giovedì 2 gennaio 2025
Vertice di governo sulla cronista detenuta a Teheran da due settimane. La mamma della cronista ricevuta della premier Meloni: «Parlare mi ha fatto bene. Io e Cecilia siamo un po' come soldati»
Cecilia Sala e l'ingegnere iraniano arrestato in Italia Mohammad Abedini

Cecilia Sala e l'ingegnere iraniano arrestato in Italia Mohammad Abedini - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

La partita è delicatissima, il governo si muove su un filo, ma la determinazione a riportare a casa Cecilia Sala si fa ancora più forte quando appaiono chiare le condizioni in cui è detenuta la giornalista arrestata a Teheran senza una causa plausibile. Giorgia Meloni convoca dunque un vertice a Palazzo Chigi con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il guardasigilli Carlo Nordio, il sottosegretario alla presidenza con delega ai Servizi segreti Alfredo Mantovano e il Consigliere diplomatico del Presidente Fabrizio Saggio. La richiesta dell’Iran della liberazione di Mohammad Abedini, arrestato a Milano prima di Natale su segnalazione degli Stati Uniti per l’esecutivo è irricevibile, ma il dialogo è aperto. E per l’immediato, la richiesta del governo italiano è che Sala sia «trattata con dignità umana», come peraltro viene trattato il cittadino svizzero-iraniano, sulla base delle «convenzioni internazionali e come tutti gli altri detenuti», assicura un comunicato. Per la premier si tratta di una priorità, e - interpellata dalla segretaria del Pd Elly Schlein e e dalle altre opposizioni pronte a collaborare - Giorgia Meloni incarica a conclusione del vertice il sottosegretario Mantovano a riferire oggi stesso al al Copasir e per tramite del presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica Lorenzo Guerini, al Parlamento.

La mamma di Cecilia Sala

La mamma di Cecilia Sala - Ansa

Meloni poi chiama al telefono il padre di Cecilia Sala, Renato, mentre riceve nella sede del governo la madre Elisabetta Vernoni, che apprezza le comunicazioni della premier. «È stata più precisa e più puntuale ed è questo che io volevo e questo ho avuto», spiega Vernoni, uscendo da Palazzo Chigi. Poi, «è ovvio che i miei umori...». Ma, continua, «questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo il bisogno di guardarsi negli occhi, tra mamme su cose di questo genere...». E alla presidente del Consiglio, la mamma di Cecilia ha chiesto se sarà possibile avere altre da parte della nostra ambasciata a Teheran. Quanto alla giovane giornalista, «cerca di essere un soldato Cecilia - racconta la mamma che l’ha sentita al telefono -, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni che non ha compiuto nulla devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita». La chiamata, la seconda che ha ricevuto, la racconta come «un regalo inaspettato. Per i tempi, però, Vernoni sa di non poter avere certezze: «Le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un’eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini». In tarda mattinata, intanto, alla Farnesina era stato ascoltato l’ambasciatore iraniano a Roma Mohammad Reza Sabouri, convocato dal ministro Tajani. Al segretario generale Riccardo Guariglia il rappresentante di Teheran ha chiesto ancora una volta il rilascio di Abedini.

