Alcuni profughi scappano dopo essere stati picchiati al confine tra Croazia e Bosnia - Border Violence Monitoring
La violenza ai confini dell’Europa non è un’invenzione di giornalisti e attivisti. Le accuse si basano «su testimonianze credibili e corroborate». È quello che sostengono le Nazioni Unite che attraverso l’Alto commissariato per i rifugiati chiedono agli Stati, con un documento che sarà reso pubblico oggi, «di indagare e fermare queste pratiche». Un appello che segue l’altra denuncia piombata sempre da Ginevra: l’Italia è responsabile di non aver saputo proteggere la vita di 200 migranti annegati nel Mediterraneo nell’ottobre 2013.
Lo ha stabilito il Comitato per i diritti umani Onu con un lungo rapporto su richiesta di tre siriani e un palestinese, sopravvissuti al naufragio, nel quale hanno perso le loro famiglie. «L’Italia ha mancato nel rispondere prontamente alle varie richieste di aiuto dalla nave che stava affondando, con a bordo 400 adulti e bambini», nota il Comitato affermando che le autorità della Penisola «hanno mancato di spiegare il ritardo nell’invio della nave Its Libra (della Marina militare,ndr), che si trovava soltanto ad un’ora di distanza». I profughi, fra cui molti in fuga dalla Siria, erano partiti all’una del mattino del 10 ottobre 2013 dal porto libico di Zuara. Un caso ancora aperto davanti ai tribunali italiani. Lo scorso 10 agosto il giudice delle indagini preliminari di Roma ha respinto la richiesta di archiviazione. L’inchiesta è dovuta ripartire per affrontare omertà, menzogne, perfino tentativi di depistaggio. L’allora comandante della nave Libra, Catia Pellegrino, è accusata di comportamento negligente, sebbene alcuni ufficiali abbiano spiegato al giudice che la comandante aveva disatteso all’ordine di allontanarsi dall’area, restando in zona in caso di necessità. Secondo il giudice le responsabilità arriverebbero fino ai massimi vertici di allora.
Il medesimo scaricabarile va in scena anche nei Balcani. «Unhcr–Acnur ha ricevuto un flusso continuo di segnalazioni su Stati europei che limitano l’accesso all’asilo, respingendo le persone dopo che hanno raggiunto il proprio territorio o le proprie acque territoriali, e usando la violenza contro di loro alle frontiere», ha detto Gillian Triggs, assistente Alto Commissario dell’Agenzia Onu. «Le persone che arrivano via terra sono detenute informalmente e respinte con la forza nei Paesi vicini senza alcuna considerazione delle loro esigenze di protezione internazionale», denuncia l’alto commissariato. Per gli stati europei l’assistenza dei richiedenti asilo non è un’opzione politica: «Le autorità – ribadisce Unhcr – non possono negare automaticamente l’ingresso o rimpatriare le persone senza effettuare una valutazione individuale di chi ha bisogno di protezione». Se da una parte i Paesi «hanno il legittimo diritto di gestire i loro confini in conformità con il diritto internazionale», osserva Triggs, dall’altro «devono rispettare i diritti umani. I respingimenti sono semplicemente illegali». Argomenti peraltro sposati dal Tribunale di Roma che la scorsa settimana ha condannato il Ministero dell’Interno – che annuncia ricorso in Appello – per le “riammissioni” informali in Slovenia anche dei richiedenti asilo, molti dei quali vengono poi consegnati alla polizia croata che a sua volta li rispedisce fuori dai confini Ue con le maniere forti.
«Chiediamo l’istituzione di meccanismi di monitoraggio nazionali indipendenti – ha aggunto Triggs – per garantire l’accesso all’asilo, per prevenire le violazioni dei diritti alle frontiere e per assicurare che vengano accertate le responsabilità. Il monitoraggio indipendente è proposto anche dal Patto dell’Ue ed esortiamo gli Stati membri a sostenerlo».
Il numero di arrivi nell’Unione Europea continua a diminuire ogni anno. Nel 2020 sono arrivate via mare e via terra 95.000 persone, con un calo del 23 per cento rispetto al 2019 (123.700) e del 33 per cento rispetto al 2018 (141.500). «Con così pochi arrivi in Europa, questa situazione dovrebbe essere gestibile. È deplorevole – rimarca Unhcr – che l’asilo rimanga una questione politicizzata e divisiva nonostante i numeri in calo».