lunedì 13 maggio 2024
Parla il presidente del Civil 7 oggi e domani a Roma: «Non ci arrenderemo mai all'idea che l'unica risposta alle crisi sia quella armata». Il contributo di Allmep, rete di ong israeliane e palestinesi
Riccardo Moro

Riccardo Moro - Siciliani

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«In questa stagione di conflitti, la politica sembra proporre solo il muro contro muro. La società civile, invece, ha competenze preziose per creare ponti di dialogo. Non ci arrenderemo mai all’idea che l’unica risposta debba essere quella armata». Riccardo Moro insegna alla Statale di Milano politiche dello sviluppo e istituzioni di economia. Ed è il presidente del C7, il Civil 7 complementare al G7, oggi e domani a Roma nella sede della Fao. Già coordinatore per la Cei della Campagna per l’abolizione del debito dei paesi in via di sviluppo, Moro rivendica il ruolo e la preparazione della società civile. Un patrimonio che andrebbe speso utilmente nella risoluzione delle guerre.

«Nato inizialmente come controvertice, da tempo il C7 è l’incontro della società civile organizzata – spiega Moro - riconosciuto dalle istituzioni come spazio di dialogo ufficiale con il G7. Oggi sono attesi 400 partecipanti da tutto il mondo, molti di più in streaming. In programma ci sono gli incontri con l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, che sarà lo sherpa del governo al G7, e dei ministri dell’Economia Giancarlo Giorgetti e degli Esteri Antonio Tajani».

Tra gli obiettivi del C7 che posto ha la pace?

Abbiamo raccolto proposte da sottoporre ai 7 governi che si riuniranno a metà giugno. E delle quattro sessioni plenarie, la quarta, conclusiva, è tutta sulla pace. In quella d’apertura ci sarà la consegna del documento dei gruppi di lavoro al governo, che presiederà il G7, nelle mani dell’ambasciatrice Belloni, poi una sulla coerenza delle politiche settoriali, la terza sui temi finanziari. Nella minaccia incombente alla pace noi chiediamo che si risponda con la politica, il dialogo, la riaffermazione dei principi e dei diritti umani. E con l’utilizzo degli strumenti multilaterali che già esistono: il Trattato per il disarmo, la Riduzione delle testate nucleari, il controllo internazionale alla spesa per le armi. E soprattutto la valorizzazione della società civile nella costruzione dei processi di pace.

La tendenza della politica sembra sdoganare la guerra come strumento di soluzione delle crisi.

La prima delle sessioni parallele è proprio sul ruolo vitale della società civile nella soluzione del conflitto israelo-palestinese. Abbiamo avuto una partecipazione preziosa da Allmep (Alliance for Middle East peace), rete di organizzazioni israeliane e palestinesi . Ci sono anche le associazioni dei familiari delle vittime, ong come Jcall, ebrei a sostegno della soluzione a due Stati. E c’è Eran Nissan, ex militare dei corpi speciali israeliani, oggi direttore dell’associazione pacifista Mehazkim. Sono i soggetti come questi che possono costruire ponti coinvolgendo le istituzioni. La politica sembra proporsi solo col profilo della “mandibola volitiva”. Oggi se il Papa propone il dialogo viene liquidato in modo altezzoso.

Chi parla di pace rischia anche di più, di essere bollato come “putiniano” o “filo-Hamas”.

Possono dirci qualunque cosa, ma non che siamo ingenui: tra noi ci sono ex militari, docenti universitari, analisti. Chi trancia giudizi si renda conto che qui ci sono risorse preziose per la ricerca di vie alternative.

La società civile cioè ha conoscenze e esperienza per creare spazi di dialogo?

Sì, e vale per tutto il processo Civil 7. Abbiamo persone di grandissima competenza che partecipano alle Cop, agli incontri della Banca mondiale e del Fondo monetario, ai negoziati della Fao per la sicurezza alimentare. La società civile non si esprime solo con le manifestazioni di piazza, ma anche soprattutto col contributo di grandi competenze specifiche.

Un livello di preparazione e di visione che sembra mancare a molta classe dirigente politica...

La pace non è un tema su cui ci si può interrogare solo quando c’è un conflitto. La costruzione positiva della pace è permanente: diritti, sviluppo sostenibile, salute. Ecco dove sono i pacifisti. Tutti i giorni.


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