lunedì 25 novembre 2024
Per il presidente la causa è «radicata in disuguaglianze, stereotipi di genere e culture». Meloni: «Piaga sociale culturale su cui non voltare lo sguardo». Ma Salvini rilancia lo "schema Valditara"
Sergio Mattarella

Sergio Mattarella - ANSA

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«La violenza contro le donne presenta numeri allarmanti. È un comportamento che non trova giustificazioni, radicato in disuguaglianze, stereotipi di genere e culture che tollerano o minimizzano gli abusi, che si verificano spesso anche in ambito familiare». Nell'odierna Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne il presidente della Repubblica Sergio Mattarella affronta il nodo della questione. Ricorda che la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota come Convenzione di Istanbul, «è il primo strumento giuridicamente vincolante ad aver riconosciuto la violenza di genere come una violazione dei diritti umani». Anche se l'Italia l'ha ratificata da tempo, nel 2013, i fatti dicono che c'è ancora molto da fare: «Quanto fatto fin ora - sottolinea - non è, tuttavia, sufficiente a salvaguardare le donne, anche giovanissime, che continuano a vedere i loro diritti violati. È un'emergenza che continua».

Il Capo dello Stato ricorda che le vittime sono «madri, sorelle, figlie, persone con sogni e progetti che vedono violato il diritto di poter vivere una vita libera e dignitosa, donne che lottano per la propria indipendenza, per poter scegliere il proprio destino», avverte. E aggiunge: «"Nessuna scusa" è il tema proposto dalle Nazioni Unite per celebrare la giornata odierna: è addirittura superfluo sottolineare che, quindi, non ci sono scuse accettabili a giustificazione della violenza di genere. Occorrono azioni concrete». Quali? «È fondamentale continuare a lavorare per eradicare i pregiudizi e gli atteggiamenti discriminatori che rendono ancora oggi le donne più deboli nella società». E, aggiunge, «le istituzioni, le forze della società civile devono sostenere le donne nella denuncia di qualsiasi forma di sopruso, offrendo protezione e adeguato supporto».

Per la presidente del consiglio Giorgia Meloni il 25 novembre «è una giornata che ci porta a ricordare la cronaca dei nostri giorni con ancora tanti, troppi casi di violenza e femminicidi. Una piaga sociale e culturale che non ci consente di voltare lo sguardo dall'altra parte, ma che ci spinge a riflettere e ad agire con ogni azione possibile volta a tutelare le vittime dall'abominio della violenza. Come Governo, dall'inizio del nostro mandato, abbiamo messo in campo strumenti di contrasto, prevenzione e sicurezza». La premier ricorda il 1522, «il numero a cui rivolgersi per parlare, denunciare e ricevere aiuto immediato, in qualsiasi momento. Ogni voce che si alza contro la violenza è un passo verso una società più sicura e libera dalla paura. Ricordate: non siete sole».

«Ribadisco con fermezza il necessario impegno di tutte le Istituzioni - dichiara il presidente del Senato, Ignazio La Russa - per promuovere un radicale cambiamento culturale. La violenza sulle donne rappresenta una ferita inaccettabile e un'offesa ai valori fondanti della nostra società. È imprescindibile agire con determinazione attraverso iniziative educative, il sostegno alle famiglie e un'azione costante e coordinata affinchè il rispetto verso le donne diventi un pilastro inderogabile della nostra convivenza civile». La seconda carica dello Stato poi puntualizza: «C'è qualcuno che pensa che su alcuni temi ci debba essere una esclusiva» e ritiene «che la battaglia contro la violenza sulle donne sia un'esclusiva di una parte» senza capire «che va contro quello che si vuole sostenere. C'è chi come me pensa che la questione della violenza sulle donne deve riguardare soprattutto gli uomini».

«I numeri sono drammatici», ricorda il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana ribadendo «la ferma condanna verso ogni forma di violenza. I dati sottolineano l'urgenza di accendere maggiormente i riflettori sulla prevenzione e il contrasto e di un rinnovato impegno per creare una rete di tutela vigile e attenta per ascoltare il disagio fin dal suo primo manifestarsi. È nostro dovere, a ogni livello, lavorare insieme per costruire una cultura del rispetto, della dignità, affinché nessuna donna sia lasciata sola».

Unanimi i commenti della politica. Dalla maggioranza la vicesegretaria di Forza Italia Deborah Bergamini invita a una «continua e instancabile sensibilizzazione culturale ed educativa». E dall'opposizione la vicecapogruppo Pd al Senato Beatrice Lorenzin parla di «ferita profonda e inaccettabile per la nostra società, alimentata da squilibri di potere e stereotipi cvulturali».

Chi la butta in politica, riattizzando la polemica divampata dopo le parole del ministro dell'Istruzione Valditara sulla morte di Giulia Cecchettin - che aveva parlato di «violenza sessuale legata anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da un'immigrazione illegale» - è il leader leghista Matteo Salvini che torna a indicare gli immigrati come una delle principali cause: «Difendere le ragazze significa però anche riconoscere l'inevitabile e crescente incidenza degli aggressori stranieri - dice il vicepremier - un dato preoccupante che non sminuisce in alcun modo i casi italiani ma evidenzia le pericolose conseguenze di un'immigrazione incontrollata, spesso proveniente da Paesi che non condividono i principi e i valori occidentali». Parole destinate ad aprire un nuovo caso politico.

Il Papa: «Nel piano della salvezza non c'è discriminazione tra uomo e donna»

Non c'è discriminazione tra donna e uomo agli occhi di Dio e della fede cristiana: lo ha ricordato papa Francesco, oggi, ricevendo in udienza una delegazione della comunità accademica del Pontificio istituto teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia all'inizio dell'anno accademico. «Sappiamo quanto il matrimonio e la famiglia siano decisivi per la vita dei popoli: da sempre la Chiesa se ne prende cura, li sostiene e li evangelizza. Purtroppo - ha aggiunto il Pontefice -, ci sono Paesi in cui le autorità pubbliche non rispettano la dignità e la libertà cui ogni essere umano ha inalienabile diritto quale figlio di Dio». Poi il monito del Papa: «Spesso vincoli e imposizioni pesano soprattutto sulle donne, costringendole in posizioni di subalternità. Fin dall’inizio, invece, tra i discepoli del Signore ci sono state anche donne, e "in Cristo Gesù – scrive San Paolo nella lettera ai Galati – non c’è più uomo né donna". Questo non vuol dire che la differenza tra i due sia annullata, bensì che nel piano della salvezza non c’è discriminazione tra l’uomo e la donna: entrambi appartengono a Cristo, sono "discendenza di Abramo ed eredi secondo la promessa".








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