Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella inginocchiato nella chiesa di Caivano - .
Da cittadini italiani siamo chiamati a osservare e onorare la Costituzione. Da cristiani la stella cometa che ci guida non può che essere il Vangelo. La nostra Italia, civile e democratica, ci chiede il minimo; la Chiesa, santa e cattolica, invece, ci sprona a non accontentarci di non fare male a nessuno, a pagare le tasse e osservare le regole, ma di impegnarci seriamente non solo per la promozione dell’uomo di ogni età e di ogni luogo, ma anche per la sua salvezza eterna.
Come ogni essere umano, anch’io, prete, sono soggetto a essere sopraffatto da dubbi e incertezze. E necessito di conferme. Non siamo monadi chiuse, mute, sorde, soddisfatte delle proprie piccole conquiste. Siamo una comunità di persone che ha bisogno di comunicare, protestare, ringraziare, scambiarsi notizie, aiuti, conquiste, informazioni. Sempre per il bene comune. Riguardo la fede la conferma che non mi sto allontanando dalla strada maestra mi viene dal mio vescovo e dal Papa. Conferme che in questi anni non sono mai mancate. Tutto deve essere concordato e realizzato in comunione con i successori degli apostoli. Da papa Francesco, grazie a Dio, non sono mai mancate parole di incoraggiamento tutte le volte che ho avuto l’occasione di poterlo incontrare. Un giorno, all’ora di pranzo, squilla il telefono: «Pronto? Sono Francesco». Nemmeno per un attimo pensai a uno scherzo. Poche parole. Essenziali. Ma bastano per rinvigorire in te la forza che magari stava segnando il passo. E riprendi a galoppare. Poche parole per ricordarti che non stai navigando a vista, non ti stai illudendo, non stai deviando dalla tua vocazione. Un prete ha bisogno di sapere di essere nel cuore della Chiesa. Senza la Chiesa sarei destinato a seccare alla stregua di un ramo staccato dal tronco. Senza la Chiesa mi mancherebbe il respiro. Ed ecco la voce del Papa che ti dice: «Stai sereno, tu sei nel cuore della Chiesa. Tu sei Chiesa. Continua, vai avanti, non ti scoraggiare». Un balsamo.
Vengono per tutti giorni bui, le tempeste non mancano, il male, che non vuol morire, recalcitra. La macchina del fango, sempre oleata e pronta all’uso, tenta di sporcare, inficiare, seminare sospetti, falciando vittime tra i più deboli. È stato sempre così. Una noia. La vita è una battaglia. Occorre combattere. Guai, però, a fare affidamento sulle tue sole forze. Guai ad abbandonare la preghiera. Siamo credenti ma anche cittadini italiani. E abbiamo il dovere – ai diritti, se lo riteniamo, possiamo anche rinunciare, ai doveri, mai – come ogni italiano, di lavorare per il bene comune. Ognuno, secondo le proprie capacità e i propri ruoli, deve dare il proprio contributo. La denuncia del male, in ogni sua forma, compete a tutti. Come a tutti compete il dovere di impegnarsi per il bene comune. Un giorno i nostri figli ci chiederanno: «Papà, mamma, dove stavate quando avveniva quello scempio? Partecipaste anche voi a quella manifestazione? Foste sempre dalla parte delle vittime?». Pensate - solo per fare un esempio tra tanti - al dramma ambientale o alle guerre di mafia, camorra e ‘ndrangheta che hanno affossato le nostre terre e terrorizzato le nostre vite.
Domenica scorsa, 5 gennaio. La Messa delle ore 10 è terminata; il tempo di un caffè e ci prepariamo per la celebrazione di mezzogiorno. Trafelato, arriva il caro prefetto di Napoli, dottor Michele Di Bari. Mi prende in disparte: «Don Maurizio, preparati, sta arrivando il presidente Mattarella». Sogno o son desto? No, non sto sognando. La presenza di Sergio Mattarella nella nostra parrocchia di periferia, in questo momento, dice all’Italia tutta che a Caivano sta accadendo qualcosa di bello, mai visto prima. Che il nostro impegno a favore dei più poveri e bistrattati ha imboccato la giusta strada. La presenza del Presidente ci conferma che non siamo soli. Che lo Stato non è più – come ebbi a scrivere qualche anno fa - “un signore distinto ma distante”, ma che, dopo tanti anni in cui ci siamo sentiti davvero abbandonati, si è accorto di noi. Lo Stato c’è. Oggi, giorno dell’Epifania, ricorre l’anniversario della vile uccisione di suo fratello Piersanti. La Messa, cui prende parte, la celebriamo in suffragio della sua anima. Mi sembra il dono più bello che possiamo fargli per dirgli il nostro grazie. Alla fine della celebrazione, il presidente fa gli auguri alla comunità di Caivano, non solo per il nuovo anno, ma per la vita, soprattutto ai bambini e ai ragazzi. Ancora una volta, poche, essenziali parole. Ci bastano. Possiamo riprendere il cammino con più lena. L’immagine più bella che porteremo in cuore è quella che lo fotografa inginocchiato dopo la comunione. Anche dal Presidente della nostra amata Repubblica apprendiamo la lezione che siamo davvero grandi solamente quando sappiamo essere umili, davanti a Dio e davanti agli uomini.