Marco Rossi Doria - Imagoeconomica
«È necessaria chiarezza sul Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile». Marco Rossi Doria, presidente dell’Impresa sociale Con i Bambini, ente attuatore del Fondo, premette subito che la sua preoccupazione «non è legata a interventi già previsti, ma a quelli che dovremo fare nei prossimi anni. Il tema non è l’oggi o il domani. È il dopodomani. L’emergenza che abbiamo davanti infatti è strutturale e per questo servono risposte strutturali». Sul tavolo, ci sono gli 800 milioni garantiti negli ultimi otto anni dai vari governi ai progetti contro la dispersione scolastica, ai percorsi per adolescenti e minori, che coinvolgono in un gioco di squadra il mondo della scuola, il Terzo settore, le istituzioni, a partire dalle Fondazioni dell’Acri. «Di questa cifra, abbiamo già impegnato 550 milioni. Restano dunque ancora risorse da spendere e non ci sarà alcuna interruzione dei progetti in corso».
Cosa chiedete allora?
Garanzie di continuità nell’erogazione dei fondi, dopo il mancato rifinanziamento nella legge di bilancio. Direttamente, noi non abbiamo avuto alcuna interlocuzione con l’esecutivo, per questo ci ha lasciato perplessi che non venisse raccolta subito l’istanza del Fondo, per cui Acri e Fondazioni avevano ricevuto ampie rassicurazioni. Confidiamo però che il ripristino avvenga subito, vedremo poi se si tratta di tecnicalità da perfezionare o se ci sono altri problemi.
Qual è la posta in palio?
In Italia sono 1,3 milioni i bambini che vivono in povertà assoluta. Raggiungono i 2-3 milioni, se consideriamo anche i minori in povertà relativa. Quello della povertà educativa è un problema di massa e insieme un problema strategico. Per affrontarlo, occorre mettere insieme risorse pubbliche e private. In questi anni, grazie ai bandi di Con i Bambini, siamo riusciti a dare risposte a 500mila persone. Eppure dispersione scolastica e marginalità sociale restano fenomeni drammatici.
Domenica, incontrando a Caivano la comunità di don Maurizio Patriciello, il capo dello Stato ha parlato della necessità di «dare un futuro a questi ragazzi».
È vero, i ragazzi vanno ascoltati, soprattutto in una fase di grande incertezza esistenziale come questa. L’obiettivo è garantire servizi di prossimità, come stiamo facendo. Dico sempre che l’efficacia dei nostri progetti si misura su due cose, ora come ora: da un lato la riduzione del danno, dall’altro la possibilità di ricucire le ferite, ridando speranza. Sono compiti complessi, che richiedono continuità d’azione.
A che punto è la lotta contro gli abbandoni nelle classi?
Il problema della dispersione scolastica va ormai affrontato nella sua complessità. Non conta solo il valore assoluto di quanti lasciano la scuola. Gli ultimi dati Invalsi-Ocse Pisa spiegano bene che quando, sin da piccoli, si frequentano in modo irregolare le lezioni, il rischio di risultati non all’altezza è alto e questo non può che preoccuparci. In Italia più sei povero, meno impari.
Quali sono le priorità nelle periferie?
Stiamo lavorando com’è noto a un grande progetto. Si chiama “Organizziamo la speranza”, ed è fatto di concerto col viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci. Ci sono a disposizione 50 milioni di euro per affrontare l’emergenza educativa in 15 aree simbolo del Paese, come Caivano, dove fragilità e vulnerabilità sociale sono ai massimi. La sfida si potrà vincere se a essere coinvolta non sarà solo la scuola, ma tutta la comunità educante. La scuola deve poter fare alleanze con le parrocchie, con i centri sportivi, con le realtà del Terzo settore.
Dalla politica adesso cosa vi aspettate?
Abbiamo bisogno di un’azione politica che sia basata sul principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 118 della Costituzione. L’Italia resta un Paese con troppi chiaroscuri, in cui non mancano spinte alla conservazione. Ma siamo a un bivio, anche da un punto di vista culturale: le politiche centralistiche ispirate a canoni superati resistono, ma sta crescendo la capacità di operare in modo virtuoso tra pubblica amministrazione e società civile. Quest’ultima a mio parere resta la strada giusta, faticosa ma sempre più promettente.