Un momento degli scontri al corteo di Pisa di venerdì 23 febbraio - Ansa
«Bisogna raccontare agli italiani come sono andate le cose, questo governo non può passare come repressivo quando l'Italia è uno dei pochi Paesi che ha consentito le manifestazioni a sostegno della Palestina». Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni riferendosi ai fatti di Pisa, ma anche di Firenze, in seguito alle polemiche per le manganellate inferte da alcuni poliziotti agli studenti, anche minorenni, che avevano sfilato venerdì nei cortei pro-Palestina.
La premier ha sottolineato che occorre comunicare in modo corretto, che non ci si può lasciare sopraffare da una narrazione falsa. Perché, ha sostenuto, «l'esecutivo ha consentito sempre la libertà di espressione». Se c'è qualcuno che ha sbagliato «va individuato e sanzionato ma non si può passare dalla parte del torto». E ancora: «La sinistra ci attacca? Piuttosto ci spieghi le regole di ingaggio. Dobbiamo o no difendere i siti sensibili? Dobbiamo o no proteggere gli agenti delle forze di polizia? Non c'è da chiedere scusa ma raccontare bene i fatti e che questo governo non ha mai inteso reprimere la libertà di espressione».
Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, nella sua informativa al Consiglio dei ministri, ha invece sostenuto che «non era stato presentato alcun preavviso alla questura, che, avendone avuta notizia, ha cercato più volte di contattare gli organizzatori per ottenere informazioni in merito al tipo di iniziativa che sarebbe stata svolta e al relativo percorso ma invano». «Gli stessi manifestanti - ha aggiunto Piantedosi - durante lo svolgimento del corteo non hanno voluto fornire indicazioni su dove fossero diretti e si sono sottratti ai reiterati tentativi di mediazione da parte di personale della Digos, provando, nonostante gli ammonimenti da parte del dirigente del servizio e la richiesta espressa e ripetuta di non dirigersi in Piazza dei Cavalieri, di forzare il blocco delle Forze di polizia e venendo volutamente a contatto con i reparti mobili».
Sia a Firenze che a Pisa, ha spiegato il ministro degli Interni, che in proposito giovedì svolgerà un'informativa alle Camere, «gli incidenti sono avvenuti in presenza di manifestazioni in cui i partecipanti hanno tentato di superare lo sbarramento delle forze di polizia a tutela di obiettivi sensibili».
Il ministro dell'Interno, sia pubblicamente sia nei vertici più privati, ha ripetuto la stessa linea: sempre pronto a confronti «sereni e costruttivi» su quanto avvenuto, ma «non pregiudizialmente orientati a screditare l'azione del governo o delle forze di polizia».
Il ministro si è anche confrontato con i sindacati confederali sulla gestione di piazze e cortei. E anche qui la linea è netta: far camminare parallelamente il diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero anche in dissenso con la necessaria tutela di ordine e sicurezza pubblica altrettanto costituzionalmente da assicurare.
Ai rappresentanti dei lavoratori ha ribadito di «condividere pienamente le parole del presidente Mattarella», convinto che «l'autorevolezza delle forze di Polizia non si nutre dell'uso della forza ma affonda nel sacrificio di centinaia di caduti nella lotta al terrorismo e alla criminalità, nella leale difesa delle istituzioni democratiche anche negli anni più bui della Repubblica, nella capacità di accompagnare con equilibrio e professionalità lo sviluppo della società italiana». E «condivido» - ha aggiunto - anche l'altro richiamo precedente del presidente contro la «intollerabile serie di manifestazioni di violenza: insulti, volgarità di linguaggio, interventi privi di contenuto ma colmi di aggressività verbale, perfino effigi bruciate o vilipese».
Piantedosi ha anche parlato di «casi isolati in corso di valutazione», chiarendo che non è mai intervenuto alcun cambio di strategia in senso più restrittivo della gestione dell'ordine pubblico.
