Il governatore della Campania, De Luca - Fotogramma
Forse assuefatti, certamente avviliti, ma non ancora piegati all’idea che le cose debbano per forza andare in questo modo, abbiamo assistito ieri all’ennesimo attacco alla dignità delle istituzioni. Un governatore, il rappresentante di una Regione in cui vive un decimo della popolazione italiana, si scaglia con incomprensibile volgarità contro la presidente del Consiglio dopo aver affrontato la polizia con la veemenza che sovente imputa ai disoccupati che protestano sotto Palazzo Santa Lucia. Vincenzo De Luca come Vittorio Sgarbi, come Stefano Bandecchi, come una lunga lista di rappresentanti delle istituzioni che nelle ultime settimane si sono dati alla moda dell’offesa, dell’aggressione, del turpiloquio. In un Paese che scandaglia col cannocchiale il testo di un cantante di 20 anni, in cui la minima espressione del pensiero fuori dal “mainstream” scatena ondate di polemiche, proprio gli uomini delle istituzioni - per lo più adulti maschi di lunghissimo corso, che non hanno trascurato di introdurre all’arte politica anche familiari vicini e lontani - si stanno costruendo una sorta di autoimmunità verbale, in nome di un potere che i cittadini hanno loro consegnato come gesto di fiducia, non di fideismo. E a quale scopo? Per fornire ancora una prova della propria esistenza sulla scena pubblica? Ma se questo è il “metodo” per restare sulla breccia, se per farsi notare si arriva non solo a offendere gli altri, ma persino se stessi e la propria storia politica, quanto più educativo e saggio sarebbe imparare ad accettare che la vita è un alternarsi di riflettori e ombre, e alla fine ciò che resta è la bontà delle battaglie per cui ci si impegna. E la sua battaglia, ieri, Vincenzo De Luca l’ha buttata al macero. Ha messo se stesso davanti alla legittima critica verso un provvedimento che divide l’opinione pubblica e che preoccupa davvero il Sud del Paese. Chi sa se ripensando a queste “eroiche gesta” Vincenzo De Luca capirà di avere in qualche modo tradito i suoi elettori e corregionali che temono di perdere servizi e opportunità. O se crederà, magari orgoglioso della performance, di aver dato un titolo forte ai giornali. Beh, il titolo che ha dato è proprio quello sbagliato.