Le sue parole sono riferite ad un brutta pagina della storia italiana di 80 anni fa, le leggi razziali. Ma, "parlando a suocera perché nuora intenda", non è difficile leggerci un messaggio chiaro per l’attualità. Perché «il veleno del razzismo continua a insinuarsi nella fratture della società e in quelle tra i popoli. Crea barriere e allarga divisioni». Il monito del capo dello Stato giunge proprio nel giorno in cui in un vertice al Viminale il ministro dell’Interno Matteo Salvini incontra la sindaca di Roma, Virginia Raggi, per parlare di campi rom («da superare») e a Roma è in atto la vicenda del Camping river. Alla fine le parole del leader leghista sono sì di formale adesione alla condanna presidenziale del razzismo (il manifesto della razzia fu atto «folle e fuori dal mondo», dice), ma non cambiano di una virgola le sue convinzioni in materia di nomadi. Anzi, le parole che gli vengono fuori sono ancora più dure e offensive. E si riferiscono a quei 30mila rom in Italia «che si ostinano a vivere nei campi». Una minoranza, assicura, ma è una «sacca parassitaria» di cui vuole sapere la nazionalità.
Parole pesanti. Che stridono tanto più alla luce del chiaro messaggio di Mattarella. Argomenta il presidente: il manifesto della razza del 1938 – «firmato da intellettuali e professori che hanno la responsabilità di aver avallato «la più grave offesa recata dalla scienza e dalla cultura italiana alla causa dell’umanità» – portò alla «feroce persecuzione degli ebrei, presupposto dell’Olocausto» e allo stesso modo «ci si accanì contro rom e sinti, e anche quelle mostruose discriminazioni sfociarono nello sterminio, il porrajmos, degli zingari». Se quella infatti fu una pagina buia del nostro passato, non è comunque un capitolo totalmente chiuso.
Il capo dello Stato perciò mette in guardia sul compito di ogni civiltà, ovvero «evitare che si rigeneri», visto che le libertà, la pari dignità, il rispetto dell’altro, l’integrazione e la cooperazione sociale restano «le migliori garanzie di un domani di armonia e progresso». Insomma ogni teoria di razza superiore, o di razza accompagnata «da un aggettivo diverso da umana – è la chiosa del messaggio di Mattarella – non deve più avere cittadinanza». Ciò che è accaduto 80 anni fa così diventa «un monito perenne» e segna «un limite di disumanità che mai più dovrà essere varcato».
È una linea appunto che non va mai oltrepassata e che, tra annunci d’effetto e muscoli mostrati, in realtà sembra invece voler ignorare chi nella Capitale si sta occupando della sgombero dei campi rom. Ieri il sindaco Virginia Raggi e il ministro dell’Interno Matteo Salvini, dopo settimane di annunci, si sono incontrati per parlare di sicurezza a Roma (roghi tossici e dotazione organica della Polizia municipale) e questione rom.
Il responsabile del Viminale pur concordando a parole con il Capo dello Stato, punta però dritto sulla via dello sgombero forzato tracciata dal primo cittadino capitolino, per ripristinare la legalità. «Ho messo a disposizione la forza pubblica per garantire il rispetto della legge», la rassicurazione. E certo non sarà «la Corte di Strasburgo a bloccare la soluzione di un problema di ordine pubblico». Ciò su cui punta Matteo Salvini è appunto «la parità di diritti e doveri», che significa per il ministro mandare i figli a scuola, pagare le tasse, assicurare le auto. Comunque «bruciare cose con roghi tossici, non fa parte dalla legalità», precisa.
A monopolizzare l’attenzione, dopo il faccia a faccia di appena mezz’ora al Viminale, è infatti la vicenda del Camping river, il campo rom in zona Tiberina che il Campidoglio vuole sgomberare. Ma per ora è tutto bloccato fino a venerdì dopo un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo da parte di tre famiglie dell’insediamento. «Già ieri abbiamo risposto, in meno di 24 ore», la precisazione della sindaca Raggi che ha spiegato al responsabile del Viminale la sua "terza via" per la chiusura totale degli accampamenti e le alternative alloggiative proposte alla persone che vivono ancora a Camping River. «Mi sembra che tutto procederà come da programma», è l’uscita spavalda di Salvini, rincarata dalle parole dell’inquilino di palazzo Senatorio forte della "benedizione" arrivata dal ministro leghista.
«Chi pensa che per chiudere o superare un campo ci vogliono due giorni non conosce la situazione o è in malafede», sottolinea poco dopo il sindaco di Roma. In città questa situazione «dura da 10 anni», durante i quali sono nati veri e propri «ghetti» e per smantellarli – spiega la Raggi – ci vuole «un’azione seria, di sistema». È da un anno che si lavora dentro il Camping River, di cui la sindaca racconta per filo e per segno la storia. Concludendo: «Questa amministrazione è dalla parte della legalità e delle persone fragili». Ma i risultati ancora non si vedono.
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