Il solco tra la Presidenza della Repubblica e il governo, resta ampio. Il giorno dopo i fatti nelle città toscane il presidente della Repubblica Mattarella aveva "richiamato" il ministro dell’Interno per sottolineare che l'autorevolezza non si misura sui manganelli usarli contro i ragazzi «è un fallimento». L'iniziativa del capo dello Stato e le parole sugli scontri erano state peraltro anticipate dallo stesso Mattarella in una telefonata a Giorgia Meloni. Dopo l’intervento della massima carica istituzionale il ministro dell'Interno Piantedosi aveva dato segno di condividere lo sdegno espresso dal capo dello Stato. La premier Meloni e il vicepremier Salvini un po’ meno.
È il leader della Lega a dimostrarsi più diretto. E dopo aver ribadito per ben tre volte che le parole del presidente Mattarella «si leggono e non si commentano», sferra il primo vero affondo: «Poliziotti e carabinieri sono quotidianamente vittime di violenza fisica e verbale. Anche in quella piazza... Chi mette le mani addosso a un poliziotto o a un carabiniere è un delinquente».
Ore dopo ore la tensione sale. Meloni non parla, ma nei colloqui più privati con i suoi più stretti collaboratori a cominciare da Mantovano e Fazzolari conferma che il governo è dalla parte della polizia senza nessun tentennamento. Scena e retroscena si accavallano. Le opposizioni "cavalcano" lo scontro e il Pd chiede che, a questo punto, sia direttamente la premier Meloni a riferire in Aula su quanto avvenuto. Elly Schlein è tra le prime a chiamare in causa direttamente Meloni: «Sta dimostrando di non avere alcun senso delle istituzioni. La smetta di nascondersi dietro i suoi ministri e venga a riferire su quanto è accaduto direttamente in Parlamento».
La preoccupazione nel governo c'è. E non è solo legata ai cortei di queste ore. C'è un G7 a guida italiana. C'è un summit a giugno in Puglia che concluderà il semestre di presidenza italiano e in quell'occasione sono possibili in diverse città italiane cortei e manifestazioni di dissenso anche a carattere internazionale.
Salvini si è comunque schierato sempre più nettamente con le forze di polizia. «Chiunque può sbagliare, ma non posso accettare la messa all'indice della polizia italiana come un corpo di biechi torturatori... Se si va in piazza con tutti i permessi, senza insultare, sputare, spintonare, non si ha alcun tipo di problema».
Tra gli intervenuti anche il sottosegretario all'Interno Nicola Molteni: «Io dico che criminalizzare le forze di polizia non va bene. Sono un fondamentale baluardo di democrazia. In Italia il diritto a manifestare e a dissentire è sacrosanto e garantito. E il nostro, a differenza di altri governi europei, non ha vietato neanche una manifestazione. Se il diritto a manifestare e a dissentire è garantito è anche grazie alle forze di polizia, che non sono tra le migliori ma le migliori al mondo. Noi quest'anno abbiamo avuto circa 2500 manifestazioni, quelle dove ci sono stati problemi di ordine pubblico sono meno dell'1,5%. Cosa vuol dire? Che la capacità, la competenza, la preparazione e l'equilibrio delle forze di polizia ha consentito che non ci fossero problemi se non in casi molto rari».
Ma intanto è scattata l'inchiesta: i filmati degli scontri sono sotto la lente della procura e sarebbero partite le prime verifiche su 15 poliziotti. Dal centrodestra si è fatto sentire anche Antonio Tajani. «Non bisogna strumentalizzare le parole del presidente Mattarella... C'è il tentativo della sinistra di strumentalizzare l'operato di poche persone come se riguardasse tutte le forze dell'ordine e del governo», ha detto il vicepremier di Fi. E ancora: «Se c'è qualcuno che ha sbagliato è giusto che sia sanzionato ma la responsabilità è individuale, non si può fare il processo alle forze dell'ordine o al governo per cinque agenti. Non facciamo di tutta l'erba un fascio, che è un po' il vizio della sinistra».