Strada questa considerata non percorribile, allo stato. Dalle opposizioni, dunque, arriva la richiesta alla presidente Meloni di conoscere dettagli su come intenda muoversi il governo. «Nella piena collaborazione fin qui assicurata, chiediamo al governo, nelle forme che la delicatezza della vicenda prevede, la condivisione con tutte le forze politiche delle iniziative intraprese per la liberazione» di Cecilia Sala, dice la leader dem Schlein, insieme con il responsabile Esteri del Nazareno Peppe Provenzano. Mentre i capigruppo del Pd Chiara Braga e Francesco Boccia, confermano «la disponibilità del Partito democratico per un coinvolgimento che possa favorire il confronto diplomatico in atto». Preoccupazione forte per le «condizioni degradanti» in cui si trova la nostra connazionale sono state espresse dal leader di Iv Matteo Renzi, mentre dal suo partito Enrico Borghi, componente del Copasir, chiede «un tavolo bipartisan». Diversa la posizione di Avs, che con Angelo Bonelli, coportavoce dei Verdi, chiede «un po’ di sano pragmatismo. Penso che tutte le soluzioni vadano perseguite anche la liberazione dell’ingegnere iraniano» arrestato in Italia su mandato americano. «Non farò polemica col governo su questa questione - aggiunge rispettando la moratoria adottata da tutta la minoranza parlamentare - . Rimango fermo all’impegno preso con Mantovano, quando ha informato le opposizioni della vicenda». Il motivo lo spiega l’eurodeputata di Avs Ilaria Salis: «Nel mio caso, il sostegno di tantissime persone è stato fondamentale, indipendentemente dal fatto che condividessero o meno le mie posizioni politiche. È questo il modo giusto di agire: unirsi per combattere l'ingiustizia e difendere la dignità umana».

Il Pg di Milano: «Abedini deve restare in carcere»

Il destino di Cecilia Sala resta legato a quello di Mohammad Abedini Najafabadi, l’uomo dei droni della Repubblica islamica fermato il 16 dicembre all’aeroporto di Malpensa su richiesta degli Stati Uniti. Un link confermato dall’ambasciatore iraniano Mohammad Reza Sabouri, nel corso del colloquio di ieri con il segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia.
Al momento però le condizioni per il rilascio dell’ingegnere non sembrano favorevoli e il procuratore generale di Milano ha trasmesso alla Corte d’Appello il parere negativo sulla richiesta degli arresti domiciliari presentata dai suoi legali. Gli inquirenti ritengono che «le circostanze espresse nella richiesta, e in particolare la messa a disposizione di un appartamento e il sostegno economico da parte del consolato dell’Iran, unitamente a eventuali divieti di espatrio e obbligo di firma, non costituiscano un’idonea garanzia per contrastare il pericolo di fuga». Possibile che sul giudizio abbia pesato anche la nota degli Usa trasmessa ai magistrati milanesi, in cui Abedini è descritto come un soggetto pericoloso che «deve restare in carcere». Ma soprattutto il riferimento al caso di Artem Uss, l’imprenditore russo figlio di un oligarca vicino a Putin, arrestato in Italia ed evaso dai domiciliari a Milano, nonostante su di lui pendesse una richiesta di estradizione avanzata da Washington.

Intanto però, a giudicare dalle poche notizie a disposizione sulla detenzione di Sala, viene da chiedersi cosa intenda esattamente l’ambasciatore iraniano a Roma quando sostiene (via post su X) che alla giornalista «sono state fornite tutte le agevolazioni necessarie». È vero, ha potuto sentire i suoi genitori e il suo compagno, Daniele Raineri, anche lui giornalista. Ma a parte questo il quadro che emerge finora non è affatto rassicurante. Cecilia è in regime di isolamento completo da quindici giorni, reclusa nel carcere di Evin, noto per ospitare molti dissidenti politici. Non ha contatti visivi con nessuno dal giorno del suo arresto, il 19 dicembre a Teheran. Ha potuto vedere soltanto l'ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei, il 27 dicembre. Un incontro durato appena trenta minuti e alla presenza delle guardie carcerarie, che hanno preteso che le due parlassero in inglese per capire cosa stessero dicendo. Nella cella in cui è detenuta non c’è un letto, né un materasso. Solo due coperte, una da poggiare a terra per dormire, l’altra per proteggersi dal freddo. Il cibo le arriva da una fessura della porta e la luce al neon resta accesa 24 ore su 24 impedendole di prendere sonno. Pare che non abbia neanche ricevuto il pacco con generi alimentari, prodotti per l'igiene e libri che l’ambasciata italiana le aveva preparato. Peraltro i libri non potrebbe leggerli perché gli occhiali da vista le sono stati sequestrati.
I genitori, che hanno potuto sentire la figlia solo dopo otto giorni di isolamento, raccontano che è molto provata e che ha spesso ripetuto nel corso della telefonata che «bisogna fare molto in fretta».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: