sabato 19 gennaio 2019
Due naufragi con 117 e 53 morti. Tre persone salvate dalla Marina militare italiana. La Sea Watch chiede il porto sicuro di approdo per i 47 salvati. Oltre 200 vittime da inizio anno
Naufragi, 170 morti. E Sea Watch soccorre 47 persone
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Non erano 50, non erano 20, erano 120 persone a bordo di quel gommone e se ne sono salvate soltanto 3. Venerdì sulla rotta del Mediterraneo centrale un gommone con 120 di persone a bordo, stando a quanto raccontato dai superstiti, è naufragato a circa 80 km a nord-est di Tripoli. Ma soltanto 3 migranti sono stati salvati dopo aver trascorso tre ore in mare, grazie all'avvistamento di un aereo dell'Aeronautica militare che ha poi coinvolto la nave militare Duilio nel salvataggio, riuscendo così a far approdare a contrada Imbriacola a Lampedusa i tre superstiti ancora traumatizzati e sotto choc.

Nel frattempo la nave della Ong tedesca Sea Watch, che pure si era resa disponibile a intervenire nell'operazione di soccorso di venerdì e su Twitter aveva denunciato le non risposte da parte della Guardia costiera libica che avrebbe dovuto coordinare il salvataggio, e soltanto sabato nel tardo pomeriggio è riuscita a concludere il salvataggio di altre 47 persone a bordo di un gommone in difficoltà, mentre altri due gommoni in distress con a bordo tra le 40 e le 60 persone sono stati recuperati in quella che - almeno sulla carta - è la zona di ricerca e soccorso della Libia, da due motovedette libiche.

La Sea Watch ha già fatto sapere di aver informato tutte le attività competenti per chiedere un porto sicuro di approdo. Finora senza aver ottenuto alcuna risposta.

Sul naufragio di venerdì va precisato che tre corpi apparentemente senza vita erano stati avvistati in mare dai militari italiani, già prima che arrivasse la tragica notizia raccontata dai superstiti che hanno concordato su un bilancio ben più pesante di vittime: «I tre sopravvissuti arrivati a Lampedusa ci hanno detto che erano in 120 a bordo. Dopo 11 ore di navigazione hanno imbarcato acqua e il gommone ha cominciato ad affondare, mentre le persone affogavano. Sono rimasti diverse ore in acqua. Tra i dispersi, al momento 117, ci sono 10 donne, di cui una incinta, e due bambini, di cui uno di 2 mesi» ha riferito Flavio Di Giacomo portavoce dell'Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim).

«Meglio morire che tornare in Libia» è stata la conclusione del drammatico racconto delle persone ancora in cura nell'ospedale di Lampedusa. Le loro «condizioni sono serie», dopo tre ore in acqua, ma almeno sono al sicuro.

L'OPERAZIONE DI SOCCORSO RICOSTRUITA DALLA MARINA MILITARE ITALIANA

In una nota la Marina militare del 18 gennaio aveva spiegato intorno alle 13,30 «a circa 50 miglia nautiche a nord est di Tripoli, un aereo da pattugliamento marittimo P 72 del 41° Stormo di Sigonella dell'Aeronautica Militare, in volo nell’ambito dell’Operazione Mare Sicuro», aveva «avvistato un gommone, in fase di affondamento, con circa 20 persone a bordo. L’equipaggio dell’aereo, viste le pessime condizioni di galleggiabilità, ha subito lanciato in prossimità del gommone due zattere di salvataggio, in dotazione al mezzo aereo, che si sono regolarmente aperte. Appena ricevuta l’informazione il cacciatorpediniere Caio Duilio (a oltre 110 miglia, 200 chilometri, dalla scena d’azione) ha disposto il decollo del proprio elicottero SH 90 per inviarlo sulla scena d’azione. Giunto in area l’elicottero ha recuperato, con due diverse missioni, tre naufraghi in ipotermia, uno dall’acqua e due da una delle zattere di salvataggio precedentemente lanciate - si legge ancora nella nota -. L’altra zattera ispezionata è risultata vuota. Una volta a bordo di nave Duilio, i tre naufraghi sono stati stabilizzati e vengono adesso trasferiti presso l’ospedale di Lampedusa via elicottero».

Le ricerche sono poi proseguite sotto il coordinamento del Libyan Rescue Coordination Center, che ha assunto la responsabilità del soccorso e dirottato un mercantile di bandiera liberiana sul luogo della strage.

La sala operativa della Guardia costiera libica, secondo quanto è stato possibile ricostruire, aveva disposto verso le 11.30 locali, (le 12 italiane) l'intervento di una propria motovedetta per andare a soccorrere il gommone, ma poiché aveva avuto un'avaria era stata costretta a rientrare in porto prima di raggiungere il luogo del naufragio. A questo punto la stessa sala operativa aveva contattato il mercantile Cordula Jacob con bandiera liberiana per intervenire in favore del natante.

Stando a quanto riportato dalla Guardia Costiera italiana, il mercantile dirottato dall'Mrcc di Tripoli «ha effettuato attività di ricerca non trovando alcuna traccia del gommone».

LA DENUNCIA DELLA ONG TEDESCA SEA WATCH SULLA STRAGE IN MARE: I LIBICI NON CI RISPONDONO

Nelle stesse ore venerdì 18 gennaio anche la Ong Sea Watch testimoniava pubblicamente le informazioni di cui era in possesso, trovandosi con la propria nave ancora a pattugliare il Mediterraneo dopo l'odissea senza fine a cui aveva assistito nei primi giorni dell'anno.

Di ritorno da un volo di ricognizione Moonbird (l'aereo dell'ong Sea Watch, ndr) aveva intercettato «via radio un avvistamento da parte di un velivolo italiano di un gommone parzialmente affondato» con circa «25 persone a bordo e altre già in acqua. Un mercantile si trovava nelle vicinanze, ma non risulta un intervento». Era stato l'allarme lanciato dalla stessa Sea Watch su Twitter aggiungendo di aver contattato l'Mrcc Italia (Maritime rescue coordination centre) che «rifiuta di dare informazioni» sostenendo che «la Libia è responsabile del caso».

«Tuttavia - aveva proseguito l'Ong - la comunicazione con gli ufficiali libici risulta impossibile in nessuna delle seguenti lingue: inglese, francese, italiano, né arabo». Dopodiché in un terzo tweet, l'Ong tedesca ha quindi riferito che, in assenza di informazioni su un'eventuale operazione di soccorso, la propria nave Sea-Watch 3 aveva deciso comunque di fare rotta verso il punto di naufragio nonostante disti "10 ore di navigazione».

La Guardia Costiera italiana ha precisato poi oggi di aver «immediatamente verificato che la Guardia Costiera libica fosse a conoscenza dell'evento in corso all'interno della sua area di responsabilità SAR, assicurando alla stessa la massima collaborazione». «Alla Ong Sea Watch, che intercettata la notizia dell'avvistamento, aveva contattato la Centrale operativa della Guardia Costiera italiana dando la propria disponibilità a partecipare alle operazioni di soccorso - si legge in una nota -, è stato comunicato che la loro disponibilità sarebbe stata offerta alla Guardia Costiera libica, quale autorità coordinatrice dell'evento».

OIM: 200 VITTIME NEL MEDITERRANEO IN MENO DI 19 GIORNI DEL 2019

Stando ai numeri dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) le persone morte nel mar Mediterraneo dall'inizio del 2019 sono 200 e solo sulla tratta Libia-Italia sono state 140. Nella sola giornata di sabato sono avvenuti tre avvistamenti di gommoni con a bordo migranti nel Canale di Sicilia. I natanti avevano a bordo tra le 40 e le 60 persone ciascuno: tutti sono stati soccorsi. In due casi sarebbero intervenute le motovedette libiche, che hanno riportato indietro i gommoni, mentre la terza imbarcazione è quella soccorsa dalla nave della Ong Sea Watch 3. Altre 53 persone hanno trovato la morte nel mare di Alborán, nel Mediterraneo occidentale: anche in questa tragedia un solo sopravvissuto che, dopo essere rimasto in balia delle onde per oltre 24 ore, è stato soccorso da un peschereccio di passaggio e sta ricevendo cure mediche in Marocco.

Mentre l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha denunciato i 170 morti in questi due naufragi avvenuti a distanza di poche ore, le navi di soccorso delle Ong spagnole, la Open Arms e la Salvamento Maritimo Humanitario (SMH), restano bloccate in porto dallo scorso 8 gennaio. La motivazione? Poiché i porti di Malta e Italia sono chiusi per chi fa soccorso in mare, il governo dello spagnolo Sanchez impedisce loro di presidiare il Mediterraneo, adducendo motivi di sicurezza. Le imbarcazioni delle Ong sarebbero costrette con a bordo i naufraghi soccorsi a restare in balia delle onde per tanti giorni, esattamente come era accaduto alla Sea Watch 3 per 19 giorni senza un porto di approdo. E come probabilmente potrà succedere di nuovo alla nave della Ong tedesca dopo che ha soccorso altre 49 persone vicino a Zuara, in Libia. «Abbiamo già chiesto il porto sicuro di approdo alle autorità competenti», fanno sapere dalla Sea Watch 3.


IL PREMIER: IMPEGNO CONTRO I TRAFFICANTI. MATTARELLA: DOLORE PER LA TRAGEDIA. SALVINI: CONTINUIAMO SULLA LINEA DEI PORTI CHIUSI

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso "profondo dolore per la tragedia che si è consumata nel Mediterraneo con la morte di oltre cento persone, tra donne, uomini, bambini".

"Come presidente del Consiglio non avrò pace fino a quanto questi trafficanti saranno assicurati alla Corte penale internazionale, perché si tratta di crimini contro l'umanità". Lo ha detto il premier Giuseppe Conte a proposito dell'ultimo naufragio di migranti. "Finito il mio mandato di servizio al popolo italiano, io che ho fatto l'avvocato, occupandomi di diritto civile, commerciale e amministrativo, mi dedicherò al diritto penale per perseguirli", ha annunciato.

«Il naufragio di ieri è la dimostrazione che se riapri i porti ritornano i morti - così ha commentato il ministro dell'Interno Matteo Salvini -. Ribadisco, cuori aperti da chi scappa dalla guerra, ma porti chiusi", ha sottolineato ancore il vicepremier. "Si scordino di ricominciare come a Natale e Capodanno - ha ribadito - In Italia i porti erano, sono e rimarranno chiusi. La difesa dei confini nazionali è un dovere costituzionalmente previsto per ogni cittadino e maggiormente per un ministro dell'Interno".

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