domenica 5 febbraio 2023
Sono i tempi a indicare cosa ha innescato la reazione dell’anarchico
La sentenza della Cassazione, e non il 41-bis, è all'origine della protesta
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Cosa preoccupa di più Cospito, cosa ha provocato la decisione dello sciopero della fame? Al centro dell’attenzione è il 41-bis, il “carcere duro”, ma in realtà la causa scatenante è la sentenza della Cassazione che, accogliendo in pieno l’inchiesta “Scripta manent” della Procura e della Digos di Torino, ha sancito definitivamente che la Fai-Fri è un’associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e che ha commesso attentati per uccidere. Non dunque singoli personaggi, senza organizzazione, dediti ad azioni solo dimostrative. Che sia questo il punto, e il 41bis una strumentalizzazione per ottenere consenso, lo dimostrano i tempi e i contenuti. La sentenza della Cassazione arriva il 6 luglio 2022, le motivazioni il 17 ottobre e dopo quattro giorni, il 21, Cospito annuncia lo sciopero della fame contro il 41-bis (che però risale a ben 5 mesi prima, infatti il relativo decreto dell’allora ministro della Giustizia, Cartabia, è del 4 maggio).

È evidente che il bersaglio della protesta è la sentenza della Cassazione che oltre ad averlo condannato a 30 anni per associazione terroristica e 5 gravi attentati, lo ha rinviato alla Corte d’appello per la rideterminazione della pena, ma solo per l’attentato alla Scuola allievi dei carabinieri a Fossano, considerandolo strage politica, quindi da ergastolo. Un durissimo colpo per il gruppo Fai-Fri e per le frange violente del movimento anarchico. Infatti, non a caso, i manifesti comparsi a Roma all’università la Sapienza con la scritta “Chi sono gli assassini di Cospito”, riporta anche la foto del primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio. Ma cosa c’è nella sentenza che tanto “disturba”? Leggiamo qualche passaggio.

La Fai-Fri, afferma la Corte, è “un’organizzazione di matrice anarchica che ha offerto usbergo identitario a numerose rivendicazioni di attentati commessi a partire dall’anno 2003”. Si tratta, prosegue la sentenza, di “una struttura stabile e organizzata, di respiro perfino internazionale, tale da integrare il “tipo” delineato all’art. 270-bis del Codice penale”. Cioè associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico. E “la stessa esistenza - sottolinea la Cassazione – di una struttura organizzata si pone in ideale conflitto con lo spirito anarchico, refrattario a vincoli e gerarchie”. Quello che continua a ripetere l’avvocato di Cospito, ma la Corte ha sentenziato in modo diverso parlando di “una cellula “eversiva” strutturata intorno a tre nuclei soggettivi, con scopi comuni. Comuni risorse, comuni idealità, conoscenze condivise, solidarietà manifestate e, soprattutto, una pluralità di azioni portate a compimento in un concorso di efficace e consapevole collaborazione”.

E proprio queste azioni, ed è questo il passaggio chiave, “dimostravano l’esistenza di una struttura organizzativa di cui Cospito, Beniamino e Gai sono stati ritenuti partecipi, indicata come “comitato direttivo”, in grado di pianificare ed eseguire simili azioni, di rendere effettivo il progetto anarchico di lotta armata”. Così a proposito delle due bombe di Fossano, la Corte parla di “volontà di attaccare la sicurezza dello Stato” e di “una “notevolissima” potenzialità offensiva”, in quanto “gli ordigni sarebbero stati capaci di uccidere un numero indeterminato di persone se si fossero trovate nelle loro vicinanze”. Ed è dunque “sussistente l’intento stragista, che non aveva prodotto perdite umane solo per una mera casualità”. Tutto questo richiede che la Corte d’appello ridetermini la pena che può arrivare all’ergastolo. Ed è quello che davvero temono Cospito e il suo gruppo.

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