Il Papa sul palco con Meloni e De Palo - Remo Casilli
Gli occhi di Giorgia Meloni cercano quelli di Papa Francesco. «Santità, lei ci ha detto che vincere l'inverno demografico significa combattere qualcosa che va contro le nostre famiglie, la nostra patria, il nostro futuro. Santità, noi amiamo le nostre famiglie, amiamo la nostra patria, crediamo nel nostro futuro e faremo fino in fondo la nostra parte». Lassù, sul palco dell’auditorium della Conciliazione dove va in scena la terza edizione degli Stati generali della natalità, il presidente del Consiglio ripete, con parole e con immagini, la ferma volontà del governo per invertire una rotta. «Fin dal primo giorno di lavoro, il governo ha messo i figli, i genitori, le mamme e i papà in cima all’agenda politica. Abbiamo fatto della natalità e della famiglia una priorità assoluta della nostra azione». Papa Francesco ascolta silenzioso. A tratti annuisce. Tre volte applaude. Meloni insiste: «Al coraggio delle idee deve corrispondere il coraggio delle azioni… Ci troviamo a governare la nazione in questo tempo complesso e quello che avevamo detto prima di arrivare al governo è quello che stiamo cercando di realizzare». Nell’auditorium strapieno si accavallano e si legano parole belle: speranza, futuro, figli. Gigi De Palo, il presidente della Fondazione per la natalità, è il motore dell’iniziativa. Per anni ha cercato di legare la politica, di convincerla a fare squadra per vincere una sfida complicata. «L’inverno demografico fa paura e se non si cambia in fretta crolla tutto», ripete sul palco De Palo che oggi però va oltre e fissa – rivolgendosi direttamente al presidente del Consiglio - quattro priorità. Uno: dobbiamo provare a dare un obiettivo strategico al Paese, arrivare a 500mila nuovi nati ogni anno entro il 2033. Due: bisogna fare un assegno unico più sostanzioso e una riforma fiscale che tenga conto della composizione familiare e del numero dei figli. Tre: destiniamo anche parte dei fondi del Pnrr per far ripartire le nascite. Quattro: facciamo ogni cosa per fare in modo che le donne non siano mai costrette a dover scegliere tra il lavoro e la famiglia. C’è stima tra De Palo e Meloni. Perché c’è una battaglia che li unisce. Il capo del governo raccoglie la sfida. «Viviamo in un’epoca in cui parlare di natalità, di maternità, di famiglia è diventato sempre più difficile, a volte sembra quasi un atto rivoluzionario…». Una rivoluzione però capace di unire politica, imprese, società, sindacati. Fare squadra, insomma. Ora è Meloni a indicare obiettivo. «Vogliamo avere il punto di vista della famiglia su tutte le politiche che il governo porta avanti: non solo varare provvedimenti specifici, ma considerare in ogni ambito il valore aggiunto che chi fa figli dà a questa società…». I giovani che riempiono l’auditorium applaudono. Il premier ora elenca gli interventi del governo a sostegno delle famiglie: l'assegno unico, le agevolazioni per i mutui ai giovani, l’erogazione del fringe benefit che «vogliamo mantenere a 3mila euro dando priorità a chi ha figli a carico». Il cammino è complicato, ma Meloni va dritta: «Se i giovani non hanno la possibilità di comprare una casa nella quale crescere i propri figli, se i salari saranno così bassi da frenare lo slancio di mettere in piedi una famiglia, se tutto questo non sarà affrontato con dedizione, sarà impossibile raggiungere l’obiettivo che tutti qui dentro ci prefiggiamo». Una pausa leggera, poi una frase che fa pensare: «Vogliamo affrontare questa sfida con gli occhi della realtà, non vogliamo infilare la camicia di forza dell'ideologia». Molto unisce, qualcosa però ancora divide la politica. «Vogliamo restituire agli italiani una nazione nella quale essere padri non sia fuori moda, essere madri non sia una scelta privata, ma un valore socialmente riconosciuto. Una nazione nella quale tutti, uomini e donne, scoprano la bellezza di diventare genitori». Ancora una pausa. Questa volta più lunga. «Per decenni la cultura dominante ci ha detto il contrario. Vogliamo che non sia più scandaloso dire che siamo tutti nati da un uomo e una donna, che non sia un tabù dire che la natalità non è in vendita, che l’utero non si affitta e i figli non sono prodotti da banco che puoi scegliere e poi magari restituire». Un affondo destinato a fare titolo. Poi un ultimo pensiero alle donne: «Se non avranno la possibilità di realizzare il proprio desiderio di maternità, senza dover rinunciare alla realizzazione professionale, non è che non avranno pari opportunità. Non avranno libertà».