall’Italia, soprattutto nel difficile contesto dell’ultimo scudo fiscale per cui ha intensamente collaborato e con un’ingente uscita di capitali dalle sue banche.
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